Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 11 Sabato calendario

IBRIDE, LE SCARPE

COI PIEDI PER TERRA
Per le ragazze suole da guerra, maschili, ma alte dieci centimetri Una “piattaforma” per camminare meglio su un difficile presente

Roselina Salemi

Dove andranno mai queste ragazze montate su suole carrarmato, su scarponcini da guerra impreziositi da cristalli e perle? In principio erano i tacchi. Dopo è arrivato il plateau, poi sono tornate le zeppe, e adesso trionfa la scarpa stringata da uomo, il mocassino, le vecchia Dr Martens, la All Star e simili, ma montate su una piattaforma che va da due a dieci centimetri, bianca, colorata, scolpita, per correre non sappiamo verso dove.
Quando sono comparsi i primi esemplari di queste calzature ibride, e diciamolo, poco aggraziate, tutti le hanno giudicate bruttissime. Ma ci sarà pure un motivo se sono piaciute alle it-girl (le solite, eh: Cara Delevingne, Olivia Palermo, Alice Dellal, Kendall Jenner, Alexa Chung) e agli stilisti. Se una giornalista snobissima come Susy Menkes dell’«Herald Tribune» ha trovato adorabili le Coliac disegnate da Martina Grasselli due anni fa - scarpa maschile e manciate di pietre sopra -, significa che qualcosa sta cambiando.
Il concetto di «platform» (conquistare altezza in qualsiasi modo, tranne che con il solito tacco) è stato declinato con infinite definizioni e variazioni. Ginniche hip hop, di Versace, con testa di Medusa. Creepers-gioiello di Rochas, scintillanti, da portare con le parigine e il kilt (citazione degli Anni 80). Monk strap futuriste (Kenzo). Bootie con il tacco così grosso da sembrare una zeppa (Jimmy Choo). Basket shoes coloratissime (follia di Jeremy Scott per Adidas), abbinate a un poncho. Sneaker couture, come quelle di Chanel, in tweed, bouclé e velluto, maxiborchie 3D e Pvc, oppure rese frivole dalle piume (Valentino).

Stella McCartney ha mandato in passerella stringate nere, poggiate su platform arancio bruciato e carrarmato bianco. Marc Jacobs ha messo una sua suola design sotto le sneaker da combattimento, Miuccia Prada ha fatto sfilare le modelle con sandali rossi, grigi o color latte che, nonostante l’essenziale eleganza, hanno qualcosa di vagamente militare e ha rallegrato la scarpa maschile con divertenti basi a righe. Jil Sander ci racconta la storia di una donna lieve, vestita di bianco, lilla e di arancio, ma con il buonsenso della stringata da lunga marcia. Susana Traça, «shoe designer» originaria dell’Angola e portoghese di formazione, ha addirittura montato una super-super-pantofola in tessuto bouclé su quei centimetri che hanno la differenza. Mentre chi le «sportive» le ha nel Dna come Lumberjack, si sbizzarrisce con la vernice viola.
Veronica Benini, italo-argentina, autrice di un paio di libri (l’ultimo ebook è «12 regole per essere felici sui tacchi» pubblicato da Sperling & Kupfer, indispensabile per camminare nella maniera giusta) che tiene corsi in tutta Italia, ha una sua interpretazione: «Certo che queste scarpe hanno un significato. Lo stiletto è sexy, obbliga a spostare indietro il bacino e lancia un chiaro segnale di disponibilità. La zeppa ti alza, ma ha un’attitudine meno aggressiva, soprattutto nei confronti delle altre donne. Le platform, anche esagerate, sono sicuramente più comode e sono la risposta della moda alla crisi. Servono a stare con piedi per terra, con carrarmati adatti a terreni difficili come il nostro presente, a sollevarci e contemporaneamente a spingerci più in alto senza chiedere aiuto. Rappresentano una forma di ribellione sociale, sono un segnale. Non è un caso che il design vada a pescare nel mondo dello sport, della competizione o in quello del punk, anche se le borchie diventano strass. Anni fa i ragazzi portavano gli anfibi per sentirsi più forti durante quel periodo infernale che è l’adolescenza. Oggi ne abbiamo bisogno noi».
Pur non essendo antropologhe metropolitane, possiamo concordare. E possiamo anche pensare che i modelli rubati a «lui» siano un altro modo per fargli le scarpe. L’acquisto è più che giustificato.