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 2014  ottobre 26 Domenica calendario

GIOCA E PERDE AL CASINÒ I SOLDI DELL’AMBASCIATA: IN FUMO 200 MILA EURO

LA STORIA
ROMA
Il rumore delle fiches che rotolano sul tavolo verde. Il croupier che dice: «fate il vostro gioco». Mentre la pallina girando sulla roulette insegue il numero giusto. Tutto questo, per Teodoro Sgandurra, era diventato una vera e propria dipendenza. Un’ossessione che gli ha fatto dilapidare un intero patrimonio. E che, una volta prosciugato il conto in banca, l’ha spinto a diventare disonesto e a mettere a repentaglio persino il posto di lavoro. Teodoro, responsabile della contabilità dell’ambasciata d’Italia ad Harare, in Zimbabwe, per finanziare la sua debolezza, ha sottratto fondi destinati all’ufficio diplomatico. Li ha utilizzati come fossero suoi bruciandoli nella ricerca di un tris alle slot machine. Nel giro di un anno l’uomo si è messo in tasca ben 240 mila e 522 dollari (poco meno di 200 mila euro), che ha poi sperperato tra bische clandestine e casinò. Quando il buco nelle casse dell’ambasciata è diventato troppo evidente, però, il funzionario è stato scoperto, denunciato, multato e processato. È finito sul banco degli imputati con l’accusa di peculato. E ora, su richiesta del pubblico ministero Giuseppe Deodato, al termine di un’udienza condotta con rito abbreviato è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione.
IL RISARCIMENTO
I guai del funzionario infedele non finiscono qui: è stato anche sanzionato dalla Corte dei Conti del Lazio. Lo scorso anno, infatti, i giudici contabili lo hanno condannato a risarcire quasi 180 mila euro al Ministero degli affari esteri. Per difendersi, Sgandurra le ha tentate tutte: pur ammettendo di aver sottratto il denaro, si è giustificato dicendo di essere vittima di una sindrome compulsiva da gioco d’azzardo. Una malattia, insomma. Ha anche esibito agli inquirenti una sfilza di certificati medici per dimostrarlo. Nonostante la provata ludopatia, però, l’imputato è stato ugualmente condannato.
I fatti risalgono al 2012, quando da un controllo tra i conti dell’ambasciata africana è emerso un ammanco notevole e non giustificato. Da una verifica, gli investigatori hanno poi accertato l’esistenza di un buco a cinque zeri nelle casse dell’ufficio diplomatico. Incrociando i dati, sono quindi risaliti a Sgandurra: tra mancati versamenti di somme riscosse e denaro prelevato senza alcuna segnalazione nelle note di spesa, il funzionario avrebbe intascato indebitamente più di 240 mila dollari. Così, il vice commissario è finito a processo.
LA VICENDA
Secondo l’accusa, è colpevole di peculato. Perché, come si legge negli atti della Procura, avrebbe sottratto i fondi che il Ministero italiano mette a disposizioni delle proprie sedi diplomatiche, approfittando della sua posizione di pubblico ufficiale. Decine di migliaia di euro che aveva in suo possesso «per ragioni dell’ufficio, in quanto incaricato della tenuta della contabilità nonché della riscossione e versamento di somme». Denaro bruciato su un tavolo verde insieme con la propria vita.
Michela Allegri, Il Messaggero 26/10/2014