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 2014  ottobre 09 Giovedì calendario

CORSIVI

Il capo del personale della Volkswagen ha dunque annunciato che i prossimi operai che andranno in pensione verranno sostituiti da robot. Trattandosi di tedeschi, sulle prime non sarà facile cogliere la differenza. Ma la scelta ha una sua logica e una motivazione inoppugnabile: i robot costano meno. Persino meno di un cinese, che un po’ di riso lo deve pure mangiare. Rimane però irrisolta la questione di fondo. Oltre che per la realizzazione individuale - privilegio di una minoranza di fortunati - il lavoro è stato pensato per corrispondere agli esseri umani i mezzi per il loro sostentamento. Finora lavoratore e consumatore sono stati la stessa persona. Ma se il primo diventa un robot, che ne sarà del secondo? Per chi verranno prodotti i beni di massa se la massa non avrà più un lavoro e quindi il denaro per acquistarli? La riduzione dei costi non potrà durare all’infinito e arriverà un momento in cui i manager dovranno tornare a chiedersi come aumentare i ricavi. Si tratta di problemi epocali, che possono non interessare chi deve fare quadrare i bilanci a fine anno, ma che interrogano chiunque abbia a cuore il futuro dell’umanità: tutti, si presume. Più tecnologia e più rendite uguale meno occupazione e meno benessere. L’equazione al momento è questa. Ma può cambiare, almeno per chi rifiuta il vittimismo e non crede alla profezia di una civiltà che implode su se stessa. La fine dei vecchi lavori non significa la fine del lavoro. Anticipa soltanto la nascita di quelli nuovi. Indietro non si torna, ma per fortuna non si rimarrà fermi ancora a lungo in questo limbo di paura. Nel frattempo bisogna resistere, prepararsi. E immaginare.