Mariano Maugeri, Il Sole 24 Ore 12/10/2014, 12 ottobre 2014
Per salvarsi da un’alluvione bisogna avere una sana paura della pioggia– «La mappa italiana delle aree alluvionabili è una cartina degli orrori
Per salvarsi da un’alluvione bisogna avere una sana paura della pioggia– «La mappa italiana delle aree alluvionabili è una cartina degli orrori. La sequenza di aree ad altissimo rischio punteggia senza soluzione di continuità tutto il Paese, dalla Val d’Aosta alla Sicilia: solo nel Comune di Genova sono stati censiti 90 tra rii e torrenti che scorrono sotto le case, i garage, le infrastrutture». Parlare con Luca Ferraris non è per nulla confortante. Insegna Costruzioni idrauliche e meccanica dei fluidi all’Università di Genova ed è vicepresidente della Fondazione Cima, un centro universitario che per conto della Protezione civile studia gli eventi atmosferici estremi e le loro conseguenze sull’habitat umano. Le regole che il professore enuncia sono semplici e allo stesso tempo sistematicamente disattese. Prima regola: avere sempre paura della pioggia, esattamente come si fa quando si è per mare con una barca. Non sottovalutare mai nulla, neppure quei pochi centimetri di acqua che scivolano innocentemente sulla strada. Le inondazioni evolvono con ritmi imprevedibili. Seconda regola: in caso di pioggia salire di corsa ai piani alti di un edificio e tenersi lontani dai garage, sottoscala e tantomeno dal ciglio dei fiumi. «Questa è una società che stupidamente tende a cancellare la paura. Un sentimento che in caso di alluvioni o terremoti può invece rivelarsi determinante», spiega il professore. Terza regola: abituarsi a convivere con gli eventi alluvionali e impartire nelle scuole di ogni ordine e grado quegli insegnamenti che possono salvare la vita agli studenti e alle persone a loro vicine. Spiega Ferraris: «È impensabile che lo Stato possa risolvere in tempi ragionevoli tutte le situazioni a rischio della mappa idrogeologica italiana, una sommatoria di comportamenti errati reiterati per decenni da istituzioni, amministrazioni e cittadini». Quarta regola: convincersi che la Protezione civile e le Arpa rappresentano solo le aspirine. Da sole, nonostante i livelli di competenza raggiunti, non potranno mai avere la meglio su eventi così catastrofici per i quali è necessaria una cura massiccia di antibiotici. Genova ha centomila abitanti che vivono nella zona rossa, l’area a rischio. «Per risolvere radicalmente una situazione come questa bisognerebbe sventrare la città. Un intervento francamente non realistico» precisa Ferraris. Ci si deve insomma abituare a convivere con questi fenomeni, a patto che non si tratti di una coesistenza passiva ma proattiva. In una parola, ed è la quinta regola, è indispensabile cambiare cultura. Rischi così alti e diffusi si devono obbligatoriamente condividere con tutti i cittadini, dal primo all’ultimo. Esempio di comportamenti palesemente errati fu la festa degli omeni, a Refrontolo, dell’agosto scorso. Una decina di coloro che cercavano di mettersi saggiamente in salvo scalando una collinetta a neppure dieci passi dal luogo dell’alluvione, fu trattato alla stregua di codardi dai veterani del gruppo. Finì con quattro morti. Una sana paura e salire velocemente le scale: ecco i migliori alleati in caso di pioggia torrenziale.