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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

I PESCI CHE INVENTARONO IL SESSO

Il sesso è una vecchia usanza. Più antica dei continenti odierni, dei dinosauri, degli alberi, risale all’epoca in cui i vertebrati prosperavano nei mari ma non si erano ancora avventurati sulla terra. A quei tempi, oltre 435 milioni di anni fa, i pesci corazzati furono fra i primi a praticarlo.

Cogliere sul fatto creature preistoriche è una circostanza eccezionalmente rara, anche se sono giunti fino a noi alcuni esemplari fossili di animali - per esempio tartarughe - morti durante l’accoppiamento. Per fortuna, questi macabri ritrovamenti non sono indispensabili per tracciare le origini del sesso. È l’antica anatomia a raccontarne la storia.

In principio furono i placodermi

La storia ha inizio con la riproduzione dei placodermi. Questi antichi pesci (tra cui Dunkleosteus, nella foto sopra) prosperavano fra 435 e 360 milioni di anni fa. Erano dotati di un’armatura ossea all’esterno e di scheletri cartilaginei flessibili all’interno; erano, inoltre, tra i primi pesci provvisti di mascelle. Infine,
come riportato in un nuovo studio scientifico dalla paleontologa del Western Australian Museum Kate Trinajstic e dai suoi colleghi, alcuni fossili di placodermi conservano entrambi gli apparati riproduttivi e il risultato delle loro unioni sessuali subacquee.

L’idea che i placodermi praticassero la fecondazione interna non è nuova. Nel 1938, il paleontologo David Meredith Seares Watson pubblicò uno studio su un placoderma chiamato Rhamphodopsis che sembrava preservare gli pterigopodi, gli "organi intromittenti" pari di forma tubolare osservati negli individui maschi di squali e razze. Se i placodermi erano dotati di pterigopodi, pensò Watson, allora probabilmente si accoppiavano come gli squali.

Ma, come osservano Trinajstic e i coautori dello studio, si pensava che i placodermi fossero individui troppo primitivi per riprodursi come gli squali. Altri esperti pensavano che i placodermi fossero ovipari e che adottassero lo stesso metodo utilizzato da molti pesci ossei odierni: i maschi spruzzano lo sperma sulle uova deposte all’esterno e ne stimolano la deposizione attraverso il corteggiamento della femmina. Si dovette aspettare fino al 2008 - quando il paleontologo John Long e i suoi colleghi descrissero un placoderma femmina con embrioni al suo interno - perché Watson dimostrasse di avere ragione. Portare embrioni all’interno richiede, infatti, una fecondazione interna, cosa che rende il placoderma - chiamato Materpiscis in riferimento ai suoi piccoli in fase di sviluppo – uno dei primi vertebrati ad avere rapporti sessuali.

Rhamphodopsis e Materpiscis non erano gli unici placodermi a riprodursi in questo modo. Trinajstic e i coautori dello studio segnalano indizi di sesso preistorico tra una varietà di placodermi come Holonema, Campbellodus e Coccosteus (la sua anatomia nell’immagine a destra). E dato che i placodermi sono fra i primi vertebrati a essere dotati di mascelle, probabilmente utilizzavano la stessa tecnica primitiva di riproduzione comune alla maggior parte degli gnatostomi, compresi i pesci da cui hanno avuto origine i vertebrati terrestri. Quantomeno quindi, per i nostri primi antenati, il sesso era probabilmente la norma.

Sesso oppure no?

Non è detto che questi antenati, comunque, abbiano mantenuto questa abilità in modo permanente. Diversi discendenti dei primi pesci con mascella mantennero la fecondazione interna, poi tornarono a essere ovipari, poi addirittura svilupparono di nuovo la fecondazione interna.. Solo fra i pesci, la fecondazione interna si è evoluta in almeno 29 occasioni indipendenti! Su una scala temporale evolutiva, non sempre il sesso si rivela una soluzione duratura.

E c’è ancora un’altra questione che riguarda queste creature primitive che vale la pena di tenere a mente. I placodermi non erano esattamente come gli squali, le chimere e le razze, la cui modalità di riproduzione è la stessa di oggi. In questi pesci cartilaginei, gli pterigopodi del maschio sono formati da una parte delle pinne ventrali. Non valeva lo stesso per i placodermi maschi. Le loro cinture pelviche ossee e gli pterigopodi erano in realtà strutture separate, ognuna sostenuta da strutture di cartilagine.

L’enigma delle pinne

Tale separazione fra pinna e pterigopodo potrebbe sembrare non molto rilevante, invece mette in dubbio l’ipotesi su come le pinne di pesce - inclusi i precursori dei nostri arti - si formarono per la prima volta. Le pinne ventrali sono essenzialmente una copia delle pinne pettorali e servivano a segnare l’estremità posteriore dove alterazioni allo sviluppo avrebbero potuto produrre nuove strutture pari.

Ma, come spiegano Trinajstic e i suoi colleghi, gli pterigopodi dei placodermi erano situati dietro le pinne ventrali e un altro pesce primitivo appartenente a una linea evolutiva diversa, Euphanerops, aveva sviluppato pinne anali pari. Le ipotesi sono due: o le variazioni evolutive allo sviluppo sono capaci di produrre strutture pari nell’estremità inferiore del corpo, più in basso di quanto precedentemente immaginato dagli scienziati, oppure quanto accaduto nel Devoniano (il periodo dell’era paleozoica compreso fra 410 e 360 milioni di anni fa, conosciuto anche come "età dei pesci") costituì un’eccezione. Sciogliere l’enigma aiuterà a risolvere quello che Long ha definito "alba dell’atto": solo lo studio dei fossili, però, potrà darci delle risposte.