Giovanni Stringa, Corriere della Sera 28/10/2014, 28 ottobre 2014
ISTITUTI TEDESCHI PROMOSSI, L’AIUTO DEI LANDER
Se la danese Carlsberg è davvero «probabilmente la migliore birra al mondo» (probably the best beer in the world), come recita uno slogan pubblicitario, c’è un’altra frase – molto simile eppure molto diversa – che colpisce la Germania là dove sembra più forte. Non nei maxi tendoni della bavarese Oktoberfest, bensì tra le grandi banche dell’economia nazionale. «Forse, la più grande sorpresa degli esami della Bce» (possibly the biggest surprise), ha scritto Nicolas Véron del centro di ricerca Bruegel a Bruxelles. Con queste parole Véron guarda alla locomotiva tedesca e al sostanziale «en plein» raggiunto negli «stress test» e nell’«asset quality review» dell’altro ieri.
E la possibile «sorpresa» si trova nel gruppetto di banche tedesche che sarebbero state invece bocciate, se la Bce avesse preso in considerazioni i più stringenti requisiti di solidità patrimoniale «Basilea III», in vigore dal 2019. Tra questi istituti, scrive Véron, c’è «HSH Nordbank, una banca regionale (Landesbank) che fornisce servizi alle casse di risparmio locali (Sparkassen), nonostante le garanzie fino a 10 miliardi di euro ricevute dai governi territoriali, suoi principali azionisti». Il gruppo — prosegue l’analisi — «include pure DZ Bank e WGZ Bank, due istituzioni che lavorano per il sistema delle banche cooperative locali (Volksbanken e Raffeisenbanken)».
Passando dalle analisi degli economisti a quelle delle banche, sotto la lente c’è — per esempio — un colosso del credito tedesco come la Commerzbank. In un report di Citi i buoni risultati dell’istituto di Francoforte sono definiti «una sorpresa positiva, vista l’esposizione considerevole della banca verso i settori delle spedizioni marittime e dell’immobiliare commerciale».
Perfino la stessa Bundesbank, la banca centrale tedesca, invita alla prudenza. Anche se gli stress test sono andati bene, ha spiegato Andreas Dombret della Bundesbank, «questo non significa che le banche possano rilassarsi e tirare i remi in barca».
Certo, dagli esami di ieri si è visto che tutte le banche esaminate rispettano ora i requisiti patrimoniali in vigore, e più di quanto succeda in tanti altri Paesi d’Europa. «Il lavoro della Bce — spiega la nota Bundesbank — mostra che i bilanci dei 25 istituti tedeschi sotto esame sono solidi e che le banche con il proprio patrimonio possono superare anche un forte choc dell’economia». E, ad esempio, per Constantin von Oesterreich, amministratore delegato della sopracitata NSH Nordbank, «l’istituto ha una solida base patrimoniale nel contesto presente». Perfino l’unica banca ad aver mostrato negli esami Bce una «carenza nominale nel capitale», la Muenchener Hypotekenbank, ha poi rimediato al problema e colmato la carenza.
Eppure, i «distinguo» non si fermano alle analisi di singoli economisti o di banche private straniere. Ma arrivano anche dall’Eba, l’Autorità bancaria europea. L’impatto di uno scenario economico molto negativo sul capitale delle banche italiane «non è lontano dalla media Ue, al 2,6%, ed è inferiore a quello degli istituti tedeschi», si legge in un documento reso pubblico dall’Authority. Lo studio valuta gli effetti di uno scenario economico estremo (improbabile ma pur sempre possibile, come gli ultimi anni ci hanno insegnato) sul patrimonio delle banche (e quindi la loro resistenza agli choc). A fronte di un impatto negativo medio sul capitale del 2,6% nella Ue, l’Italia viaggia sì peggio della media a quota 3,3% — in dodicesima posizione (partendo dalla Norvegia che non subisce alcun impatto) — ma la pur virtuosa Germania viene ancora dopo con una perdita del 3,7%. Come mai? L’impatto negativo sul capitale delle banche — spiega l’Eba — «può essere il risultato di fattori diversi» come «la composizione del portafoglio degli istituti e del loro mix del business». Insomma, chi ha in pancia che cosa.