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 2014  ottobre 26 Domenica calendario

MULTE PAZZE, QUELLA TASSA INVISIBILE

Chi viaggia a lungo sulle strade statali, in particolare dove non ci sono autostrade, li vede sempre all’ultimo minuto. A volte, anche quando viaggia a velocità contenute, la conformazione del tragitto, l’incrocio inatteso o il codice della strada, lo costringe a fare i conti con un’andatura improvvisamente al ribasso, un sobbalzo improvviso, una svista inattesa. E così l’autovelox scatta e la multa arriva impietosa. L’Italia è un paese di contravvenzioni . Lecite e giustificate, ma anche arbitrarie, giocate sul filo della legge. E soprattutto utili a fare cassa.
I numeri erano stati già resi noti la scorsa estate dall’indagine del Sole 24 Ore che ha pubblicato la classifica delle multe per i capoluoghi italiani. La cifra complessiva è di quelle che fanno bella figura in una manovra finanziaria nazionale, circa 2 miliardi all’anno. Gli incassi dei vari municipi non sono indifferenti e dimostrano che le contravvenzioni non rappresentano soltanto uno strumento di punizione di una infrazione manifesta o una forma di deterrenza necessaria ma servono a far quadrare i bilanci taglieggiati dalla riduzione dei fondi statali.

Sempre meno fondi dallo Stato
Il meccanismo, del resto, è noto e caratterizza anche l’attuale legge di Stabilità. I tagli ai comuni decisi dal governo Renzi, senza contare quelli alle Regioni, ammontano a 1,2 miliardi. Dal 2009, anno di inizio della crisi economica globale, la riduzione di fondi agli enti locali ha raggiunto la cifra di 41 miliardi. Una privazione che si è fatta via via più insostenibile. E così, le multe possono dare una mano. Nel 2013, ad esempio, la città di Milano, prima nella classifica del quotidiano confindustriale, ha intascato oltre 132 milioni di euro per una media di 170,5 euro per ogni patentato. Al secondo posto per introiti pro-patente, c’è la città di Renzi, Firenze, che ha incassato complessivamente 34 milioni, 145,5 euro per ogni patentato. Segue Bologna, 35 milioni in tutto e una media di 143,7 euro. Roma si è piazzata al 14mo posto, con una media di 88,5 euro per patentato, ma con un incasso complessivo di oltre 154 milioni. Molto distaccata Napoli, con 58 euro a patente e 30 milioni di incasso totale e poi Palermo: 53,9 euro pro-capite e 21 milioni di incasso.
Quelle di cui parliamo, in ogni caso, sono le multe effettivamente incassate perché quelle comminate sono molte di più. E lo si desume dalle cifre messe in bilancio dai singoli comuni rese note dall’indagine condotta, qualche mese fa, dall’agenzia Adn Kronos. A Milano nel 2014 il comune prevede di incassare 23 milioni in più passando da una previsione di 232 milioni per il 2013 a 255. Il 10% in più. A Bologna la previsione è di 46 milioni con un aumento del 25% rispetto a quanto incassato. E così via. Secondo l’Adn l’aumento complessivo è di circa il 15%, di fatto una tassazione indiretta che va a colpire indiscriminatamente i cittadini automobilisti. In realtà, vengono colpiti soprattutto quelli che diligentemente pagano il dovuto e rispettano le regole. Perché è assodato che il 50% circa delle multe emesse non viene pagato, con una mole di “sospesi” che i comuni spesso trattengono nei bilanci prima di doverli ripulire, come ha fatto lo scorso anno proprio il comune di Firenze. Non è un caso che la Corte dei Conti abbia imposto agli enti locali, per prevenire consistenti buchi di bilanci, di operare una precisa sistematica svalutazione dei crediti.

In che cosa vengono spesi
Le cifre in ballo potrebbero anche avere una giustificazione se venisse applicato alla lettera quanto prescrive la legge. L’articolo 208 del Codice delle Strada, infatti, stabilisce che la metà di quanto raccolto da queste multe vada investito in sicurezza stradale. “Non sappiamo se questa norma venga effettivamente rispettata dai comuni italiani - dice al Fatto Michele Dell’Orco, deputato del M5S che sul punto sta conducendo una battaglia - e non sappiamo ovviamente neppure dove vada a finire l’altro 50% non vincolato”. Quando a incassare una multa generica è poi lo Stato, “allora diventa tutto ancora meno chiaro”. “All’incirca solo un quarto di quell’importo è vincolato - aggiunge Dell’Orco - mentre per i restanti tre quarti abbiamo un buco nero più totale. Tra l’altro i ministeri dei Trasporti e dell’Interno dovrebbero relazionare annualmente ma la relazione non risulta essere mai stata presentata”.
Dei circa due miliardi incassati annualmente, 1,6 miliardi sono di competenze dei comuni mentre 400 milioni sono dello Stato. Come spiegano i parlamentari pentastellati, di questi soldi ci sono resoconti molto rarefatti. Tanto che proprio Dell’Orco è il presentatore di un emendamento alla nuova legge sul Codice della strada in discussione alla Camera (presentata dal Pd Michele Meta, che l’ha accolto) per fare in modo che i dati sulle sanzioni e sul loro impiego siano online e consultabili dai cittadini. L’altra iniziativa parlamentare, invece, chiede al ministero di farsi carico dei dati degli enti locali e un appello M5S è stato rivolto a tutti gli amministratori locali per avere dai rispettivi comuni tutti i dati necessari.
In mancanza di resoconti ufficiali l’unica traccia utile per capire come si spendono i soldi della sicurezza stradale è andare a prendere il bilancio dello Stato così come lo conserva la Ragioneria centrale. E così si scopre che per “Promuovere attività di prevenzione dai rischi di mobilità stradale al fine di migliorare la sicurezza stradale” - che è quanto prescrive l’Obiettivo 171 della Missione 2 (Diritto alla mobilità) del ministero delle Infrastrutture - sono previsti per il 2014 solo 36.238.091 euro. Che restano più o meno stabili per il 2015, toccando i 37 milioni, ma che nel 2016 precipitano a 24.538.227 euro. Praticamente una miseria, anche perché a livello municipale non c’è nessun intervento suppletivo. La situazione, del resto, è chiaramente visibile in ogni comune, strada o vicolo italiano dove gli interventi di prevenzione e sicurezza stradale sono praticamente inesistenti. Per “Promuovere l’educazione ad una corretta circolazione stradale”, nella stessa “missione” ministeriale si trovano invece solo 7 milioni che, però, comprendono anche “le comunicazioni fornite dal Centro di coordinamento delle informazioni sulla sicurezza stradale”. Il mitico Cciss che ascoltiamo regolarmente quando sentiamo il giornale radio o le informazioni sul traffico alla tv. Anche in questo caso, è un po’ poco.
Anche perché, sul fronte dei risultati la situazione è catastrofica. Secondo i dati dell’Istat nel 2013 “si sono verificati in Italia 182.700 incidenti stradali con lesioni a persone”. Il numero dei morti è pari a 3.400, mentre i feriti ammontano a 259.500. Una strage. Il dato è positivo rispetto al 2012, con una diminuzione del 2,2% anche se a una forte riduzione del numero dei morti su strade extraurbane e urbane non corrisponde un’analoga flessione sulle autostrade. Il dato, però, resta molto negativo nell’immancabile confronto con il resto d’Europa. Il “programma europeo di azione per la sicurezza stradale” 2011-2020 prevede un ulteriore dimezzamento del numero dei morti sulle strade entro il 2020 - oltre a quello realizzato tra il 2001 e il 2010. Ma i tassi di mortalità, calcolati come rapporto tra il numero dei morti in incidente stradale e la popolazione residente (un morto ogni milione di abitanti) variano tra 27 per la Svezia e 93 per la Romania. Il valore per l’Italia e pari a 57, a fronte di una media europea di 52 morti per milione di abitanti. Nella fatica spasmodica di rispettare i tanti parametri monetari che costellano l’Unione europea, non sarebbe male se si riducesse drasticamente anche il numero dei morti sulle strade. Anche utilizzando i proventi delle multe.