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 2014  ottobre 23 Giovedì calendario

A PROPOSITO DEI PARLAMENTARI CHE CAMBIANO CASACCA, DEL VINCOLO DI MANDATO E DELLA DEBOLEZZA DEI PARTITI DI OGGI. SAREBBE IL CASO DI ABOLIRE L’ARTICOLO 67 DELLA COSTITUZIONE?

Ho letto di un’elezione suppletiva svoltasi nei giorni scorsi in Gran Bretagna, perché un deputato è passato dai Tories all’Ukip (il partito di Nigel Farage). E un’altra è annunciata a novembre, per lo stesso motivo. Le chiedo: si tratta di «fair play inglese» (chi cambia casacca sente il dovere morale di ridare la parola agli elettori) o nel sistema politico di quella nazione esiste il vincolo di mandato? Comunque sia, una bella lezione per il trasformismo dei parlamentari italiani.
Roberto Arvedi
a.ponterob@alice.it
Caro Arvedi,
L’articolo 67 della Costituzione («Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato») è figlio della Rivoluzione francese. Concepisce la Nazione come una entità politicamente cosciente, titolare di diritti, erede di tutte le prerogative del sovrano, una sorta di «Dio-popolo» di cui i deputati sono gli interpreti e i sacerdoti. Dietro questa filosofia giacobina dello Stato vi era la convinzione che occorresse creare un Parlamento di tipo nuovo, diverso dalle assemblee feudali dell’epoca prerivoluzionaria dove ogni parlamentare era vincolato dal mandato imperativo dei suoi elettori e non era libero di concorrere con gli altri membri dell’assemblea alla formulazione di scelte collettive.
Oltre a questi nobili concetti, tuttavia, vi erano dietro le parole della Costituzione italiana altre considerazioni, meno esplicitamente confessate. Vi era anzitutto il ricordo delle elezioni prefasciste quando i notabili conquistavano il seggio nei modi descritti da Gaetano Salvemini in un famoso pamphlet del 1910 ( Il ministro della malavita ): interferenze dei prefetti, ma anche caccia ai voti con lusinghe e intimidazioni di varia natura. I nostri costituenti sapevano che il popolo era manovrabile e, per di più, che in alcune fasi del regime era stato entusiasticamente fascista. Per evitare ricadute occorreva dare ai partiti l’autorità necessaria per conservare la lealtà dei parlamentari eletti nelle loro liste; occorreva allentare il loro vincolo con gli elettori per consolidare quello con il partito. La legge elettorale proporzionale era, in questa prospettiva, la migliore delle leggi possibili: il candidato sarebbe stato scelto dal segretario del suo partito o dal leader di una corrente, e sarebbe stato nuovamente candidato, dopo la fine della legislatura, soltanto se si fosse comportato bene.
Oggi la situazione è alquanto diversa. I partiti sono meno forti e autorevoli mentre l’opinione pubblica diffida della classe politica e reagisce con indignazione a ogni cambio di casacca. In altre parole anche l’art. 67, come altre parti della Costituzione, è invecchiato. Non credo che sarà possibile sostituirlo con un articolo che costringe i parlamentari a dimettersi per tornare alle urne. Ma la sua abolizione li priverà dell’alibi di cui hanno goduto sinora.
Sergio Romano, Corriere della Sera 23/10/2014