Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

LA «CANDIDATA» DI ORLANDO NON CEDE: C’È IL TAR, DEVO DIFENDERE IL MIO ONORE


ROMA «Attenti, fate le verifiche perché, a Palazzo dei Marescialli, ve la rimandano a casa la professoressa di Napoli portata dal ministro della Giustizia...». L’allarme sui requisiti di eleggibilità al Csm per la professoressa Teresa Bene, lanciato per tempo da pochi, avvertiti, parlamentari del Pd, è stato ignorato da tutti: dal Guardasigilli, dai suoi uffici di stretta collaborazione, dai capigruppo dem di Senato e Camera. Tutti hanno lasciato correre nella speranza che la commissione verifica titoli del consiglio non si mettesse, poi, a spaccare il capello. Invece, è andata diversamente. Con una specie di psicodramma imbarazzante che si è consumato davanti agli occhi del Presidente.
Giovane professoressa di Giurisprudenza alla II Università di Napoli, avvocato, già collaboratrice (a titolo gratuito) del ministro Andrea Orlando quando era all’Ambiente, ben inserita nel giro dei magistrati partenopei che contano nel governo, Teresa Bene è riuscita stabilire un record: la sua permanenza in plenum è durata 10 minuti.
Quando il consiglio ha decretato all’unanimità di non convalidare la sua elezione, dopo averla ascoltata in una sorta di arringa difensiva, lei ha detto: «Mi assento», accennando un leggero inchino rivolto al presidente della Repubblica. Poi ha abbandonato in fretta l’aula «Bachelet», nel gelo dei presenti. E a chi l’ha inseguita fuori dal Palazzo ha detto poche, taglienti parole: «Ho dato la mia disponibilità per il Csm nella consapevolezza di possedere i requisiti di eleggibilità. Sono andata al giuramento al Quirinale con questa certezza... Ora devo riflettere sulle prossime mosse, per questo non vorrei aggiungere altro sul merito».
Davanti a Giorgio Napolitano, la professoressa Bene ha detto: «Accetto con serenità questa decisione ma anche con molto stupore perché la ritengo un errore in quanto sono stati violati i miei diritti». Questo vuol dire che la partita è chiusa? Che non ci sarà un’azione legale contro il Csm? «Che il ricorso vada fatto al Tar — risponde la professoressa — non lo dico io ma lo stabilisce la legge». E quindi, a questo punto, è prevedibile un contenzioso capace anche di interferire con la convocazione del Parlamento in seduta comune per l’elezione di chi dovrà sostituire Teresa Bene. L’interessata la mette così: «Una cosa è certa, ora parlerò con gli atti e gli atti mi daranno ragione». La professoressa è pronta a dare battaglia con il rischio però di far straripare l’imbarazzo di chi, in via Arenula, l’ha sponsorizzata accettando pure qualche rischio: «Io — dice l’interessata al Corriere — a questo punto devo tutelare la mia onorabilità. Devo difendermi personalmente e professionalmente da quello che ritengo un errore. Ho accettato la decisione in questa sede (il Csm, ndr ) anche perché c’era il capo dello Stato. Ma in altre sedi dovrò difendermi...».
Se Teresa Bene deve ringraziare chi l’ha portata fino alla soglia del Csm, certamente non avrà gradito di essere inciampata nei requisiti di eleggibilità proprio per mano di una donna. L’inflessibile e stimatissima Maria Rosaria San Giorgio (sezioni unite della Cassazione, neo eletta in Consiglio per Unicost) che ha letto la relazione della commissione verifica titoli senza un accenno di esitazione: «Si propone di non convalidare l’elezione a componente del Csm dell’avvocato Teresa Bene», ha detto la «togata» con tono neutro. Ma definitivo.