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 2014  ottobre 12 Domenica calendario

GIUSTIZIA, LENTEZZA RECORD OTTANT’ANNI PER ACCERTARE LA PROPRIETÀ DI UN TERRENO


ROMA «Sao ko kelle terre, per kelle fini...». I primi documenti in italiano volgare sono testimonianze giurate su proprietà terriere. Non ci si dovrebbe stupire più di tanto, allora, se nell’Italia «culla del diritto» c’è chi tutt’oggi attinga al diritto feudale o al catasto francese del 1801 per verificare la proprietà di dieci ettari di terreno. Peccato però che per compiere un simile accertamento, in quel di Arienzo (Caserta), ci siano voluti 80 anni. Un record assoluto. Che si fa beffe anche dei 53 anni impiegati per (non) risolvere una questione di eredità terriera a Teulada, nel cagliaritano. La giustizia italiana è una lumaca, non è una novità. Certificata - se mai ce ne fosse bisogno - anche dall’ultimo rapporto del Consiglio d’Europa che, appena l’altro giorno, ci ha piazzati sul podio dei 47 paesi europei che hanno il maggior numero di processi penali pendenti (1,4 milioni) e al secondo posto, dopo la Germania, per le cause civili in attesa di giudizio (4,6 milioni). Per quanto gli italiani siano litigiosi e pronti a trascinare il rivale in tribunale per un nonnulla, forti di così tanti avvocati che soltanto a Roma sono lo stesso numero di quelli della Francia intera, una vicenda giudiziaria che dura 80 anni non si era mai sentita prima.
IL RECORD
Sono le 11 del mattino del 30 giugno 1934 quando il comune di Arienzo, attraverso il podestà, porta in giudizio Tommaso de Falco rivendicando per diritto feudale l’appartenenza al demanio di 10 ettari di terreno. Il presidente della Corte di Appello è Gaetano Azzariti, commissario liquidatore degli usi civici, quell’Azzariti che di lì a 23 anni sarebbe diventato presidente della Corte Costituzionale. Per il Comune le terre spettavano alla collettività contadina comunale che fin dall’anno 1536 poteva ricavare i prodotti necessari alla sopravvivenza, come enunciato dalla sentenza del 29 novembre 1809 della Commissione feudale, intervenuta nel giudizio del Comune di Arienzo contro il Principe di Colubrano.
LA CAUSA
Dal quel 30 giugno del 1934 il mondo è stato stravolto dalla seconda guerra mondiale, dalla bomba atomica, dalla guerra fredda, dal Vietnam, dalle prime dimissioni di un Papa. Ma la causa in quel di Arienzo è sempre rimasta in piedi. E dopo una serie infinita di accertamenti, ricerche d’archivio, perizie, opposizioni, ricorsi, verifiche tecniche, nomina di esperti, si è arrivato ad oggi. Il commissario per la liquidazione degli usi civici per la Campania ed il Molise, presidente Anna Maria Allagrande, ha posto la parola fine alla causa ed ha accolto la tesi sostenuta per anni dalla famiglia De Falco. Per la precisione da uno degli eredi, il prof. Diego de Falco, docente di Statistica matematica nell’Università Statale di Milano, difeso dall’avvocato Amedeo Passaro del Foro di Napoli, esperto di diritto feudale: quei dieci ettari di terreno sono suoi, come è risultato «dopo faticosa ricerca, dal catasto francese del 1801, foglio 496, istituito da Giuseppe Bonaparte». L’avvocato esulta: «Come afferma Heidegger, le vie che portano alla verità sono le stesse che portano all’errore per cui la giustizia italiana è lenta ma difficilmente commette errori». C’è da chiedersi se sia vera giustizia quella che arriva dopo 80 anni.