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 2014  ottobre 12 Domenica calendario

IN UN TRIANGOLO ISOSCELE

se il rapporto fra l’angolo alla base e l’angolo al vertice è algebrico ma non razionale, il rapporto tra la base e il lato è sempre trascendente?

La semplicità di questo enunciato non deve trarre in inganno. Non si tratta di esercizio di Geometria euclidea alla portata di un bravo studente. È la traduzione in termini geometrici del fatto che la funzione esponenziale exp( i p z ) debba assumere sempre valori trascendenti per valori algebrici irrazionali dell’argomento z . David Hilbert pensava che fosse un fatto "altamente probabile", anche se darne una dimostrazione gli sembrava impresa "estremamente difficile". Così lo annoverò nella lista di problemi per le "generazioni future" che presentò l’8 agosto 1900 a Parigi, intervenendo al secondo Congresso Internazionale dei Matematici.

"Chi di noi non solleverebbe volentieri il velo dietro cui si nasconde il futuro per gettare uno sguardo sui principali progressi della nostra scienza e i segreti del suo sviluppo nei secoli a venire!" esclamava Hilbert, iniziando la sua conferenza. Quali saranno gli obiettivi che si porranno i matematici del nuovo secolo, quali "le nuove verità e i nuovi metodi scoperti "?

La circostanza era unica. Il Congresso, a cavallo di due secoli, offriva al matematico di Gottinga l’occasione per "passare in rassegna le questioni aperte e i problemi che ci pone la scienza al giorno d’oggi", e invitare i matematici delle "generazioni future" a cimentarsi con essi. Il suo intervento era destinato a far epoca. Tuttavia, per immagina Hilbert leggere la sua conferenza diventata celebre in una sala affolata dai più autorevoli matematici del tempo, la cronaca del Congresso riserva delle sorprese. Il pubblico dei partecipanti non era molto numeroso, racconta un testimone come Gino Fano. Molti degli iscritti non si fecero vedere. Gli italiani erano in tutto una decina: Peano, e la sua scuola (Amodeo Padoa, Vailati), un paio di insegnanti di Liceo e poi Levi-Civita e Volterra, che tenne la relazione di apertura. Tra i tedeschi mancavano Klein, Noether e tutti i berlinesi. Perfino tra i francesi, matematici di primo piano come Hermite, Picard, Jordan, Goursat, Humbert, e Appell disertarono le sessione del Congresso. L’intervento di Hilbert figurava tra le comunicazioni delle sezioni Bibliographie et Histoire. Enseignement et methodes riunite sotto la presidenza dello storico Moritz Cantor. Hilbert si limitò a presentare una decina dei 23 problemi che figurano nel testo preparato per la stampa. Così che, nel volume che raccoglie gli Atti, una nota informa che "lo sviluppo della comunicazione del sig. Hilbert, per via della sua grande importanza, è stato posto tra le conferenze".

LE OSSERVAZIONI DI CARATTERE metodologico premesse da Hilbert al suo elenco di problemi, sono illuminanti sulla sua concezione della Matematica e del suo sviluppo "È innegabile il grande significato di determinati problemi per il progresso della scienza matematica in generale e il ruolo importante che essi giocano nel lavoro del singolo ricercatoreソ, affermava Hilbert. Un matematico francese ha detto una volta che una teoria matematica non si può considerare completa finché non sia stata resa chiara al punto da poter essere spiegata al primo che passa per la strada. Lo stesso si può dire di un buon problema matematico: semplice da enunciarsi, e tuttavia intrigante, difficile ma non del tutto inabbordabile. L’insuccesso nell’affrontare un problema dipende spesso ソ dalla nostra incapacità di riconoscere il punto di vista più generale dal quale il problema che abbiamo di fronte ci appare come un singolo anello in una catena di problemi collegati fra loroソ . Trovato il giusto livello di generalità, non solo il problema si rivela più accessibile ma spesso troviamo anche i metodi adatti a risolvere problemi ad essere collegati. L’illimitata fiducia nelle capacità della ragione umana portava Hilbert a enunciare una sorta di "legge generale" del nostro pensiero, a stabilire come un assioma che qualunque problema matematico doveva essere suscettibile di soluzione. "In Matematica non c’è alcun Ignorabimus!" affermava (troppo) ottimisticamente Hilbert, rovesciando il celebre detto di Emil Du Bois-Reymond.

Pierre de Fermat
TRA I PROBLEMI CLASSICI, Hilbert ricordava quello della brachistocrona di Johann Bernulli che aveva dato origine al Calcolo delle variazioni, e l’ultimo teorema di Fermat, all’origine della teoria dei numeri ideali di Kummer e del le loro generalizzazioni a campi algebrici qualunque per mano di Dedekind e Kronecker. Di tutt’altra natura era il problema dei tre corpi che, in tempi recenti aveva portato Poincaré alla scoperta di "metodi fecondi e principi di grande portata".

Il teorema di Fermat e il problema dei tre corpi si situavano per Hilbert ai "poli opposti" nell’insieme dei problemi matematici: "Il primo, libera creazione della pura ragione; il secondo, proposto dagli astronomi e in dispensabile per la conoscenza dei più semplici fenomeni fondamentali della natura". Come quello dei tre corpi, anche i primi e più antichi problemi matematici -osservava Hilbert- "traggono certamente la loro origine dall’esperienza e sono ispirati dal mondo dei fenomeni esterni". Così era stato per le operazioni del contare o i problemi classici della Geometria, la duplicazione del cubo o la quadratura del cerchio. Tuttavia, "nel progressivo sviluppo di una disciplina matematica lo spirito umano, incoraggiato dal successo delle soluzioni, prende coscienza della sua autonomia e crea lui stesso nuovi e fecondi problemi, nella maniera più felice, spesso senza apparenti stimoli esterni, unicamente per combinazione logica, per generalizzazione e specializzazione, per separazione e riunione dei concetti". Così erano sorti il problema della distribuzione dei numeri primi, la teoria di Galois delle equazioni algebriche, la teoria degli invarianti algebrici, la teoria delle funzioni abeliane e automorfe. Insomma, "quasi tutte le più sottili que stioni delle moderne teorie dei numeri e delle funzioni".

Jules Henri Poincaré
Al tempo stesso, "sul potere creativo della pura ragione il mondo esterno esercita di nuovo la sua influenza". I fenomeni reali ci pongono nuove domande, schiudono nuove regioni del la Matematica e, "mentre cerchiamo di conquistare questi nuovi territori della scienza al dominio della pura ragione, troviamo spesso le risposte a vecchi problemi irrisolti e al tempo stesso sviluppiamo al meglio le vecchie teorie.

Su questi sempre reiterati scambi tra ragione e esperienza riposano, mi sembra, le numerose e sorprendenti analogie e quell’armonia apparentemente prestabilita che il matematico tante volte percepisce nelle questioni, i metodi e i concetti dei diversi campi della scienza".

Nella continua interazione tra libere creazioni della ragione e conoscenza dei fenomeni del mondo esterno risiedeva, dunque, per Hilbert la dinamica fondamentale dello sviluppo della Matematica e, insieme, la spinta al processo di matematizzazione delle altre scienze. Il rigore delle dimostrazioni, caratteristica peculiare della Matematica ソ per Hilbert "un bisogno filosofico generale della nostra ragione" ソ era altrettanto necessario nel trattare le più delicate questioni di Analisi e le questioni che hanno origine nel mon­do esterno, nel mondo dell’esperienza empirica.

IL TESTO DELLA CONFERENZA di Parigi fa giustizia dell’immagine caricaturale che spesso si dà della concezione hilbertiana della Matematica, ridotta ad un puro gioco formale con simboli senza significato. Certo, "a nuovi concetti corrispondono necessariamente nuovi segni", osservava Hilbert. Ma questi segni sono scelti in modo da ricordarci i fenomeni che li hanno generati. Così, per esempio "i segni aritmetici sono figure scritte e le figure geometriche sono formule disegnate. E nessun matematico potrebbe rinunciare a queste formule disegnate". D’altra parte ソ continuava Hilbert ソ "nelle ricerche aritmetiche, così come nelle ricerche geometriche, noi non seguiamo in ogni momento la catena delle operazioni mentali fino agli assiomiソ. Nell’affrontare un nuovo problema, "ricorriamo a certe combinazioni rapide, inconsapevoli, non definitivamente sicure, fidandoci di una certa sensibilità aritmetica verso il modo di agire dei segni aritmetici, senza la quale progrediremmo nell’aritmetica altrettanto poco quanto senza l’immaginazione geometrica faremmo nella geometria " . Egli ne aveva dato un saggio nelle proprie ricerche sui fondamenti dalla Geometria, argomento di suoi corsi e del volume Grundlagen der Geometrie (GG), apparso nel 1899 come Festschrift in occasione dell’inaugurazione del monumento a Gauss e Weber a Gottinga.

Nella Spiegazione introduttiva ai GG Hilbert dichiarava di considerare "tre diversi sistemi di oggetti", chiamati rispettivamente punti, rette e piani e aggiungeva che "la descrizione esatta e completa" delle relazioni che intercorrono tra essi era affidata agli assiomi. "Con ciò si ascrive agli assiomi qualcosa che è compito delle definizioni", aveva obiettato il logico Gottlob Frege, convinto che gli assiomi della Geometria sono enunciati veri la cui conoscenza "scaturisce da una fonte conoscitiva di natura extralogica, che potremmo chiamare intuizione spaziale". Per Hilbert, al contrario, gli assiomi non erano enunciati di per sé veri. Il criterio di verità e di esistenza degli oggetti matematici era affidato alla dimostrazione della non contraddittorietà degli assiomi (e delle loro conseguenze). "Ogni teoria è solo un telaio, uno schema di con cetti unitamente alle loro mutue relazioni necessarie", che può essere applicato a "infiniti sistemi di enti fondamentali", ribatteva a Frege. Questi ultimi potevano venir pensati in modo arbitrario. Era sufficiente che le relazioni fra essi fossero stabilite dagli assiomi per ottenere tutte le proposizioni della teoria. Il metodo assiomatico metteva in luce la trama deduttiva, il legame di dipendenza che intercorre tra gli assiomi e i teoremi. Questo, agli occhi di Hilbert, era il suo pregio essenziale. Certo, se si voleva applicare una teoria al mondo dei fenomeni, era necessaria "una certa dose di buona volontà e un certo senso della misura". Occorreva, invece, una " enorme dose di cattiva volontà" per applicare una teoria assiomatica a fenomeni diversi da quelli per i quali la teoria era stata pensata.

I PROBLEMI PROPOSTI DA HILBERT

Leopold Kronecker
toccavano una varietà di questioni: in primo luogo, i fondamenti dell’Analisi (problemi 1, 2) e della Geometria (3, 4, 5) e l’assiomatizzazione delle teorie fisiche (6). Il primo problema aveva a che fare con la natura del continuo: "ogni sistema infinito di numeri reali, cioè ogni insieme infinito di numeri (o di punti) è equivalente all’insieme di tutti i numeri naturali 1, 2, 3, ... oppure è equivalente all’insieme di tutti i numeri reali, e di conseguenza al continuo".

Dalla di mostrazione sarebbe conseguita la di mostrazione dell’ipotesi del continuo di Cantor, per cui la potenza del continuo è quella immediatamente superiore a quella del numerabile. Secondo Hilbert la "chiave della dimostrazione" poteva forse venire dall’affermazione di Cantor che ogni insieme infinito poteva essere ben ordinato. L’insieme dei numeri reali, nell’ordinamento naturale, non era certo un insieme ben ordinato. Si poteva tuttavia ソ chiedeva Hilbert ソ trovare per quell’insieme un altro ordinamento, di modo che ogni suo sottoinsieme avesse un primo elemento? In altre parole, si poteva trovare un buon ordinamento per il continuo?

Prima che qualche matematico rispondesse alla domanda, Bertrand Russell rese nota un’antinomia che minacciava seriamente le fondamenta dell’intero edificio della teoria degli in siemi di Cantor. La questione posta da Hilbert si intrecciò allora con la più generale questione dei fondamenti della teoria cantoriana degli insiemi e diede vita a un enorme complesso di ricerche di carattere logico e fondazionale, in cui si impegnarono molti dei suoi allievi e collaboratori a cominciare da Ernst Zermelo che, nel 1904, fornì una prima assiomatizzazione della teoria degli insiemi e mise in luce il ruolo del cosiddetto assioma di scelta. Per quanto riguarda in particolare l’ipotesi del continuo di Cantor, un primo risultato significativo fu ottenuto da Kurt Gòdel che, nel 1938, dimostrò che l’ipotesi (generalizzata) del continuo era compatibile con l’assioma di scelta e gli altri assiomi della teoria degli insiemi. Che l’ipotesi del continuo sia anche indipendente da essi fu tuttavia dimostrato solo nel 1963 da Paul Cohen.

Georg Ferdinand Ludwig Philipp Cantor
Intimamente legato al primo era il secondo problema proposto da Hilbert. Nei GG, aveva mostrato che la non-contraddittorietà degli assiomi della Geometria euclidea era riconducibile a quella degli assiomi dell’Aritmetica dei numeri reali nel senso che, come spiegava ora, "ogni contraddizione nelle deduzioni dagli assiomi geometrici deve essere riconoscibile nell’Aritmetica" dei numeri reali.

Dunque - continuava Hilbert - "si rende necessario un metodo diretto per la dimostrazione della non-contraddittorietà degli assiomi dell’Aritmetica", essenzialmente gli assiomi per le usuali regole di calcolo con l’aggiunta di un assioma di continuità (ossia l’assioma di Archimede e un nuovo assioma di completezza enunciato da Hilbert in un recente lavoro, che stabiliva l’impossibilità di un ampliamento archimedeo della retta reale e modificava in punto essenziale il sistema di assiomi stabilito nella prima edizione dei GG).

HILBERT ATTRIBUIVA un ruolo decisivo alle dimostrazioni di non-contraddittorietà, come criterio di esistenza degli oggetti matematici. "Se assiomi arbitrariamente stabiliti non sono in contraddizione, con tutte le loro conseguenze, allora essi sono veri, allora esistono gli enti definiti per mezzo di quegli assiomi. Questo è per me il criterio della verità e dell’esistenza", aveva scritto pochi mesi prima a Frege, rispondendo alle sue critiche sull’impianto assiomatico dei GG. "Se a un concetto sono assegnati attributi contraddittori, dico che quel concetto matematicamente non esiste", dichiarava ora pubblicamente Hilbert. Con dimostrazioni di carattere esistenziale (il teorema della base del 1888 e il teorema degli zeri del 1890), una diecina d’anni prima, aveva stupito il mondo matematico. L’auspicata dimostrazione della non contraddittorietà degli assiomi dell’Aritmetica sarebbe stata al tempo stesso la dimostrazione dell’esistenza dei numeri reali ossia del continuo. Poiché la coerenza della Geometria e dell’Analisi era riconducibile a quella dell’Aritmetica, la dimostrazione diretta di quest’ultima avrebbe garantito la non contraddittorietà dell’intera Matematica. Il secondo problema annunciava di fatto l’ambizioso programma che Hilbert e i suoi allievi avrebbero perseguito negli anni Venti, prima che il teorema di incompletezza di Gòdel (1931) dimostrasse l’impossibilità dell’impresa nei termini in cui Hilbert l’aveva formulata e portasse alla sua drastica revisione.

I successivi tre problemi erano ispirati alle proprie ricerche sui fondamenti della Geometria. Nei GG, Hilbert aveva mostrato che nella Geometria piana gli assiomi di congruenza (senza ricorso al l’assioma di continuità) sono sufficienti per provare la congruenza di figure rettilinee. Già Gauss aveva osservato, invece, che la dimostrazione di teoremi di Geometria solida come quello di Euclide ソ piramidi di ugual altezza e base triangolare stanno tra loro come le rispettive basi ソ dipende dal metodo di esaustione ossia, in ultima analisi, da un assioma di continuità. Nel problema 3, Hilbert invitava a esibire "due tetraedri di ugual base e ugual altezza che non possono essere in alcun modo suddivisi in tetraedri congruenti". La prova venne due anni più tardi dal suo allievo Max Dehn (1878-1952).

Un altro allievo di Hilbert, Georg Hamel (1877-1954), aveva affrontato con successo il quarto problema enunciato nella conferenza di Parigi. Hilbert aveva attirato l’attenzione sulla Geometria sviluppata da Minkowski nella Geometrie der Zahlen (1896), in cui valgono tutti gli assiomi della Geometria ordinaria (compreso quello delle parallele) eccetto l’assioma di congruenza dei triangoli, rimpiazzato dalla disuguaglianza triangolare. Da parte sua, nel 1895 Hilbert aveva studiato una Geometria in cui valgo tutti gli assiomi della Geometria di Minkowski, tranne quello delle parallele. Convinto della loro importanza in teoria dei numeri, nella teoria delle superfici e nel Calcolo delle variazioni, Hilbert invitava ora allo studio sistematico delle Geometrie in cui valgono tutti gli assiomi di Euclide eccetto quello di congruenza dei triangoli (l’assioma III.5 dei GG) sostituito dalla disuguaglianza triangolare, assunta come un particolare assioma. Hamel dimostrò che le uniche Geometrie possibili erano ellittiche (nel caso del piano intero) oppure iperboliche del tipo studiato da Minkowski e Hilbert. Il problema era comunque formulato da Hilbert in termini abbastanza vaghi e, nei decenni successivi, ha dato origine a un gran numero di ricerche su particolari classi di geometrie.

Nei suoi lavori sui gruppi continui di trasformazioni, Lie aveva stabilito un sistema di assiomi per la Geometria e risolto il problema di determinare tutte le varietà n-dimensionali che ammettono (localmente) un gruppo di movimenti rigidi, ossia il problema posto da Riemann e Helmholtz della caratterizzazione del movimento rigido dei corpi. Lie aveva assunto che le trasformazioni dei suoi gruppi fossero funzioni differenziabili. Nel 1898, Klein aveva avanzato dubbi sulla necessità di questa ipotesi, e ora, nel problema 5, Hilbert riprendeva la questione chiedendosi se, per quanto riguarda gli assiomi della Geometria, l’ipotesi della differenziabilità fosse inevitabile o questa non fosse invece una conseguenza di altri assiomi geometrici.

PIU’ CHE UN PROBLEMA vero e proprio, il problema 6 era l’indicazione di un programma di ricerca. Sul modello delle ricerche sui principi dell’Aritmetica e della Geometria, Hilbert esortava a "trattare assiomaticamente le branche della Fisica dove la Matematica gioca al giorno d’oggi un ruolo preponderante". Egli aveva in mente i ragionamenti di natura probabilistica introdotti da Clausius e Boltzmann nella teoria cinetica dei gas, e le ricerche sui principi della Meccanica di Mach e dello stesso Boltzmann. Dall’inizio del secolo, prima con Minkowski e poi, dopo la morte prematura dell’amico (1909), con i suoi assistenti, per un paio di decenni Hilbert dedicò una crescente attenzione ai problemi della Fisica teorica. Tenne corsi e seminari su particolari argomenti; pubblicò importanti lavori come l’articolo del 1915, apparso a poche settimane da quello di Einstein, nel quale otteneva le equazioni della relatività generale e esortò allievi e assistenti ad impegnarsi in questo tipo di ricerche. Nello stesso campo di ricerche, si colloca anche il teorema di Emmy Noether (1918) ソ un teorema di Calcolo delle variazioni ソ fondamentale nella moderna Fisica matematica, che mette in relazione il numero dei parametri di un sottogruppo di invarianti per i sistemi lagrangiani con il numero di leggi di conservazione derivabili per tali sistemi. Con Richard Courant scrisse il trattato Matematische Methoden der Physik (Metodi matematici della fisica, 1924) divenuto classico. Volumi di suoi allievi, come Gruppentheorie und Quantenmechanik (Teo ria dei gruppi e meccanica quantistica. 1928) di Hermann Weyl e Mathematische Grundlagen der Quantenmecha nik (Fondamenti matematici della quantistica, 1932) di John von Neumann si possono annoverare tra i frutti più significativi ottenuti nello spirito del sesto problema di Hilbert. Tuttavia, come riconosceva lo stesso Weyl, nonostante i grandi risultati ottenuti, "il vasto progetto di Hilbert per la fisica non venne mai a maturazione".
Per quanto riguarda invece la teoria del la probabilità, l’assiomatizzazione auspicata da Hilbert prese forma nella scuola russa di Bernstein e Kolmogorov, nel contesto della moderna teoria della misura.

DOPO I PROBLEMI RELATIVI

Bertrand Arthur William Russell
ai fondamenti, Hilbert passava a considerare problemi specifici, a cominciare dalla teoria dei numeri, la disciplina cui aveva dedicato le sue ricerche degli ultimi anni, culminate nella pubblicazione dello Zahlbericht. Anzitutto il problema 7, che abbiamo visto in apertura, e altri problemi correlati ad esso (che hanno trovato soluzione negli anni Trenta da parte di Gelfond) e poi (problema 8) la distribuzione dei numeri primi e la congettura di Riemann, forse la più importante congettura a tutt’oggi aperta in Matematica.


Questi ultimi due problemi rientrano tra quelli che Hilbert presentò effettivamente nella sua conferenza a Parigi. Gli altri di cui parlò furono il primo, il secondo, il sesto, il tredicesimo, il sedicesimo, il diciannovesimo e ventiduesimo. Con i problemi compresi fra il nono e il diciottesimo, dalla Teoria dei numeri passava a problemi di Algebra o di Geometria algebrica. Il decimo problema, ad esempio, richiedeva una procedura per determinare con un numero finito di operazioni se una data equazione diofantea in n incognite avesse soluzioni intere. Il tredicesimo richiedeva, in vece, di dimostrare che l’equazione generale di settimo grado non è risolubile con funzioni di due soli argomenti. Stabilire fondamenti rigorosi per il calcolo di Schubert nella Geometria enumerativa era l’argomento del quindicesimo problema, mentre il problema 16 riguardava la topologia delle curve e delle superfici algebriche. Di natura geometrica erano anche i due successivi problemi. Estendendo un teorema stabilito nel capitolo conclusivo dei GG, dedicato alla possibilità delle costruzioni con riga e compasso, il problema 17 poneva la questione se una qualunque forma definita (ossia una funzione razionale intera di n variabili a coefficienti reali che non assume valori negativi per nessun valore reale delle variabili) potesse essere espressa come quoziente di somme di quadrati, mentre il problema 18 richiedeva l’estensione allo spazio euclideo n-dimensionale dei risultati di Poincaré (e Klein) sui gruppi di movimenti nel piano (e nello spazio) di Lobacevskij, per cui esiste una regione fondamentale, e sul conseguente ricoprimento del piano (e dello spazio) in regioni congruenti. Ad essa correlata era la questione "importante per la teoria dei numeri e forse talvolta utile in Fisica e in Chimica: come si possono collocare nello spazio nella maniera più densa possibile un numero infinito di solidi congruenti di data forma, per es. sfere di raggio dato o tetraedri regolari di dato spigolo?"

Nel gruppo finale di problemi, Hilbert prendeva in considerazione argomenti di Analisi. Nel diciannovesimo problema, si chiedeva se "le soluzioni dei problemi regolari del Calcolo delle variazioni sono necessariamente analitiche" mentre il ventesimo problema riguardava l’esistenza di soluzioni di equazioni differenziali alle derivate parziali con date condizioni al contorno.

Georg Friedrich Bernhard Riemann
Nel ventunesimo problema, ispirato a risultati di Riemann e Fuchs, Hilbert chiedeva di mostrare che esiste sempre un’opportuna equazione differenziale lineare con assegnati punti singolari e gruppo di monodromia.

Il penultimo problema riguardava l’approfondimento dei risultati di uniformizzazione di Poincaré nella teoria delle funzioni automorfe. Infine, nell’ultimo problema Hilbert esortava a "ulteriori sviluppi dei metodi del Calcolo delle variazioni".
Guardando al complesso dei 23 problemi, ci si rende conto che le ricerche originate disegnano la trama dello sviluppo di alcune tra le più importanti branche della Matematica del Novecento. Mentre alcuni problemi erano formulati in maniera chiara e precisa, in altri casi Hilbert proponeva invece la creazione di una nuova teoria o di un nuovo programma di ricerca al quale esortare i giovani matematici. Da questo punto di vista, le oltre sessanta tesi di dottorato scritte sotto la sua direzione tra il 1898 e il 1915 sono rivelatrici. Undici dei suoi studenti scrissero la tesi su questioni di Teoria dei numeri, e tre di loro su argomenti correlati con il dodicesimo problema ソ ispirato a Hilbert dal "sogno di gioventù" di Kronecker ソ che riguarda va lo sviluppo del parallelismo tra i campi di numeri algebrici e i campi di funzioni algebriche. Una decina di tesi riguardavano i fondamenti della Geometria e problemi di Geometria algebrica strettamente legati al sedicesimo problema. Quasi la metà dei suoi studenti di dottorato si occupò tuttavia degli argomenti di Analisi che dominarono gli interessi di Hilbert fino alla prima guerra mondiale ソ soprattutto il Calcolo delle variazioni (in particolare i metodi diretti connessi con il principio di Dirichlet) e la teoria delle equazioni integrali. Negli anni Venti, cinque delle nove tesi seguite da Hilbert furono dedicate ai fondamenti della Matematica e alla teoria della dimostrazione. Si trattava dello sviluppo delle idee delineate nel secondo problema, al quale Hilbert consacrò l’ultima fase della sua attività, legando il suo nome al cosiddetto programma formalista di fondazione della Matematica.

L’articolo di Umberto Bottazzini compare nel n° 50-51 di Lettera Matematica PRISTEM