Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 12 Domenica calendario

GLI ULTIMI DESIDERI DELLA RAGAZZA CHE MORIRA’ A NOVEMBRE

Le amiche sono quelle di sempre, quelle che sorridono vestite da damigelle d’onore, nella foto del matrimonio di Brittany. Lei è radiosa, come nel quadro di una sposa felice. Stringe in mano un mazzo di fiori, ride, guarda oltre l’obiettivo. È il settembre 2013, ha 28 anni. Ha appena sposato Dan Diaz, e il piano è tornare a vivere nella loro casa di San Francisco, girare il mondo e fare un sacco di bambini.
Brittany Maynard e quelle amiche, invece, si sono ritrovate questo fine settimana a Portland, per celebrare un rito triste e crudele che quella mattina di settembre nessuno avrebbe potuto immaginare: l’addio. Lei, la sposa felice, ha un cancro terminale al cervello e ha deciso che il primo novembre si toglierà la vita, usando la legge dell’Oregon che consente il suicidio assistito. Quindi ha riunito le amiche e gli amici più cari nella casa dove prenderà i farmaci letali, per l’ultimo saluto. Vengono in mente le atmosfere del "Grande Freddo", "The Big Chill", il film che raccontava il week end di un gruppo di ex compagni dell’università del Michigan, riuniti in una casa della South Carolina per ricordare il loro compagno migliore, Alex, che si era tagliato le vene. Solo che questo non è un film, Brittany è ancora viva, ma la morte l’aspetta dietro l’angolo. E la generazione non è più quella dei "baby boomers", gli ex figli dei fiori cresciuti negli anni Sessanta e diventati adulti durante il reaganismo, ma quella al confine tra la Generation X e i Millennials, i giovani liberal che hanno già cavalcato l’ondata della protesta "Occupy Wall Street", e della legalizzazione dei matrimoni gay negli Stati Uniti, e ora si affacciano anche nel controverso dibattito sull’eutanasia.

Il programma per l’ultimo week end con Brittany era semplice, dettato anche dai limiti imposti dalla sua salute che peggiora. Lei amava correre, persino le maratone, ma non ce la fa più. Amava viaggiare e scalare, al punto che era salita da sola sul Kilimanjaro, ma il fisico debilitato dal cancro che cresce nel cervello non glielo permette più. Comincia a subire attacchi che la paralizzano e la lasciano incapace anche di parlare. Quindi esce per lunghe passeggiate tra i boschi col marito Dan, la madre Debbie Ziegler, il patrigno, e il fedele cagnolino Charley, un Great Dane che le scondinzola intorno ovunque. Destinazione preferita, il Columbia River Gorge, un canyon a trenta minuti di strada da Portland, che si apre per oltre mille metri di profondità nel letto del fiume Columbia quando raggiunge la catena montuosa del Cascade Range. Paesaggi da "Il Cacciatore", per intendersi. Brittany voleva portare lassù le sue amiche, come ai vecchi tempi, quando giravano insieme le campagne e le vigne intorno a San Francisco. Fare finta che sia ancora così, dimenticare almeno per un fine settimana cosa l’aspetta, e ricordare il passato come se ci fosse ancora un futuro. Con la colonna sonora di una generazione entrata nell’adolescenza alla fine degli anni Novanta, che stava al liceo quando avvenne l’11 settembre. Ricordi, sogni, scherzi, promesse. E poi l’ultimo abbraccio, stasera, agghiacciante. Possibilmente senza piangere, perché l’idea era quella di celebrare insieme la vita.
Non è "The Big Chill", soprattutto perché non è un film, ma il fatto che la generazione dei Millennials diventi protagonista anche del dibattito sull’eutanasia è tanto innaturale, vista la loro età, quanto sconvolgente, per i termini stessi della discussione. Brittany è una ragazza di 29 anni, che se la natura avesse seguito il suo corso abituale oggi starebbe organizzando con le amiche la "baby shower", la festa in cui si portano i regali alle ragazze incinta, invece del week end dell’addio. Insiste che il suo «non sarà un suicidio, perché chi si suicida vuole morire. Io no, io voglio vivere. Ciò che mi sta uccidendo è il cancro, e sono venuta qui solo per anticiparlo, ed evitarmi altre sofferenze. Se domani mi sentissi meglio, o per qualche motivo cambiassi idea, non prenderei queste pillole letali che ho già in tasca. Se invece capissi che sto arrivando alla fine, lo farei anche prima».
I gruppi cristiani più inflessibili hanno criticato Brittany, in alcun casi l’hanno insultata, perché non rispetta i piani di Dio. Dicono che si è lasciata traviare da Compassion and Choices, la lobby per l’eutanasia che la sta usando. Più sobriamente una di loro, Kara Tippetts, le ha scritto una lettera: «Ti hanno imbrogliata. La morte non è così terribile, è una parte della nostra vita che può avere un grande valore spirituale». Kara ha 36 anni, è madre di tre figli ed è malata terminale di cancro al seno: «Sto morendo anch’io, Brittany», ma per favore non prendere quelle pillole, perché il dolore si può controllare, mentre rinunciare agli ultimi istanti naturali dell’esistenza è una perdita senza rimedio.
Salutati gli amici, però, stasera Brittany si avvierà sul percorso finale. Prevede ancora di fare un paio di interviste televisive e una radiofonica, se ci riuscirà, e poi un video indirizzato ai parlamentari della California perché autorizzino la "morte con dignità". I suoi argomenti morali non sono diversi da quelli degli altri sostenitori dell’eutanasia, ma sentirli dalla bocca di una bella ragazza non ancora trentenne sta cambiando la percezione stessa del dibattito, coinvolgendo migliaia di giovani che finora lo avevano ignorato. Ieri però i suoi amici hanno parlato di altro. Della festa del marito Dan, il 26 ottobre. E del Grand Canyon, dove lei non è mai stata, e spera ancora di salire.