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 2014  settembre 30 Martedì calendario

CINA BENNY, IL PROF CHE GUIDA LA RIVOLTA DEGLI OMBRELLI

Pechino
La chiamano già “la rivoluzione degli ombrelli”, gli ombrelli che le persone hanno lasciato accanto agli studenti per ripararli dal sole. Gli stessi che questi hanno usato per ripararsi dai lacrimogeni. Stando a un comunicato ufficiale, domenica la polizia se ne è servita 87 volte. E il giorno seguente, dopo aver appurato che 46 persone erano finite all’ospedale, ha deciso di ammorbidire il suo approccio. Una linea non dissimile da quella che si legge sul più importante quotidiano di Partito, il Global Times. “La Cina non è la stessa nazione che era 25 anni fa [quando ha mosso i carri armati per sgomberare con la forza piazza Tien an men]... Oggi il paese ha un approccio più flessibile nel gestire i disordini”.
La giornata di lunedì è stata meno accesa della precedente. Ma importante. Il sostegno alla protesta è cresciuto in maniera sostanziale. Un migliaio di lavoratori è entrato in sciopero per solidarietà ai manifestanti. Diverse filiali bancarie non hanno aperto e la Borsa ha chiuso perdendo l’1,9. L’autorità monetaria, di fatto la Banca centrale della città, si è dichiarata pronta “a iniettare liquidità nel sistema bancario qualora si rendesse necessario”. I negozi hanno chiuso prima e nella notte è stato annunciato che il 30 le scuole rimarranno chiuse. “Dicevamo Occupy Central, e invece il popolo di Hong Kong è riuscito a occupare anche Admiralty, Causeway Bay e Mongkok” ha detto Benny Tai, il professore di Legge che si è erto a voce di Occupy, arringando la folla. E intanto i presenti scandivano slogan che chiedevano le dimissioni del governatore Leung e un vero suffragio universale. Uno degli altri personaggi di spicco del movimento, il professore di Sociologia Chan Kin-man, ha invitato i manifestanti a resistere e a ritirarsi solo nel caso in cui la polizia usi armi che possano seriamente ferirli.
Ma c’è da notare che le dichiarazioni, le voci singole che vengono dal movimento, appartengono tutte ai promotori di Occupy. Gli studenti, che hanno dato origine alle manifestazioni, non hanno un leader identificabile. Sono in molti a prendere parola e non si capisce chi decide il nuovo obiettivo o la prossima meta. Sono giovanissimi, alcuni non ancora maggiorenni, e si organizzano online attraverso tutte le tecnologie web che, da sempre, sono abituati a usare in maniera completamente libera. Non come i loro coetanei della Repubblica popolare.
È difficile prevedere come finirà il braccio di ferro tra Pechino e l’ex colonia britannica. Le tensioni dovrebbero raggiungere l’apice il primo ottobre, 65esimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare. “Gli Stati Uniti sostengono le aspirazioni della popolazione di Hong Kong e seguono da molto vicino gli sviluppi della situazione”, ha detto Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama. Pechino non ha gradito: “Non vi immischiate” perché le proteste sono una questione interna. Di certo siamo ad un punto di svolta nelle richieste di Hong Kong per la democrazia. Per anni gli hongkonghesi hanno evitato un confronto diretto con Pechino nella speranza che le autorità cinesi si persuadessero a lasciargli uno spazio di autogoverno. Ora hanno realizzato che la loro unica strada per ottenere la democrazia è quella di chiederla. Alzando la voce.
C.A.G., il Fatto Quotidiano 30/9/2014