Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 12 Domenica calendario

GRILLO SI ISSA IN CIELO E RIPRENDE IL COMANDO

È grande il Circo Massimo, c’è spazio per tutti. Ce n’è per Filippo Nogarin, il sindaco di Livorno: sale sul palco e dice che, siccome vuole dialogare coi cittadini, dialogherà pure «coi partiti che li rappresentano». C’è spazio per lui intanto che di sotto si intona con molto meno ecumenismo il già classico «tutti a casa», e c’è spazio per il ragazzo perugino il quale spiega al cronista la proprietà transitiva: se Silvio Berlusconi è delinquente, e se tutti sanno che lo è, chi lo vota è altrettanto delinquente. C’è spazio naturalmente per Federico Pizzarotti, l’eretico di Parma, ma spazio limitato, niente palco; gira attorno agli stand e si prende abbracci e baci e incitamenti, qualche sano insulto, intanto che un livornese giustifica l’idea recente del derby fra Pizza e Noga: «Voglio che Pizza parli, e se lo dico io che sto con Noga...». C’è spazio per il secondo palco, l’Agorà, dove a metà pomeriggio un poliziotto spiega la drammatica sottovalutazione di Ebola, a forse duecento metri da dove un esperto di controinformazione dimostrava che l’emergenza è il solito sporco affare dell’industria farmaceutica. Va benissimo dunque il consigliere regionale del Lazio, Davide Barillari, che ride delle dirette streaming, l’eccellenza della recitazione, e va altrettanto bene l’attivista offeso dalle intese oscure del Nazareno.
C’è spazio per tutto, per le mille proteste, per i mille comizi, per le mille idee e le mille contraddizioni, e ogni cosa sembrava consegnata a un piccolo e confuso miracolo orizzontale, finché il pomeriggio non è diventato il capolavoro del verticismo: la gru si è issata sessanta o ottanta metri sopra il Circo Massimo, in faccia all’eternità del Palatino, e in cima, lontano come un dio, c’era Beppe Grillo. Una scena suggestiva, semplicemente bella, Grillo era una macchiolina nera contro il cielo azzurro, e da sotto noi con il naso all’insù, perché di colpo si era fermato quel formicolare di umani, quel frullare di bocche traboccanti soluzioni, di braccia gesticolanti rabbia. Grillo - come sono ironici gli istanti delle ore superbe - parlava di «democrazia dal basso» dal più alto degli altari. Si era ripreso il suo mondo: ora andate voi a contenderglielo. Si era discusso per giorni - sciocchini! - di incoronazioni, successioni, scalabilità del movimento, organizzazione o struttura, scheletro di partito, piccoli leader o front man o ambasciatori, e poi era bastata una strepitosa trovata scenografica e l’urlo del Capo: «Bisogna dare una svolta, e la daremo stasera». Si riferiva al referendum contro la moneta unica, che per plateale attrazione spazza via qualsiasi questioncella trattata laggiù a filo d’erba. «Bisogna uscire dall’euro prima possibile, raccoglieremo milioni di firme», ha detto, e di colpo è finito in un cantuccio di gergo politico il dibattito attorno a Pizza e Noga, a Luigi Di Maio erede al trono, all’abbraccio che si era scambiato con Pizzarotti in favore di telecamera, alla strategia dell’alleanza o della contrapposizione.
Ma era da mattina che Grillo faceva avanti e indietro, compariva per incitare l’Esercito a entrare a Genova, lunedì, prima che ci arrivi Matteo Renzi, perché deve stare coi cittadini, non «coi cialtroni» - e qualcuno ci aveva pure visto tendenze golpistiche. Annunciava lotta con ogni mezzo al Jobs act che produrrà «schiavismo», e si introduceva in filosofiche considerazioni sul culo peloso o pelato della scimmia. Allora la gente sbucava dal fitto sistema viario scaturito fra i gazebo, quel sistema che è stato percorso da mattina a notte da migliaia di persone, uno sterminato andirivieni e nonostante il sole: diretti all’Agorà per sentire il membro della commissione Lavori pubblici, fermi davanti all’esperto che parla di spionaggio elettronico, seduti in circolo come gli indiani e di fronte a un europarlamentare, mentre un tizio sulla sessantina con la barba a trecce dice che «contro la cementificazione delle coste bisogna tornare alla montagna», e uno di Rieti risponde ok, purché ci sia «baratto dei servizi». Molte cose anche meno friabili, naturalmente. Anche piuttosto cicciose, molto autoreferenziali, nessun dibattito col nemico, un sacco di complimenti reciproci: quanto sei figo, quanto lo sei tu, quanto siamo fighissimi! E allora, fighissimi, fuori dal Parlamento, ha detto Grillo. Andate da un amico, un collega, un parente. Andate e convertiteli.