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 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

LA TRISTE PARABOLA DI DE FALCO, DA EROE A VITTIMA DI SE STESSO

Nell’immaginario collettivo la tragedia della Costa Concordia, la nave che il 13 gennaio 2012, per fare un «inchino» all’Isola del Giglio, urta uno scoglio e s’inabissa, provocando la morte di 32 persone, ha un eroe e un anti-eroe. Il primo è il capitano di fregata Gregorio De Falco, quello che a un certo punto chiama il secondo, il comandante Francesco Schettino, e gli intima: «Salga a bordo, cazzo». Nei giorni scorsi il nome di De Falco è tornato sulle prime pagine dei giornali per via del suo trasferimento dal settore operativo della Capitaneria di Livorno a un ufficio amministrativo. De Falco ha protestato, parlando di assurda punizione. Ma è davvero così? Chi entra in Capitaneria sa che vagherà da nord a sud, da est a ovest. In ogni Capitaneria gli incarichi che, nell’arco di una carriera, vengono ricoperti, sono decine, perché c’è un’incredibile trasversalità di competenze: soccorso in mare, assistenza alla navigazione, tutela dell’ambiente, amministrazione del demanio, tutela dei beni archeologici sommersi, tre milioni di pratiche amministrative l’anno da sbrigare, patenti nautiche, ecc. Un buon ufficiale sa che mai svolgerà lo stesso ruolo per troppi anni.

Il caso De Falco, dunque, è «straordinario» perché il capitano di fregata è rimasto nella stessa citta, Livorno, e con lo stesso ruolo operativo, per nove lunghi anni. L’avvicendamento non è un «capriccio», ma dà la possibilità ad altri ufficiali di svolgere quell’incarico. Quella di De Falco, insomma, è una normale, fisiologica rotazione prevista nelle norme d’impiego degli ufficiali. De Falco, inoltre, per ottenere spiegazioni sul perché del trasferimento, avrebbe potuto seguire la procedura che seguono tutti gli ufficiali, facendo, ad esempio, un’istanza per conferire col reparto del personale. Ma chi, nel «fermo immagine» di quella notte, è l’eroe della Costa Concordia, ha scelto di rivolgersi alla stampa. Ma a proposito della «notte da eroe» di De Falco, i «buchi» da chiarire nella ricostruzione dei fatti sono ancora molti. Premesso che Schettino ha ammesso molte delle sue responsabilità, e ricordato che ieri Domnica Cemortan, la ballerina moldava che si trovava a bordo col comandante, ha raccontato (leggete l’articolo qua sopra)che Schettino voleva abbandonare la nave in elicottero, è proprio certo che De Falco possa ammantarsi di quell’aurea? Vediamo.

Quando la nave urta lo scoglio e si squarcia sono le 21.42. La Capitaneria di porto non si accorge né che la Concordia è troppo vicino alla riva, né che ha virato di 180 gradi dopo l’impatto. Nel «cronologico degli eventi», infatti, alle 22 viene annotato: «Traffico marittimo regolare». Lo riporta l’«operatore Ais», cioè il responsabile dell’ufficio al controllo del sistema satellitare di geolocalizzazione delle imbarcazioni con il quale Livorno avrebbe potuto seguire in diretta la rotta della Concordia. Non a caso l’allarme viene lanciato da una passeggera che telefona alla figlia, la quale allerta i carabinieri di Prato, la sua città, che a loro volta, alle 22.06, lanciano l’Sos agli ufficiali della Capitaneria. Ma questi riferiscono di nuovo che a loro risulta tutto regolare. Gli stessi ufficiali, invece di controllare con l’Ais, chiedono «di avere il nome della nave e il porto di partenza e arrivo». Solo alle 22.12, già passata mezz’ora dall’impatto, la Capitaneria di Livorno capisce quello che sta accadendo. Due minuti dopo c’è il primo contatto con la Concordia. Gli esperti sono certi che se l’Ais fosse stato utilizzato correttamente, l’incidente della Concordia forse non sarebbe avvenuto. Quanto alla famigerata telefonata in cui viene intimato a Schettino di tornare a bordo, va detto che De Falco ordina al comandante della nave di tornare su dalla «biscaggina», cioè la scala di corda da cui scendevano i passeggeri. Ciò avrebbe comportato fermare il flusso dei naufraghi che proprio da lì stavano abbandonando la nave per mettersi in salvo. Va infine rivelato che la telefonata del «salga a bordo, cazzo», avviene ben quattro ore dopo l’incidente, e dopo che tra le 22.14 e le 00.34, fra Capitaneria e Schettino ci sono già state 12 telefonate assolutamente «tranquille».