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 2014  settembre 30 Martedì calendario

AUTORICICLAGGIO, SOLUZIONE MIRATA

MILANO
Riprenderà domani in commissione Finanze alla Camera l’iter della legge sul rientro dei capitali. Sul tavolo c’è ancora, pesante, il nodo dell’autoriciclaggio, con la partita tuttora aperta tra il Mef – a cui serve una versione "robusta" per incentivare la campagna di ritorno del nero internazionale (stimato molto prudenzialmente il 230 miliardi di euro) – e la Giustizia, che suggerisce un testo "light" per non incorrere in eccessi punitivi a rischio di illegittimità. In commissione è atteso il testo di sintesi sul nuovo articolo 648–bis del Codice penale, annunciato la scorsa settimana dal viceministro Casero, ultimo tassello a un articolato normativo che ha già trovato, sul resto, una piena identità di vedute in tutte le commissioni di Montecitorio.
La questione è tutta incentrata su come formulare, e soprattutto dosare, la fattispecie di self-laundering, considerato che il Governo ha già fatto sapere di voler inserire la nuova norma nella legge sul rientro dei capitali, abbandonando il veicolo parallelo del Ddl sulla criminalità economica che avrebbe creato notevoli problemi alla tempistica (e all’efficacia) della voluntary disclosure.
Tra la versione iniziale della proposta di legge in itinere alla Camera (A.C. 2247) e quella licenziata la scorsa settimana dal ministero della Giustizia ci sono poche ma significative differenze, peraltro già rilevabili nella numerazione.
L’autoriciclaggio nella legge sul rientro dei capitali è infatti inserito nell’attuale 648–bis del Codice penale (con la semplice rimozione della clausola salva–autoriciclatori «fuori dai casi di concorso»), mentre nella versione della Giustizia è una fattispecie nuova, numerata con il suffisso "-quater". Nel primo caso, inoltre, la pena base resta compresa tra 4 e 12 anni di reclusione (come per il riciclaggio, appunto), con la riduzione da 2 a 8 anni solo se il reato presupposto è punito fino a sei anni di pena nel massimo.
Nella versione della Giustizia, invece, l’autoriciclaggio è punito solo con la pena ridotta rispetto al riciclaggio (cioè da 2 a 8 anni di carcere) e tra l’altro con la sanzione pecuniaria dimezzata nel massimo (da 50mila scende a 25 mila euro). Inoltre, la versione oggi contenuta nel Ddl sulla criminalità economica esclude espressamente l’autoreimpiego dall’alveo della punibilità («L’autore del reato non è punibile quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale»), clausola non prevista nella proposta di legge sulla voluntary disclosure. Ultima differenza tra i due testi è la maggiore ampiezza dei comportamenti "virtuosi" che porterebbero a diminuzioni di pena, a discrezione del giudice: nella versione della Giustizia, con un occhio alla voluntary, li merita anche chi agevoli la scoperta di denaro, beni e altre utilità riciclate.
Si tratta comunque di differenze ampiamente superabili e di fatto già superate, adeguandosi al testo più recente, cioè quello steso dai tecnici di via Arenula. L’ostacolo vero, ad oggi, resta il limite di perseguibilità, che la Giustizia esclude ogni volta che il reato presupposto è punito con pena edittale nel massimo a 5 anni. Se passasse questa formulazione – su cui comunque in queste ore è in corso un confronto tra i tecnici dei ministeri – l’autoriciclaggio perderebbe non solo i reati dichiarativi fiscali (obiettivo che il Mef condividerebbe, lasciando fuori però le frodi fiscali), ma anche una serie di reati contro la Pa, dalla indebita percezione di erogazioni pubbliche all’abuso d’ufficio, al traffico di influenze, fino alle frodi nelle pubbliche forniture. L’intervento del Governo dovrebbe trovare qui un difficile punto di equilibrio.
Alessandro Galimberti, Il Sole 24 Ore 30/9/2014