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 2014  ottobre 12 Domenica calendario

DAL NOSTRO INVIATO GENOVA

Il magistrato che ha bloccato il cantiere sul tratto finale del Bisagno, il presidente del Tar della Liguria che il 21 febbraio del 2013 ha accolto il ricorso delle società perdenti e alimentato una battaglia giudiziaria ancora in corso, il giudice messo in croce (insieme ai colleghi Richard Goso e Paolo Peruggia) in queste ore dagli amministratori locali conosce bene le malignità della politica. Giuseppe Caruso, quando nel 1999 guidava l’Associazione nazionale magistrati amministrativi, difendeva così la categoria: «La verità è che non viene comunque tollerato un giudizio che dà torto all’amministrazione, imponendole scelte diverse (ad esempio sui vincitori delle gare)». Non parlava del Bisagno, ma il concetto è chiaro.
Catanese, 58 anni, Caruso ha un curriculum di tutto rispetto in tema di appalti e tutela del territorio. È coordinatore della sottocommissione Vas (Valutazione ambientale strategica) del ministero dell’Ambiente. In quasi trent’anni di carriera ha collezionato una lunga serie di incarichi: consigliere del ministro della Protezione civile, poi per lo Sviluppo economico sia con D’Antoni che con Scajola. E ancora, consulente per l’Agenzia laziale per la difesa del suolo, esperto di un paio di assessorati regionali siciliani, nonché docente in innumerevoli corsi universitari. Tra cui uno, nel lontano 1991, per l’ateneo di Catania sugli “Aspetti giuridici connessi all’organizzazione dei soccorsi durante le grandi calamità”. Non poteva immaginare che più di vent’anni dopo un’alluvione l’avrebbe messo al centro delle polemiche. A cui in fondo Caruso ha già ribattuto nel 1999: «Sarebbe preferibile, invece di inveire contro il medico, cercare di prevenire la malattia, risolvendo una volta per tutte la scarsa qualità dei progetti che rappresenta la ragione sostanziale di arenamento delle opere pubbliche».
R.Bru.