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 2014  ottobre 13 Lunedì calendario

LINKEDIN ACCETTA LA CENSURA. TROPPO CARO LASCIARE IL MERCATO CINESE

Il web è stato finora un robusto sostegno per la libertà d’espressione e di mercato. Qualcosa però potrebbe presto cambiare. Il social network americano LinkedIn, pur di aumentare il suo giro d’affari, in Cina ha deciso di accettare la censura. Gli altri colossi della Rete, Google, Facebook, Twitter, Instagram, Microsoft e Yahoo, hanno fatto una scelta opposta. Non si sono piegati alle autorità di Pechino, pagando il prezzo dell’esclusione dal più frequentato mercato web del mondo, forte di oltre 600 milioni di utenti.
Nella Silicon Valley i giganti tecnologici non nascondono però di guardare con grande interesse al caso LinkedIn, alla ricerca di un equilibrio possibile tra censura e business. Le società di brokeraggio avvertono che più il compromesso sarà rinviato e più risulterà costoso. Mentre le aziende asiatiche del settore conquistano l’Occidente, non essere presenti in Cina potrebbe significare l’autocondanna alla marginalità. LinkedIn si rivolge ai professionisti e da febbraio, per raggiungere 140 milioni di cinesi, ha aperto una versione in mandarino. Ufficialmente non ci sono blocchi, ma il patto con il governo comunista è accettare le sue regole. I temi politici sensibili sono vietati.
Il social network professionale si è spinto più in là, affidando il 7% delle operazioni locali e due società cinesi di venture capital con forti agganci nel potere. Questo, secondo il management, consente di conoscere in anticipo
l’umore dei funzionari, evitando la chiusura improvvisa del sito. Il problema è che piegarsi alla censura per un social network può comportare la perdita di credibilità a livello globale, il sospetto che i compromessi si spingano fino alla complicità. La fuga degli utenti, in Occidente, è in agguato. LinkedIn risponde di continuare a sostenere la libertà d’espressione, ma che creare opportunità economiche in Cina può avere un profondo impatto sulla vita dei cinesi. La tesi è che il business, più della democrazia, contribuisce oggi ad abbattere i muri eretti contro le libertà. Rendere il mercato del lavoro più efficiente stimola l’economia e la crescita favorisce l’affrancamento personale dal potere. Ma il risultato è che, ricorrendo ad una combinazione tra algoritmi software e censori umani, migliaia di messaggi professionali vengono bloccati e gli utenti del LinkedIn cinese ricevono una mail che li avverte che «i contenuti vietati in Cina non saranno visti dai membri situati sul territorio nazionale». Il rischio è che la censura politica si trasformi in un freno al libero mercato. Il primo segnale si è avuto quando i messaggi bloccati in Cina sono risultati non visibili all’estero, anche nella versione inglese. Il secondo riguarda i rapporti reali che LinkedIn ha con la leadership comunista. I partner cinesi dell’azienda Usa appartengono ai mandarini di Stato, tra i soci di una società di telecomunicazioni figura il figlio dell’ex presidente Jiang Zemin. A certe condizioni, i partner di Pechino posso rilevare un altro 21% di una joint venture da venti milioni di dollari. Il confine tra rispetto della legge, accettazione della censura, mercato libero, business privato e interessi di Stato, appare confuso. Gli operatori cinesi assicurano che i problemi con gli altri protagonisti del web occidentale, esclusi al di qua della Grande Muraglia, si limitano a «mancanza di comunicazione tra aziende e governo». Dettagli? La novità non cambia: LinkedIn ha rotto un fronte e il suo fatturato in Cina sta ora indebolendo la resistenza della Rete, sempre più aperta a discutere di affari ignorandone le conseguenze politiche e sociali.