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 2014  settembre 30 Martedì calendario

MENO BARILI, BILANCIO A RISCHIO L’EMBARGO TAGLIA LE ALI A PUTIN

Il rublo continua a cadere, e ieri il cambio stabilito dalla Banca Centrale russa si è fermato a soli 5 copechi dalla soglia psicologica di 50 per un euro, mentre con il dollaro la moneta nazionale russa si è fermata a un passo dal traguardo di 40, a 39,4. Nonostante l’ottimismo del ministro dello Sviluppo economico Alexey Uliukaev, che di recente aveva pronosticato un rafforzamento del dollaro dopo il superamento di «alcuni segnali negativi per gli investitori», la discesa continua e gli analisti vedono come inevitabile l’intervento della Banca Centrale, anche per saziare l’enorme domanda di liquidità in valuta da parte delle società russe.
I crediti occidentali a lungo termine sono stati bloccati dalle sanzioni, mentre nessuno ha congelato i prestiti, e le entrate scendono. I colpi delle sanzioni cominciano a farsi sentire, sia nelle tasche dei russi comuni, che pagano le contro-sanzioni sugli alimentari occidentali introdotte dal Cremlino con un drastico aumento dei prezzi (10% in un mese, e su alcune categorie i rincari sono stati del 30-40%), gli oligarchi con la stretta sui loro imperi. Ieri il ministero dell’Energia ha ricevuto la richiesta della major petrolifera statale Rosneft di stappare il Fondo di benessere nazionale, il «tesoretto» messo da parte per le pensioni e i progetti infrastrutturali, per permetterle di pagare i debiti miliardari con le banche occidentali.
I media russi hanno rivelato che il governo ha aggiunto ai tre scenari di sviluppo economico per i prossimi mesi un quarto, «totalmente negativo», che prevede il crollo del rublo a 48 per dollaro e il collasso del Pil del 10% (attualmente si pronostica una crescita dello 0,5% nel 2014). Una catastrofe che tiene conto delle sanzioni e della riduzione dei prezzi sul petrolio fino a 80 dollari a barile. Anche se Igor Sechin, il boss di Rosneft e uno dei falchi più vicini a Putin, si dice sicuro che non si andrà sotto i 90 dollari, che comunque sarebbero inferiori ai 93-96$ stimati nella finanziaria e ai 110$ che avevano permesso alla Russia di lanciarsi nell’avventura crimeana. Il vicepresidente di Lukoil Leonid Fedun pronostica uno stop all’aumento dell’estrazione del greggio già quest’anno: i vecchi giacimenti si stanno esaurendo e per quelli nuovi servono investimenti e tecnologie reperibili solo in Occidente. Anche Gazprom ha rivisto al ribasso le sue esportazioni in Europa, per riduzione della domanda.
La fragile tregua in Ucraina si regge su questi numeri, e mentre il ministro degli Esteri Serghey Lavrov chiede un nuovo «reset» con gli Usa, c’è chi russo si prepara a un lungo assedio. Ieri il capo delle ferrovie russe Vladimir Yakunin, storico amico di Vladimir Putin, ha chiamato i suoi colleghi oligarchi a «stringersi intorno al comandante, a proteggerlo con il proprio corpo» in una «guerra dell’informazione che l’Occidente ha lanciato per distruggere i valori tradizionali russi».
Anna Zafesova, La Stampa 30/9/2014