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 2014  settembre 30 Martedì calendario

LA SCUOLA DI ERDOGAN: VELO SÌ, TATUAGGI NO

La Turchia dice basta a tatuaggi, piercing e capelli tinti nelle scuole. O almeno questa è la speranza delle autorità di Ankara. Sabato sulla Gazzetta Ufficiale è comparsa una normativa che consente l’utilizzo del turban, il velo islamico nella tradizione turca, nelle scuole a partire dai 10 anni, ma proibisce cappelli e berretti, con la motivazione che limitano la riconoscibilità di una persona. La tolleranza zero, però, si estende anche a tatuaggi, piercing e persino capelli tinti. Il provvedimento porta la firma del nuovo governo, guidato dall’ex ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ma secondo molti è stato chiaramente ispirato dal neoeletto presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, che da qualche anno promette di crescere generazioni di musulmani devoti e proprio nel luglio scorso aveva criticato un calciatore per i suoi tatuaggi.
I sindacati sono pronti ad appellarsi al Consiglio di Stato. L’Unione degli Avvocati turca ha sollevato dubbi sulla legittimità del provvedimento in quanto anti-costituzionale. Intanto, gli osservatori internazionali denunciano il deterioramento dei diritti in Turchia. Tuttavia, nel Paese, il principale interrogativo ora è capire come la normativa verrà applicata. Le distese dell’Anatolia, dove però il grado di scolarizzazione è minore, sulla carta presentano pochi problemi. In metropoli come Istanbul, Ankara e Smirne, abituate a costumi laici e liberali, la situazione sembra essere più complicata, soprattutto se si pensa che queste città un anno e mezzo fa furono teatro di violente rivolte contro la svolta autoritaria dell’allora primo ministro Erdogan.
Ma c’è un altro aspetto che va considerato. La normativa è l’ennesima prova di forza che Erdogan vuole attuare in barba non solo a quella parte di Turchia, minoritaria alle urne, che lo guarda con scetticismo sempre maggiore, ma anche alla magistratura. Da tempo il Capo dello Stato ha innescato una lotta a distanza con i giudici e c’è chi teme che, dopo la riforma costituzionale improntata a un presidenzialismo forte, il suo strapotere diverrà così marcato da decidere quali leggi debbano diventare esecutive e quali no. Il regolamento sull’abbigliamento scolastico potrebbe essere solo il primo di una lunga serie di esempi.
Marta Ottaviani, La Stampa 30/9/2014