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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

PANIZ SOGNA LA CORTE E TROVA FEDE

Milano
Ad ascoltare la geometrica requisitoria del sostituto procuratore generale Piero de Petris, ieri mattina a Milano, non c’erano gli imputati del processo d’appello Ruby 2, Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora, condannati in primo grado per induzione e favoreggiamento alla prostituzione, anche minorile. C’erano i loro avvocati e, in prima fila, Maurizio Paniz, il nuovo difensore di Fede. Ha ascoltato De Petris ricostruire la “sistemica attività di prostituzione”: “Non si tratta di vergini offerte al drago, ma di ragazze che già esercitavano la prostituzione”. Poi le sue richieste di pena: 7 anni per Fede, 5 per Minetti. La riconferma delle condanne di primo grado. Per Mora, una condanna complessiva di 7 anni e 3 mesi, comprensiva anche del reato di bancarotta (invece di 11 anni e 3 mesi), in cambio della sua scelta di rinunciare a difendersi in appello, annunciata dal difensore Gianluca Maris. Uno sconto di pena con “la massima estensione delle attenuanti generiche ” perché Mora “ha intrapreso un percorso di rivisitazione critica del suo operato”. Paniz ha ascoltato in silenzio. Non consiglierà al suo assistito di rinunciare a difendersi. Ne sosterrà invece fino in fondo l’innocenza. Del resto, Ruby non era la nipote di Mubarak? Era il 3 febbraio 2011 quando Paniz, alla Camera dei deputati, aveva difeso Silvio Berlusconi sostenendo che l’allora presidente del Consiglio era convinto che la marocchina Ruby fosse la nipote del presidente egiziano. Per questo era intervenuto per far liberare la ragazza minorenne, rinchiusa in una stanza della questura di Milano nella notte del 27 maggio 2010. “Egli telefonò, sì, telefonò! Ma lo fece senza esercitare pressioni di sorta! Per chiedere un’informazione , nella convinzione, vera o sbagliata che fosse, che Karima El Mahroug fosse parente di un presidente di Stato. Sapete meglio di me che la tutela dei rapporti internazionali passa anche attraverso telefonate come questa!”.
Gli applausi dell’allora maggioranza berlusconiana si erano mischiati alle bordate di fischi delle opposizioni, alle urla. La bolgia, alla fine, aveva partorito un voto: rifiutata la richiesta dei magistrati di Milano di poter perquisire gli uffici del ragionier Giuseppe Spinelli detto Spinaus, l’uomo che teneva la contabilità di Silvio, sulla cui porta, a Milano 2, avevano trovato la targa: “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. La maggioranza dei deputati aveva mostrato di credere alle argomentazioni di Paniz. Ai fischi aveva risposto: “Continuate pure, voi lavorate per denigrare il premier, lui e noi invece lavoriamo per l’Italia, solo per l’Italia! Questa è la differenza!”. Poi l’avvocato bellunese, diventato noto al grande pubblico per aver tirato fuori dai guai un ingegnere friulano accusato di essere Unabomber, era passato a difendere Valter Lavitola, protagonista dell’inchiesta napoletana che ha fatto tanto soffrire Berlusconi. Nel 2012 una sua denuncia per una frase ritenuta offensiva della sua onorabilità ha portato alla chiusura del portale Vajont.info e al blocco di centinaia di siti web. Alle Politiche del 2013 non è stato rieletto in Parlamento. Ieri si è ripresentato in toga davanti ai giudici della corte d’appello di Milano, con la mission di salvare Fede. Ma ha un sogno segreto: tornare a Roma e indossare la più prestigiosa delle toghe, quella di giudice costituzionale. Dopo le bocciature a raffica delle settimane scorse, in Parlamento potrebbe essere proposto il suo nome per la Consulta. Nulla è impossibile, per l’uomo che ha convinto la maggioranza dei deputati italiani che Ruby è la nipote di Mubarak.
Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano 11/10/2014