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 2014  ottobre 26 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL DISCORSO DI RENZI ALLA LEOPOLDA


REPUBBLICA.IT
Dice che "il posto fisso non c’è più", che "bisogna cambiare il Paese" e il mondo del lavoro. Attacca Rosy Bindi che aveva definito "imbarazzante" la Leopolda: "Non saremo un partito di reduci e non permetteremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd per riportarlo dal 41al 25 per cento". Applausi dal pubblico, grida, "bravooo Matteo","Renzi vai avanti così". E lui non se lo fa ripetere due volte. Rivendica per l’Italia un ruolo di primo piano in Europa. Chiede un lungo applauso per il presidente Giorgio Napolitano: "Quando si sentono tante menzogne nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, credo sia doveroso che l’Italia per bene faccia sentire tutto l’affetto". Finisce con una standing ovation l’intervento del premier Matteo Renzi alla convention fiorentina, un’ora e passa di un discorso che non leviga le parole, non smussa gli angoli contro la vecchia guardia del Pd e contro la Cgil. Nessuna mediazione, sembra tornato il Renzi "rottamatore".

Alla Leopolda tre giorni di incontri e tavoli di idee, fra magliette anti-gufi (l’ossessione di "quelli che dicono che non ci si fa", atteggiamento tipico, dice il premier, "di una parte del ceto intellettuale") e la tensione che sale nella consapevolezza di una distanza, fra chi sta in questa vecchia ex stazione e chi ha affollato la piazza di ieri a Roma per la manifestazione della Cgil contro il Jobs act.

Renzi non sembra aver paura, non indietreggia sull’articolo 18, anzi incalza: "E’ una regola degli anni Settanta che la sinistra allora non aveva nemmeno votato, siamo nel 2014 è come prendere un Iphone e dire dove metto il gettone? Come prendere una macchina fotografica digitale e provare a metterci il rullino. E’ finita l’Italia del rullino". Una contrapposizione tra vecchio e nuovo che torna spesso nelle parole del premier che non sembra nemmeno preoccupato per una scissione a sinistra e lancia quasi una sfida: "Sarà bello capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare il futuro". Avverte: "Non ho paura di nuovi soggetti a sinistra, le sinistre arcobaleno perdono e fanno perdere l’Italia".

Prende il microfono puntuale, alle 12,30 Matteo Renzi, camicia bianca e cravatta, davanti un pubblico di settemila persone. Spiazza tutti: "Non voglio parlare di Leopolda" comincia, ma poi di Leopolda parlerà eccome per difenderla ("siamo indignati per come è stata dipinta questa iniziativa"). Ringrazia i volontari: "Dimostrate prima di tutto che la politica è impegno e passione". Ammette però che questa quinta edizione è qualcosa di diverso:

Liberarsi dalle paure. "Un’altra Leopolda, il luogo è lo stesso ma noi siamo al governo. E se siamo al governo, non è per occupare una sedia o scaldare il posto e consolidare noi stessi, ci tocca cambiare il Paese. Perchè quella bicicletta ce la siamo cercata, ora è arrivato il momento di prenderci terribilmente sul serio". Racconta che il podio è lo stesso di Verona, solo riverniciato ("là avevamo perso, ma non siamo scaramantici"). Toni decisi: "Ci raccontano che facciamo le cose un po’ per caso, come pezzetti di puzzle messi qua e là. Noi, invece, non solo abbiamo un disegno organico, ma partiamo dal fatto che il mondo è interconnesso, un gran casino e che l’Italia ha un futuro se cambia sè stessa, ma deve liberarsi di alcune paure".

Contro i gufi. Parla di twitter, dei social, del mondo online che salta le mediazioni, ma soltanto per arrivare al punto che gli sta più a cuore, la crociata contro i pessimisti cronici individuati fra un "certo ceto intellettuale": "Sì, l’ho presa larga...ma voglio dire che c’è una guerra da combattere contro quelli che con uno scenario così dicono che l’Italia ha solo da perdere. Avete presente - e qui si rivolge agli "amici sindaci" -, quando si deve costruire una strada o aprire un cantiere? C’è il meeting del pensionato che scuote la testa, "uhmmm come lavorano piano, uhmmm non ce la fanno mica a finirlo...". E’ una parte del ceto medio intellettuale di Italia. E mi scuso con i pensionati per l’accostamento...".
Parole spigolose quelle usate dal premier: "Quando diciamo che vogliamo parlare a tutti gli italiani vogliamo dire che abbiamo il desiderio di lasciare un segno e sfatare certi tabù. C’è un incantesimo da sfatare, non dico che l’Italia è la bella addormentata nel bosco perchè mancano i principi".

Sull’Europa. Quindi tocca all’Europa: "In Europa per me è una battaglia tutte le volte che ci vado, ma non perchè mi metto a litigare sullo zero virgola. Nessuno in Europa è così stupido da impiccare un paese ad una virgola, ma c’è un atteggiamento, paradossalmente portato da alcuni italiani che fanno sentire l’Italia come l’ultima ruota del carro, siamo il problema... Ma è sbagliato, io sono orgoglioso di portare la voce italiana nell’Europa con più forza. Non è un fatto economico, anche se basterebbe dire che noi portiamo 20 miliardi in europa e ne portiamo a casa dieci e, tra averli e non averli...".

"La politica europea - prosegue il premier - non è solo discussione sul deficit. So che la politica estera non scalda, ma quando la Lega riunisce i cittadini contro l’immigrazione ignora che i 100mila sbarchi non sono figli del caso ma perchè la Libia è saltata e meno male che sulla nostra nave può nascere una bambina altrimenti il Mediterraneo sarebbe sia culla che tomba".

Sul lavoro. "Il posto fisso non c’è più. E’ cambiato tutto, lo avete visto dal filmato in cui vi abbiamo mostrato come è cambiata in pochi anni la scrivania. Il modello fordista della fabbrica non c’è più. La monogamia aziendale è sparita. Cosa fa un governo di sinistra se non una politica che si prende in carico quelli che hanno perso il lavoro? E’ uno shock psicologico enorme perdere il lavoro, cosa fai? Vai al centro dell’impiego, ti iscrivi, senti tutta la solitudine... Noi ci prendiamo cura con un assegno, poi ti vengo a cercare e ti offro un’occasione di lavoro e facendo questo dico che tu sei importante...Per anni ci siamo divisi in modo profondo tra chi voleva combattere il precariato organizzando manifestazioni, e chi voleva farlo organizzando convegni: ma il precariato si combatte innanzitutto cambiando la mentalità delle nostre imprese, e le regole del gioco".


Piazza San Giovanni a Roma. "Quelle come quella di ieri della Cgil sono manifestazioni politiche, e io le rispetto - dice Renzi -, e non ho paura che si crei a sinistra qualcosa di diverso, sarà bello capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare il futuro".

Contro Rosy Bindi. Contro la Bindi che aveva definito in diretta tv la Leopolda "imbarazzante" Renzi attacca ad alzo zero: "Se uno si imbarazza perchè se dopo 25 anni che è in Parlamento trova un altro che riesce a portare la gente a fare politica allora gli abbiamo fatto un favore...". Quindi: "Tutte le volte che la sinistra radicale ha compiuto uno strappo, ha perso e ha fatto perdere l’Italia", sottolinea, tra gli applausi della platea, il premier.

80 euro. "Ho capito che se dico diamo 80 euro sono il Giorgio Mastrota de noantri (video), se parlo complicato divento invece un intellettuale organico. Allora ve lo dico da intellettuale: la riduzione della pressione fiscale alla quale state assistendo non ha eguali nella storia della Repubblica".

Napolitano. Finisce con una richiesta di Renzi alla platea, un grande applauso al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Viviamo un tempo delicato - ha detto - in cui ci sono straordinarie espressioni di bella politica. Vorrei citare una persona, che in questi mesi ho imparato a conoscere meglio dal punto di vista personale, il Capo dello Stato. Quando si sentono tante menzogne nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, credo sia doveroso che l’Italia per bene faccia sentire tutto l’affetto".
Leopolda5. E’ mattina, quando dentro, sul palco cominciano gli interventi dell’ultimo giorno della convention, fuori le proteste di un centinaio di lavoratori della Ast, le acciaierie di Terni e di una delegazione di Meridiana. Dentro quelli che parlano di futuro e di lavoro da creare, fuori quelli che il lavoro temono di perderlo. Dentro la ex stazione fiorentina, sulla scena in stile garage di Steve Jobs salgono imprenditori e giovani studenti, politici e manager: alle 10.45 la sala è già strapiena, circa seimila persone (diventeranno settemila alla fine). Nel cortile, si accendono i maxischermi per permettere alla folla di assistere ai lavori anche da fuori. Quattro minuti a chi sale sul palco, interventi stoppati da un gong per non rubare spazio a chi viene dopo, migliaia di tweet generati sull’hastag #lepolda5.
Ci sono anche imprenditori come il veneto Alessandro Tronchin, che si occupa di finanziamenti europei e dice: “Passo il tempo a spiegare agli amimnistratori come funziona”. Parla Deborah Serracchiani, che ieri in diretta tv ha litigato con la Bindi che ha definito “imbarazzante” la Leopolda: “Lavoro, dignità e speranza sono parole che appartengono anche a noi. Perché ogni volta, a sinistra, dobbiamo sempre cercare la scissione dell’atomo senza mai produrre energia?”. E’ una risposta alla piazza della Cgil di ieri. E poco dopo il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini dirà: "Ieri è nato il Pd, non si è spaccato il Pd. Noi stiamo discutendo di contenuti, per esempio dell’articolo 18 e non di correnti". E ancora: “Il Pd non può essere il solo il partito di chi ieri era in piazza. Lasciamoci alle spalle la vocazione minoritaria.
Si commuove, il ministro Maria Elena Boschi quando si affaccia alla platea della Leopolda:
ha gli occhi lucidi: “Non la faccio lunga. Qui ho cominciato come volontaria qualche anno fa, e alla Leopolda mi sento a casa. Ho giurato sulla Costituzione che avrei svolto il mio lavoro con onore. E l’onore per me è approvare una legge elettorale che dica subito il vincitore, preveda il ballottaggio. Onore per me è approvare una riforma costituzionale che riveda il rapporto tra gli enti locali, elimini il Cnel, elimini il bicameralismo perfetto. Onore per me è tornare il prossimo anno e dirvi che abbiamo eliminato tutti i decreti del passato da adottare, erano 900 li abbiamo ridotti della metà. Onore per me è fare parte di questa storia, una storia in cui una volontaria può diventare ministra, una giovane avvocata può diventare ministra. E lo dico con la voce che trema: onore è fare parte di questo governo e di questa storia insieme a voi”.
Renzi: "Ascolteremo la piazza ma andremo avanti"
Parla Matteo, 21 anni, che dice: “Basta con questa retorica dei giovani che stanno sui social network e non fanno nulla”, poi è la volta della vicepresidente di Dynamo Camp Serena Porcari, che si occupa di disabili: “Ho mollato la mia attività precedente per fare tutto questo, la solidarietà fa bene al Paese”. Sul palco si scherza, si leggono i tweet, quello in cui qualcuno dice: “Renzi oggi ha la camicia blu, ora tutti a cambiarsela?”. Scorre un video in cui si vede come è cambiata la scrivania negli ultimi 20 anni, tutto si è trasferito sul monitor, si è fatto software o app, dalle foto ai foglietti per gli appunti. Renzi è già arrivato, è nel dietro le quinte, lì dove si è fatto allestire una sorta di campus per lavorare, con il pc e tutto il resto. Ha già incontrato una delegazione delle acciaierie di Terni mentre partivano gli interventi.
Si aggirano facce celebri e politici a cominciare dal sindaco di Roma Ignazio Marino, Federica Mogherini, il segretario della Fiom Daniele Calosi.
Regioni, si ai tagli. Il candidato Pd Stefano Bonaccini sale sul palco della Leopolda: “Mi auguro di poter essere il presidente della Regione Emilia Romagna, mi sono schierato dalla parte del governo quando Renzi ha chiesto a tutti di fare la propria parte per i tagli. Basta con la logica del “non tocca mai a te”. Oscar Farinetti si presenta sul palco con il cuoco Enrico Panero, che lavora in uno dei suoi Eataly: “Io e Enrico lavoriamo nella stessa azienda. La nostra fortuna è essere nati in Italia”, esordisce. Luca Parmitano l’astronauta: “Ogni foto racconta una storia”, dice. Lui mostra quella scattata dallo spazio che inquadra l’Italia e il bacino mediterraneo: “Non si vedono i confini, capite? Quella è la nostra sfida”.
Arriva Federica Mogherini, lady Pesc: “Mamma ma quindi cambi lavoro? Ti trasferisci? Ma se ce ne sono 28, a cosa serve quello europeo? Se riuscirò a spiegare a mia figlia quel che che faccio, avrò raggiunto il mio obiettivo”, comincia. “Occorre portare la voglia di cambiare in Europa”. Rischia di scoppiare il caso sul segretario della Fiom di Firenze Daniele Calosi, che doveva intervenire: “Per il momento non sono in scaletta”, fa però sapere. Si presenta anche la deputata toscana Elisa Simoni, che all’inizio aveva detto non sarebbe venuta: “Quando parla il segretario io ci sono. Anche se parla in un pollaio”, scherza.
I manifesti contro i gufi
Parla anche una delle sorprese di questa Lepolda 5: “Un napoletano di sinistra”, lo presentano. E’ Gennaro Migliore, ex Sel: “Il diritto di sciopero non è l’ultimo, è il primo”, attacca subito Serra. Poi azzarda: “Io voglio parlare di coerenza. Per me coerenza è dire alla Merkel che così non si può andare avanti”. Cita De Filippo: “C’è qualcuno che pensa che la sinistra sia solo il ragù della mamma e basta? Ce ne sono anche altri e migliori. Io qui ho trovato tante parole, una mi è piaciuta: è benvenuto”.
Andrea Romano, ex di Scelta civica, appena iscritto al Pd. Cita subito la vecchia canzone di Jovanotti, “sogno una grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa...”. Poi: “Mi ha convinto a venire nel Pd la parola nazione. La nazione non è guerra, la nazione siamo noi che la pensiamo così ma anche quel che lasceremo ai nostri figli. Noi della nazione dobbiamo avere cura dell’interesse nazionale. Mi piace l’idea del patriottismo repubblicano, che non ha niente a che fare col conservatorismo, è un atto di devozione e fedeltà, un ponte tra passato e futuro. Patriottismo e sinistra dovranno prima o poi tornbare insieme, come disse George Orwell.
Fuori protestano: ci sono i lavoratori di Esaote che rischia la chiusura, i dipendenti di Meridiana a rischio esubero, un plotone di cento operai delle acciaierie di Terni con lo striscione “No allo smantellamento delle acciaierie” sono qui dalle 9, assediano i cancelli della stazione, urlano “Andate a lavorare” mentre dalla stazione sparano “Say Geronimo”, che è una delle colonne sonora della kermesse. Renzi, riceve una delegazione di lavoratori. Intanto arriva anche il segretario fiorentino della Fiom Daniele Calosi, dice che vuole spiegare le ragioni di chi era ieri in piazza. Ma passano i minuti e nessuno gli fa sapere niente. Spiegheranno dopo gli organizzatori che è prassi inviare prima l’intervento da leggere sul palco della Leopolda (regola che vale per tutti eccetto per i ministri) e che il sindacalista non lo ha fatto. "Ho mandato richiesta di intervento il 22 ottobre - spiega Calosi - e mi è stato chiesto l’intervento scritto che io non ho dato. Forse in Corea del nord si richiedono gli interventi preventivamente. Poi se è il modo di operare alla Leopolda ne prendo atto ma mi dispiace". Code di piccoli veleni: "Oggi Renzi e i ministri - osservano dallo staff leopoldino - hanno incontrato i delegati Fiom ed i lavoratori dell’Ast di Terni. Ma Calosi non c’era, preferendo alimentare polemiche". Così si spengono le luci sulla Leopolda 5, ma i fuochi restano.