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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

ATTENTI ALLE STATISTICHE CHE UCCIDONO IL FOOTBALL


Dopo i giocatori della Nfl che picchiano le loro donne; o che frustano i loro figli; o che vengono processati per violenze sessuali; o che guidano in uno stato alterato dall’alcol o da sostanze stupefacenti. Dopo gli ex giocatori della Nfl che, a centinaia, fanno una class action contro la lega per i danni cerebrali provocati dai colpi subiti in carriera. E dopo tre adolescenti morti nell’ultima settimana di settembre in seguito a “contatti tipici” durante partite del campionato liceale...
Dopo aver scorso il database del San Diego Union-Tribune, dal quale si ricava che 23 delle 32 franchigie Nfl hanno avuto dall’inizio dell’anno almeno un giocatore arrestato per reati più gravi dell’eccesso di velocità (e dal 2000 ci sono stati 739 casi di arresti o denunce). Dopo aver letto che un giocatore su tre sarà colpito dall’Alzheimer o dalla demenza a un’età inferiore alla media dei suoi coetanei; che il rischio di morire per malattie cerebrali degenerative è quattro volte più alto rispetto al resto della popolazione; che la loro vita media è fra i 55 e i 60 anni; e che il 78 per cento è povero entro due anni dal ritiro...
Dopo tutto questo, non sarebbe meglio se l’America mettesse al bando il football? Come sempre, le cose non sono così semplici. Tutti i fatti citati nei primi due paragrafi sono veri. Ma le statistiche sono false, fuorvianti o incomplete. I dati sulle malattie degenerative sono ricavati da una recente causa che riguarda le commozioni cerebrali. In realtà, dice una cosa diversa: il 28 per cento di chi ha giocato nella Nfl sviluppa l’Alzheimer o la demenza a un certo punto della sua vita, anche in età molto avanzata; e non c’è uno studio accreditato che compari questa percentuale con il resto della popolazione. Di più: secondo i ricercatori del National Institute for Occupational Safety and Health, gli ex giocatori della Nfl vivono più a lungo della media nazionale. E se è vero che il rischio di morire per Sla è dello 0,17% fra chi ha giocato a livello professionistico contro lo 0,04 per il resto della popolazione, solo per uno ogni 770 ex giocatori la Sla è la causa di morte. Infine, il sociologo che ha reso popolare il numero di quanti finiscono in povertà, Ken Ruettgers, ha ammesso che «nessuno sa da dove arrivi». Se poi si paragonano le statistiche sui reati attribuiti ai giocatori a quelle della media nazionale per lo stesso gruppo d’età (25-29 anni), si scopre che sono sempre inferiori, e spesso largamente. Nella Nfl la percentuale delle violenze domestiche è la metà, degli abusi sessuali un terzo, e sul totale dei reati è 7,5 volte più bassa.
Quanto alle morti fra i liceali, secondo un rapporto del National Centre for Catastrophic Sport Injury Research, ce ne sono state 1.188 fra il 1960 e il 2013. La media è di 0,71 decessi ogni 100.000 giocatori. Nel rugby è molto superiore: 0,84 in Inghilterra, 3,30 in America, 4,20 in Nuova Zelanda, 4,40 in Australia.
Tutto questo, naturalmente, non significa che la Nfl o i licei non debbano cercare di garantire la massima sicurezza possibile. O che la lega non faccia bene a intervenire duramente contro i giocatori che commettono reati. Vuol dire solo che quasi sempre si discute partendo da preconcetti ideologici e usando le statistiche in modo strumentale.