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 2014  ottobre 12 Domenica calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 8

(La guerra dei nostri nonni)

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MASSACRI SUL CARSO –
Dio. Dal diario di guerra di Silvio D’Amico: «In un reggimento di fanteria avviene un’insurrezione. Si tirano colpi di fucile, si grida "non vogliamo andare in trincea". Il colonnello ordina un’inchiesta, ma i colpevoli non sono scoperti. Allora comanda che siano estratti a sorte dieci uomini; e siano fucilati. Ma i fatti erano avvenuti il 28 del mese, e il giudizio fu pronunciato il 30. Il 29 del mese erano arrivati i "complementi", uomini inviati a colmare i vuoti aperti dalle battaglie. Si domanda al colonnello: "Dobbiamo imbussolare anche i nomi dei complementi? Essi non possono aver preso parte al tumulto del 28: sono arrivati il 29". Il colonnello risponde: "Imbussolate tutti i nomi". Su dieci uomini da fucilare, due degli estratti sono arrivati il 29, e non possono essere colpevoli di nulla. All’ora della fucilazione la scena è feroce. Uno dei due complementi è svenuto. Ma l’altro, bendato, cerca col viso da che parte sia il comandante, chiamando a gran voce: "Signor colonnello! signor colonnello!". Si fa un silenzio di tomba. Il colonnello deve rispondere. "Che c’è, figliuolo?". L’uomo bendato grida: "Signor colonnello! Io sono della classe ’75. Io sono padre di famiglia. Io il giorno 28 non c’ero. In nome di Dio!". Risponde paterno il colonnello: "Figliuolo, io non posso cercare tutti quelli che c’erano e che non c’erano. La nostra giustizia fa quel che può. Se tu sei innocente, Dio ne terrà conto. Confida in Dio"».
Palo. Violazioni minori sono punite legando il colpevole a un palo, in piedi sulla trincea, esposto al fuoco nemico. «Così si risparmiano pallottole».
Carso. Sul Carso per almeno sei volte gli austriaci interruppero il fuoco e gridarono agli italiani di tornare indietro, di non farsi massacrare così.
Mrzli. Sul monte Mrzli e sullo Sleme, vicino a Caporetto, gli italiani attaccano sempre in salita, qualche volta in scalata, uno per volta. Sono un bersaglio facilissimo. L’ufficiale degli alpini telefona al comando e avverte che l’attacco non ha alcun senso. Il comando chiede quanti sono i caduti. «Una trentina di uomini». Così pochi? «Si riprenda l’azione» è l’ordine. Ma gli austriaci hanno montato una mitragliatrice. Il maggiore ritelefona al comando e chiede ancora di interrompere l’azione. Gli rispondono ancora di no. Dopo un conciliabolo serrato, il maggiore fu visto gettare il microfono. Al suo aiutante disse, pacatamente, con quella sua brevità austera e triste: «Esco io. È il solo mezzo per far cessare l’attacco». Si buttò fuori, solo; ricadde sul mucchio dei suoi alpini. E l’azione fu sospesa.
Fanti. Nel primo mese di guerra, l’Italia perse 20mila fanti.
Metri. Gadda e Ungaretti combatterono a pochi metri di distanza senza mai incontrarsi.
Morte. Gadda, che a un amico raccomandò, qualora fosse morto, di scrivere un annuncio più semplice possibile: evitare «patria, onore, fervida gioventù, fiore di giovinezza, odiato nemico, orgoglioso e commosso, eccettera». Sarebbe bastato: «È caduto in combattimento».
Roncalli. Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, richiamato non volle fare il cappellano, ma prese servizio come sergente nella 3ª compagnia sanità.
Orfani. I figli nati dagli stupri sulle italiane di austriaci e tedeschi sono ricoverati in un ospizio chiamato Istituto San Filippo Neri. Molti di questi bambini morirono perché le madri se ne liberarono. Altre madri invece non riuscivano a dimenticarli e nei giorni in cui il marito non c’era andavano a trovarli. Finì che il segretario del San Filippo Neri scrisse a queste donne intimando che se ne stessero a casa.
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 12/10/2014