Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 26 Domenica calendario

LE PENSIONI UE

«La Ue sembra un universo parallelo che non considera l’austerità in cui viviamo». Le cronache riferiscono che il premier Cameron, informato da un dossier dettagliato sulle follie di Bruxelles, avrebbe perso le staffe dicendo che se i Paesi europei stanno facendo sacrifici, non ci possono essere isole di privilegi. E di questo ne avrebbe parlato anche al premier Matteo Renzi durante il Consiglio europeo dicendo di condividere in pieno le critiche ai burocrati di Bruxelles che sono pronti a strigliare i governi se non rispettano i vincoli di bilancio quanto sono solerti a difendere a spada tratta i propri privilegi. Cameron ha riportato a Renzi alcune chicche sui benefit di cui godono i funzionari europei. Il premier inglese si è «scandalizzato» per voci come «l’indennità di espatrio pari al 16 per cento dello stipendio, anche per funzionari che vivono a Bruxelles da trent’anni», per le «promozioni automatiche» e per i 93 giorni di ferie pagate all’anno, una vacanza che fa inorridire l’inglese medio, abituato a fare un paio di settimane se va bene.

PENSIONICiò che fa più inorridire è il trattamento pensionistico che vige a Bruxelles e Strasburgo. L’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero aveva bagnato con le sue lacrime una riforma dettata da Bruxelles e giustificata dall’ex premier Mario Monti come inevitabile. Ma mentre di colpo, dall’oggi al domani, chi era in procinto di lasciare il lavoro e aveva già pianificato la sua pensione si è visto allungare il traguardo di cinque anni, a Bruxelles e Strasburgo continuava la pacchia. Sì perchè la spesa previdenziale pesa solo per i Paesi membri, non per il bilancio europeo. I funzionari Ue infatti continuano ad avere regole da Prima Repubblica: l’età pensionabile continua ad essere fissata a 63 anni ad esclusione dei nuovi funzionari, e con la possibilità di prepensionamenti a 55 anni. Ma soprattutto mentre in Italia da tempo è in vigore il sistema di calcolo contributivo (cioè la pensione calcolata in base agli anni effettivi di servizio) per i funzionari della Ue vige ancora il generoso sistema retributivo cioè con la pensione che corrisponde al 70% dell’ultimo stipendio. Ma come, non ci avevano detto che noi italiani avevamo un sistema previdenziale troppo generoso? Se poi si considera che gli stipendi sono come minimo di 4 mila euro al mese (quelli degli uscieri e delle segretarie) i vitalizi sono al di fuori di ogni logica del rigore. Calcolatrice alla mano risulta che la pensione media di un funzionario europeo può raggiungere la bella cifra di 5.700 euro netti al mese.

Nel 2009 il settimanale francese Le Point ha denunciato il caso di 129 alti dirigenti che hanno avuto un’uscita agevolata per far posto ai funzionari dei nuovi Stati membri. Dall’elenco emerse che l’avvocato generale della Corte di Giustizia si sarebbe assicurato 13.289 euro al mese, un impiegato del tribunale 12.521 euro e un giudice 12.285 euro. Il settimanale metteva in evidenza di molti dei 129 alti dirigenti non avevano nemmeno 50 anni. E poi strillano contro i baby pensionati.

L’inchiesta di Le Point fece grande clamore, scatenò una valanga di polemiche e di richieste di cambiamenti ma poi tutto finì in una bolla di sapone. La Commissione europea si limitò a dire che non c’era nulla di irregolare. Tutto insomma era previsto dalle leggi che a quanto pare sono intoccabili. A forza di scivoli e di assegni milionari la spesa della previdenza continua a lievitare. Nel bilancio Ue del 2014 risulta una spesa per pensioni pari a 1,449 miliardi in crescita rispetto a 1,399 miliardi del 2013, cioè il 39% in più rispetto al 2008 quando per la prima volta fu superato il tetto del miliardo di euro. I privilegi non finiscono qui. A differenza dell’Italia e della maggior parte dei Paesi europei, a Bruxelles gli stipendi non sono falcidiati dalle tasse. Il funzionario italiano che lavora nelle istituzioni Ue non versa le imposte in Italia ma all’Unione europea. L’aliquota regge il confronto di quelle dei paradisi fiscali. Fino al 2004 era del 2% poi è salita progressivamente ed è arrivata all’8%. Ma questo onere «pesantissimo» è compensato dall’indennità «di dislocazione». Si tratta di un assegno pari al 16% dello stipendio che è versata anche a coloro che a Bruxelles ci vivono da più di trent’anni. Ci sono poi gli assegni familiari. Si tratta di tre voci: assegno di famiglia, assegno per i figli e indennità scolastica. Il gettito delle tasse va a finire ad alimentare il generoso welfare a cominciare dal sistema scolastico che assorbe 178 milioni di euro l’anno. Che dire poi dell’assicurazione sanitaria; a fronte di un contributo pari solo all’1,7 per cento dello stipendio consente una copertura quasi totale e costosi servizi all’avanguardia.

L.D.P.