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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

Il messaggio di Malala arriva via email. Due ore dopo una conferenza stampa in cui ha parlato al mondo in inglese, in urdu e in pashto, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la Pace ha trovato il tempo di prendere l’iPad per rispondere alla posta privata

Il messaggio di Malala arriva via email. Due ore dopo una conferenza stampa in cui ha parlato al mondo in inglese, in urdu e in pashto, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la Pace ha trovato il tempo di prendere l’iPad per rispondere alla posta privata. «Continuerò la campagna per l’istruzione…», ci dice riflettendo sul suo futuro. E poi, con un grande punto esclamativo giura: «Non mi fermerò mai!». A casa Yousafzai, a Birmingham, ieri mattina, non c’era una famiglia riunita in ansiosa attesa dell’annuncio del Nobel. La vittoria è stata una sorpresa per Malala: l’ha saputo a scuola durante una lezione di chimica sull’elettrolisi. E questo anche perché non era il Nobel (più atteso semmai l’anno scorso), ma un altro l’evento intorno al quale gira negli ultimi tempi la vita della diciassettenne scampata ai TTP, i talebani pachistani: si tratta dei temuti GCSE, gli esami di scuola secondaria inglesi. «Malala è impegnatissima», ci ha scritto giovedì scorso Ziauddin, il papà. Talmente impegnata, ci raccontava, da non avere il tempo di leggere nulla al di fuori dei libri di scuola. «Uomini e topi» di Steinbeck è stato uno degli ultimi, come richiesto dal programma scolastico. «Sì, è totalmente concentrata, ma tutto finirà a giugno». Invece, con il Nobel, i riflettori sono di nuovo e più che mai puntati su di lei. Non c’è nessuno che sia più fiero di Ziauddin dell’attivismo di Malala. «Non mi ha mai tarpato le ali», lo ringrazia sempre lei. Ma da buon ex insegnante e preside ha imposto delle regole: la lotta per il diritto universale all’istruzione è da condursi solo nei weekend e durante le vacanze, in particolare quelle estive; in più, al massimo, le permette una telefonata alla settimana per il Malala Fund, la sua fondazione no-profit. Tanto che, l’anno scorso, quando una Ong italiana invitò Malala a Roma con l’ipotesi di farla incontrare con il Papa, Ziauddin si disse onorato ma declinò, perché l’evento avrebbe coinciso con l’inizio dell’anno scolastico. «Voglio che vada a scuola, faccia i compiti e si riposi». E’ soprattutto in estate che Malala si trasforma in supereroina: se l’anno scorso ha parlato alle Nazioni Unite, il suo primo discorso pubblico dopo l’attentato, quest’anno ha festeggiato il diciassettesimo compleanno in Nigeria, negoziando un incontro tra il presidente Goodluck Jonathan e le famiglie delle duecento ragazze rapite da Boko Haram. Alla fine, pensierosa, ha confidato al papà: «La prossima volta dobbiamo andare a Gaza». Alle coetanee di Birmingham che le chiedono cosa si provi a incontrare la Regina e Obama (ha una nuova migliore amica, dedita a salvare i gatti abbandonati) Malala ha spiegato che in fondo «sono persone anche loro». Certo, però, quando due mesi fa ha chattato con Justin Bieber, sulla sua faccia c’era stampato un inconfondibile ghigno beato da adolescente. Ma una cosa è chiara: il Nobel è diverso per lei dai tanti premi ricevuti. «E’ davvero un incoraggiamento ad andare avanti», ha detto ieri parlando a braccio da esperta oratrice (che continua a sognare di diventare premier del Pakistan). Malala è cresciuta. La bambina che pregava Dio di regalarle altri quattro centimetri d’altezza è oggi un modello per la sua generazione. Dopo la conferenza stampa ha stretto a sé la famiglia: mamma Torpekai, che sta studiando l’inglese (e il mese scorso ha parlato in pubblico, lei che non si faceva neppure vedere dagli uomini estranei); il papà, che sta imparando a lavare i piatti, e Khushal e Atal, che si beccano i rimproveri della sorella se non fanno i compiti («Parlo di democrazia e di libertà di espressione, ma a casa divento una dittatrice!»). Come con tutti i supereroi, ciò che più incuriosisce di Malala è proprio questo: quel che accade quando ripone maschera e mantello. Chi la conosce sa che non è (solo) ciò che ti aspetteresti. «Mi vedono come la ragazza sopravvissuta ai talebani. È un’immagine di brava ragazza. Non si aspettano che io sia un pochino impertinente. Ma lo sono, un pochino». @viviana_mazza