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 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

LA TURCHIA SI UNISCE ALLA COALIZIONE CONTRO IL CALIFFATO

KOBANE.
A Kobane le milizie del Califfato sono sempre più vicine al confine con la Turchia che ha schierato i suo carri armati sul versante occidentale della città siriana a un passo dai reticolati della frontiera mentre si intensificano i raid aerei americani nel tentativo di frenare l’avanzata dell’Isil. Gli eventi incalzano e il presidente Erdogan ha chiesto il voto del Parlamento per imprimere una svolta alla politica dell’alleato più esitante degli Stati Uniti: domani dovrebbe arrivare il via libera alla partecipazione della Turchia nella coalizione internazionale e a un intervento armato in Siria e Iraq contro il Califfato.
Non sarebbe un passo di poco conto perché la Turchia è un membro storico della Nato e lo stesso Erdogan ha chiesto insistentemente al presidente americano Barack Obama il sostegno della comunità internazionale. Del resto rimanere a guardare per Ankara è quasi impossibile: sono 1.300 i chilometri di confine con Siria e Iraq e l’afflusso dei profughi ha toccato il milione e mezzo. Inoltre queste frontiere sono in area a maggioranza curda, un nervo ultrasensibile per la Turchia che pure ha fatto molti passi avanti nei rapporti con la minoranza curda durante il governo dell’Akp di Erdogan fino all’apertura di una trattativa con il capo storico del Pkk, Abdullah Ocalan.
Ma c’è molto altro, il non detto di questa situazione. Erdogan, sempre più orientato a dare un’impronta islamica al Paese, con la sua politica filo-sunnita interpretata come uno strumento per una proiezione strategica dell’influenza regionale turca, è stato negli ultimi tre anni da primo ministro uno dei maggiori responsabili dell’afflusso dei jihadisti anti-Assad in Siria, che poi sono sfuggiti al suo controllo e quello dei loro maggiori sponsor, le monarchie del Golfo. E la minaccia non è solo esterna - i jihadisti hanno sconvolto i confini regionali - ma anche interna: si calcola che il 10% della guerriglia dell’Isil sia di nazionalità turca mentre i tagliatori di teste di origine europea sono quasi tutti arrivati in Siria attraversando i permissivi confini della Turchia.
Muovendo contro il Califfato adesso Erdogan rischia di aiutare non soltanto i curdi siriani, in buona parte affiliati al Pkk di Ocalan, ma anche Bashar Assad: una sorta di paradosso, quasi una nemesi, per colui che ne aveva pronosticato nel 2011 la rapida caduta. Ecco perché la svolta per Erdogan è stata finora così complicata e sofferta. Gli stivali sul terreno in direzione della Siria i militari di Ankara li hanno già. Insieme a 50 carri armati sono stati mobilitati circa 10mila uomini per un’operazione che non è ancora dato sapere quando comincerà né dove si spingerà: lo decide in queste ore il gabinetto riunito con il capo di stato maggiore Necdet Ozel. I piani potrebbero andare da un intervento minimo, come respingere a distanza i guerriglieri di Abu Bakr Baghdadi, fino alla creazione di una fascia di sicurezza in alcuni punti del confine per contenere i jihadisti e anche migliaia di profughi che premonono alle frontiere.
L’incognita è il fattore Kobane, un tempo la terza città curda della Siria, sotto assedio da oltre due settimane: la sua caduta potrebbe rappresentare una vittoria strategica per il Califfato ma anche una sfida alla Turchia con riflessi interni da non sottovalutare.
Con un gesto coraggioso e spettacolare il leader del principale partito curdo di Turchia, Salahattin Demirtas, che alle presidenziali di agosto ha sfiorato il 10%, si è recato ieri a Kobane lanciando un appello ad Ankara per intervenire rapidamente a sostegno dei curdi nella battaglia contro i combattenti islamici. Demirtas è passato dal valico di Mursitpinar, lasciato libero dalle guardie di frontiera da giorni sotto pressione per l’afflusso costante di volontari curdi in perenne tensione con la gendarmeria turca. «Non possiamo starcene fuori» aveva dichiarato Erdogan qualche giorno fa a proposito della guerra al Califfato. E forse è uno dei non molti pronostici in politica estera centrati negli ultimi tempi dal presidente.
A. N., Il Sole 24 Ore 1/10/2014