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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

COSÌ INVENTO GIARDINI SUI TERRAZZINI DI CITTÀ

Era lo scorso giugno quando il paesaggista Stefano Baccari viene chiamato in Spagna. A cercare Baccari, autore d’incredibili selve in terrazzini metropolitani, sofisticate praterie di graminacee su tetti di fabbriche e giardini inno alla biodiversità con miriadi di piante, erbe e fiori commestibili (tra i suoi lavori più noti quelli a Milano per Pomellato e le case-studio degli architetti Paola Navone e Patrizia Urquiola e a Punta del Este per la villa di Paola Marzotto. In corso quelli nella casa in campagna di Fedele Confalonieri e sul Monte di Portofino per l’architetto Terry Dwan) sono i responsabili di Massimo Dutti, nome italiano inventato del marchio d’abbigliamento per uomo, donna e bambini (681 negozi in 60 Paesi) del gruppo spagnolo Inditex di Amancio Ortega, fondatore di Zara e 3° uomo più ricco al mondo.
Per il nuovo «flagship store» Dutti al 48 di calle Serrano, nel cuore di Madrid (4 piani,1330 mq) i manager di Ortega hanno un problema: l’inaugurazione è prevista il 5 settembre ma il palazzo di fine Ottocento ristrutturato ha grandi finestre che s’affacciano su uno spazio strettissimo. 35 metri di lunghezza per 5, più che un cortile un desolante corridoio. Che fare? «Con mio stupore - in Spagna ci sono bravissimi architetti paesaggisti - attraverso amici mi chiedono un progetto. Sarà perché sono italiano?», ride Stefano Baccari, 56 anni, cresciuto in un collegio a Chiavari, laurea in scenografia all’Accademia di Brera. «Forse pensavano a un bosco verticale. Detesto! A luglio ho presentato 3 proposte. Hanno scelto quella del giardino che non si vede».
Descrizione. Baccari fa costruire lungo la corte un muro alto 2 metri di ladrillos, i tipici mattoni rossi. In questo modo, al di là del muro, ottiene una profonda vasca di terra dove pianta una fila di grandi cipressi; ai loro piedi crea quello che chiama «pasticcio vegetale» con svariate essenze mediterranee e roselline banxia che s’arrampicano sui tronchi. Al di qua del muro una scala di pietra punteggiata da cespugli sale verso il giardino abbandonato che dovrebbe aprirsi oltre i cipressi. Giardino che, in realtà, non c’è. Racconta: «Abbiamo iniziato il primo d’agosto il 25 abbiamo finito. A Madrid ho respirato un’aria magnifica. Ho trovato gente giovane ed entusiasta. Mi hanno dato carta bianca, non ho neanche dovuto presentare un preventivo! Ma c’è di più. Non conoscendo la città avevo solo chiesto la collaborazione di un esperto. Loro mi hanno affidato all’architetto Fernando Valero Artola, mega paesaggista e persona stupenda. Abbiamo avuto un ottimo rapporto, altro che certi colleghi italiani...». Baccari, a chi allude? «Non certo ai nostri grandi maestri come il mitico Ippolito Pizzetti o Paolo Pejrone che con me è stato sempre gentilissimo! Mi spiego: dopo anni di lavoro nel mondo della moda - ho cominciato da Biki e finito con Valentino - non ne potevo più. Al Centro Botanico conobbi Pizzetti, è lui che mi ha conquistato con la sua passione; Cristiana Serra Zanetti mi ha poi introdotto nel mestiere. Alludevo a giovani come Marco Bay o a Sophie Amboise: li stimo molto per il loro lavoro. Ma, a volte, neanche mi salutano». E’ l’ora di un tè nell’affascinante casa milanese di Stefano, all’ultimo piano di una palazzina inizio Novecento. Tanto tempo fa lì accanto viveva Maria Callas, ora lui ha schermato con tropicali foglie d’elefante e datura la vista sul cratere del megacantiere nell’ex Fiera Campionaria. Il terrazzino a Sud con mandarini e un chinotto è sommerso dal verde («Sono affascinato dalla tessitura del fogliame più che dalle fioriture») di un superbo giardino. Le rosse foglie di vite del Canada sembrano un festone su un pino piantato dopo un lontano Natale.
Spiega Baccari: «Non ci sono piante brutte o belle, dipende dove le metti e come le usi. Le graminacee? Ormai sono troppo trendy! Ciò che più m’attira è la capacità d’adattamento della natura, per questo ho una grandissima passione per le piante spontanee considerate erbacce. Hanno bisogni modesti, sono ben più forti di quelle selezionate. Non vanno combattute. Anzi. Fatte esplodere. Io ho solo la visione di un giardino ma è la natura a creare l’effetto finale».
Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 11/10/2014