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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

BEPPE IL NON-LEADER CHE DECIDE TUTTO NEL CIRCO MASSIMO FORMATO TENDOPOLI

ROMA
«Siamo una base senza leader», mente Beppe Grillo — il vero e unico leader dei Cinquestelle — entrando al Circo Massimo, e naturalmente non gli crede nessuno. Perché sono tutti qui ad aspettare Beppe, il non-leader che decide tutto lui, lasciando deserti i 199 gazebo bianchi che a Ben Hur sembrerebbero un accampamento romano mentre Grillo, che li guarda soddisfatto dal palco li paragona in un lampo di autoironia a «un campo profughi di Kabul», prima di cominciare il suo comizio gridando a Renzi, a Napolitano, a Berlusconi, alle multinazionali e ai cattivi di tutto il mondo uniti il suo interminabile «basta, basta, basta, basta, basta, basta, basta, basta!».
Ma dove siamo? Cosa c’è stasera nell’arena del Circo Massimo? Viste dall’alto le 199 tende bianche vorrebbero disegnare la sagoma dell’Italia, un panorama bizzarro che una comitiva di giapponesi fotografa divertita dal belvedere di Romolo e Remo. Viste da quaggiù invece sono due lunghi corridoi un po’ tortuosi che conducono davanti a un maxipalco modello Rolling Stones dal quale, prima che Beppe cominciasse a diffondere il Verbo, una tempesta di musica rap si è abbattuta sui ragazzi con lo zainetto e sui pensionati col gilet da esploratore, sulla signore col cagnolino e sui cinquantenni con la bici, sulle ventenni in minigonna e sui militanti con la maschera di Anonymous. I quali, nell’attesa del non-leader, passavano il tempo a fotografarsi a vicenda, davanti al bandierone quadrato con il simbolo del movimento.
Certo, quella che vorrebbe essere la versione pentastellata della Festa dell’Unità non somiglia granché al modello originale. Non ci sono i tendoni per i dibattiti, per esempio, per la semplicissima ragione che non è previsto alcun dibattito. Non ci sono ospiti degli altri partiti, per carità. E soprattutto non si sente il profumo della salsiccia alla brace, ad arrostire la quale si sono eroicamente cimentate generazioni di militanti emiliani. Qui il menu prevede «cibi sani, ecosostenibili e a chilometri zero», ovvero insalata di farro, cous cous vegano e, per chi proprio cerca una botta di vita, pizza bianca con la mortadella. Non si paga, si offre. Nel senso che tu fai l’offerta, avverte il cartello, «e noi ti offriremo da mangiare e da bere» (però se non molli sei euro te la puoi scordare, l’insalata di farro).
Gli stand sono quasi tutti vuoti (a parte il militante di guardia incollato al suo noteboook) perché «le giornate clou saranno sabato e domenica», e si animano raramente. Per esempio quando passano Grillo e Casaleggio su una minicar elettrica scoperta, come due giocatori di golf che perlustrano il green. O quando arriva il non-delfino, Luigi Di Maio, elegante come un dandy napoletano a Capri, che con la solita aria furbo-candida ripete socratianamente «noi sappiamo di non sapere», e se la prende con i giornalisti che gli chiedono se sarà lui il prossimo non-leader: «Che palle, ragazzi, pure qui?». O quando spunta Alessandro Di Battista, in completo jeans, che accetta tutti gli inviti a farsi i selfie con le ragazzine e poi se ne va gridando a tutti «Siela te mitici!».
Il gazebo più affollato è quello delle stampanti in 3d, dove un simpatico giovanotto spiega che «si tratta di un’idea semplicissima, un microprocessore applicato a un microcontrollore», e che «entro il 2020 ce ne sarà una in ogni casa». Scusi, domanda uno, ma lei è del movimento? «Mio fratello» ammette lui. «Però io ho il tatuaggio», aggiunge, mostrando una V stampata sul braccio (ma non in 3d). Ma perché sono qui, questi pentastellati? Per mostrare che sono in tanti (ma non tantissimi, almeno ieri). Per fare due chiacchiere con gli eletti. Non certo per criticare, però. La linea dura di Grillo non si discute. «Stiamo facendo una lotta all’ultimo sangue» dice Vittorio, ferroviere siciliano «cresciuto a pane e comunismo» ma ormai elettore pentito del Pd: «Grillo mi sta sui coglioni ma è ora di mandare via questi signori!». «L’ostruzionismo? Fanno benissimo, di fronte all’ingiustizia ogni reazione è lecita» sostiene Maria Concetta, emiliana di Formigine. «Questi sono uno peggio dell’altro, mai allearsi con nessuno » avverte Clara, di Villafranca di Verona. «Puntiamo alla maggioranza relativa e poi governiamo noi» spiega Daniele, di Forlì. Possibile che non abbiano commesso neanche un errore, Grillo e i suoi? «Forse è stato un po’ prematuro dire “o loro o noi”, perché loro si sono compattati e non è passato più niente» ammette Claudio Di Giangiacomo. Una sola voce va controcorrente, quella di una anziana signora romana — Maria Agnese — che interpella, pazientemente, tutti i parlamentari che incontra. «Dovevamo trattare subito con Bersani. Stare soli e non arrivare a niente non mi sembra un gran risultato». Ma forse è l’unica, qui al Circo Massimo, a pensarla così.
Sebastiano Messina, la Repubblica 11/10/2014