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 2014  settembre 30 Martedì calendario

DAL REFERENDUM SCOZZESE UNA LEZIONE PER L’ITALIA E LA UE

Dalla vicenda scozzese, chi crede nella democrazia e nei suoi processi può trarre tre preziose indicazioni: che non si possono eludere le domande chiave, anche se queste scuotono le radici più profonde dello stare insieme di una società, perché lì è il senso – direbbe Ernest Renan – del "plebiscito di ogni giorno"; che tuttavia, per chiunque accetti la sfida con coraggio, senza trincerarsi nel politichese per evitare il confronto, questo rappresenta spesso già l’inizio della vittoria; infine, che essendo la democrazia una forma di convivenza civile basata su una dinamica di equilibri instabili, che si rinnovano ogni volta, il successo del momento include dentro di sé sempre la necessità di "ricucire lo strappo" nella società, ritessendo con trame nuove i vecchi fili.
Ma da quel referendum si possono trarre anche altre lezioni, da applicare alle nostre vicende attuali.
La prima opera sul versante europeo. Il conforto dell’esito del referendum scozzese non cancella l’esigenza di dare una risposta solida e strutturale, europea e su scala europea, all’erosione della sovranità statuale, ormai in corso da decenni. Le spinte identitarie più o meno indipendentiste, infatti, non rappresentano più soltanto la naturale e preventivabile risposta dei territori conseguente al progressivo processo di integrazione che, soprattutto dal 1989, è avvenuto in modo più celere, quanto piuttosto divengono il collettore pure di tutti i malumori di chi vede nella perdita della sovranità statuale classica un fattore di indebolimento della propria posizione politica, economica e sociale, oltre che culturale. Ingrossando così anche le fila del populismo, che di quelle istanze è eccezionale collante.
Se questo è vero, l’esito del voto scozzese mostra che non c’è sfida più urgente e decisiva per l’Unione europea e per i suoi nuovi organismi. Non cogliere la gravità di ciò, vuol dire rinunciare al proprio compito, facendo tornare rapidamente l’Europa ad un ritorno dagli esiti incerti.
L’altra indicazione opera sul piano strettamente interno al nostro Paese. Infatti, questo referendum offre a noi, nel mezzo del cammino del disegno di riforma costituzionale Renzi-Boschi - pronti alla prima lettura della Camera, dopo l’approvazione al Senato dell’8 agosto scorso –, una serie di preziosi suggerimenti.
Innanzitutto, perché accogliendo lo spirito del tempo si può dare una risposta più adeguata alla nostra storia, rafforzando, nel Parlamento e nel Paese, la consapevolezza della necessità di uscire dal grande bluff della riforma costituzionale del 2001: quella che, dicendo di voler trasformare il nostro Paese in uno federale, negava però alle autonomie una Camera, lasciando intatto il bicameralismo piucchepperfetto; incoraggiava poi il conflitto fra Stato e Regioni in tema di competenze, eliminando ogni speranza di attrarre investimenti di fronte alla confusione delle responsabilità; e, infine, modificava l’assetto dei rapporti economico-finanziari, favorendo una maggiore autonomia di spesa degli enti decentrati, finendo per minare la coesione sociale del Paese, aumentando le fratture economiche, in primis tra Nord e Sud.
Fa bene, quindi, il disegno di legge Boschi a volere un Parlamento federatore, più che uno federale, dando così una risposta più adeguata alla natura del nostro ordinamento.
Il referendum scozzese, poi, può far emergere altri due profili: tanto la debolezza dei due referendum proposti dal Consiglio regionale del Veneto - uno sull’autonomia e uno sull’indipendenza, della cui legittimità si discuterà in Corte - che appaiono più uno strumento di campagna elettorale per le prossime regionali che uno strumento di confronto vero con Roma, quanto il bisogno di dare, nella riforma costituzionale in discussione, una risposta alla domanda su quale sia il senso odierno, per chi ha scelto di stare appieno nell’Unione europea, di un regionalismo ancora asimmetrico e differenziato nel nostro Paese.
Ecco, se complessivamente si riuscirà a far tesoro di queste indicazioni, l’esperienza scozzese sarà stata utile per capire e migliorare non soltanto il Regno unito ma anche la nostra difficile democrazia.
@ClementiF
Francesco Clementi, Il Sole 24 Ore 30/9/2014