Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 11 Sabato calendario

DI MAIO DELFINO DESIGNATO TRA TRAPPOLE E VELENI


ROMA Che Beppe Grillo sia un po’ deluso dai suoi è appurato. Alcune imitazioni dei suoi parlamentari 5 Stelle sono ormai un siparietto fisso delle cene grilline. Quando l’ex comico è di buon umore gli rifà il verso. Quando gli gira male fioccano altre parole. Non prendersi troppo sul serio è del resto la dote migliore e al tempo stesso peggiore del personaggio. Che quando non brucia collera - raramente - o non viene preso da furia creativa - abbastanza spesso - è molto umorale.
Sia Grillo che Casaleggio erano arcisicuri che una volta varcata la soglia di Montecitorio i grillini in fasce sarebbero cresciuti. Che qualcuno sarebbe emerso e qualcun altro avrebbe acquistato una statura, per così dire, politica. Così facendo i due cofondatori sarebbero rimasti al posto di guida mentre i cittadini parlamentari avrebbero percorso un altro pezzo di strada.
Non è andata così. Alle spalle dell’ex comico e del suo guru c’è il vuoto. Che la giacobina e sistematica rotazione dei capigruppo ha favorito. Chi prova ad emergere, e dunque va in tv, rilascia intervista, diventa una faccia nota, alla scadenza del mandato trimestrale, viene subito ricollocato e rimesso al suo posto. Non sia mai che...
Un caso a parte è quello di Alessandro Di Battista. I suoi colleghi non lo hanno mai votato, neanche quando veniva esibito da Grillo. Erano i giorni delle Europee, quando “Diba” era il «pupillo» e si sognava il sorpasso. Poi le elezioni sono andate come sono andate e il deputato romano è finito prima in disparte e poi in disgrazia per il post delirante sui terroristi. Così che la ricerca del delfino è ripartita.
500 EURO DI TROPPO

L’umore è ai minimo storici. L’indice di gradimento del blog che si misura in base ai contatti starebbe scendendo; i Meet up sono in guerra l’uno contro l’altro; nelle Regioni e nei Comuni spuntano parentopoli e la base si sta sfaldando; i due guru danno segni di stanchezza. «Il nostro è un Movimento trasversale, non c’è nessun problema di leadership», è il mantra di Grillo. «Queste sono dinamiche interne ai partiti tradizionali, il tema a noi non ci riguarda», esorcizza il problema l’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo - non abbiamo correnti, non facciamo congressi». Sarà. Ma quando dal gruppone si è sganciato di Luigi Di Maio in molti hanno cominciato a remargli contro. E’ stato quando senza che nessuna assemblea lo avesse deciso il vice presidente della Camera, la carica più alta ricoperta da un 5 Stelle, aprì il dialogo al Pd e andò in streaming con Renzi. La decisione l’aveva presa Casaleggio ma le critiche fioccarono sul giovane parlamentare di Pomigliano d’Arco. La storia si è ripetuta in questi giorni quando ai parlamentari sono stati chiesti 500 euro di contributo personale (da detrarre sui rendiconti) per la tre giorni del Circo Massimo. In molti hanno protestato: «Ma come? Noi paghiamo e sul palco ci salgono sempre gli stessi?». Riferimento a Morra, Taverna, Castelli, Petrocelli, Sibilia, Lombardi. Insomma ai talebani di ieri e di oggi. E quando la senatrice Paola Taverna fiutando l’aria ha diffuso endorsement «Di Maio è il nostro futuro), Vito Crimi, il primo portavoce della storia grillina si è affrettato a twittare: «Il nostro futuro sono le idee». I delfini dovranno attendere.