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 2014  settembre 30 Martedì calendario

MADRID BLOCCA IL REFERENDUM

Il governo spagnolo ricorre alla Corte Costituzione contro il referendum sull’indipendenza convocato dalla Catalogna. Sembra sempre più difficile che sulla questione catalana possa essere raggiunto un accordo condiviso. E l’incertezza cresce nell’attesa delle prossime mosse di Madrid e Barcellona.
«Siamo obbligati a fare ricorso contro il referendum catalano del 9 novembre per difendere la Costituzione e per difendere tutti gli spagnoli», ha detto ieri il premier Mariano Rajoy al termine di un Consiglio dei ministri straordinario. «Vogliamo votare, vogliamo decidere il nostro futuro e ora ci troviamo nella situazione adeguata per farlo», aveva detto il governatore Artur Mas, dopo aver firmato sabato scorso a Barcellona il decreto sul referendum, l’atto ufficiale di sfida allo Stato spagnolo.
La Corte Costituzionale si è riunita nel pomeriggio e ha deciso in serata di ammettere i due ricorsi presentati dal governo spagnolo: sulla legge referendaria approvata dall’Assemblea catalana sul decreto di convocazione del referendum firmato da Mas. Accogliendo i ricorsi la Corte ha così bloccato il referendum perché gli atti impugnati dal governo Rajoy sono stati sospesi cautelativamente, in attesa del pronunciamento nel merito. La legge spagnola non prevede la possibilità che una delle diciassette regioni convochi un referendum sull’indipendenza dal resto del Paese. Ma assegna al Parlamento nazionale, con maggioranza qualificata, la facoltà decidere su questioni come l’indipendenza catalana.
Da una parte, le fughe in avanti dei leader indipendentisti catalani che pur con rivendicazioni legittime, consenso nella popolazione e metodi democratici, si collocano fuori dalla legge del Paese. Dall’altra, l’intransigenza delle autorità nazionali che si nascondono dietro alla legge per non ascoltare le domande della Catalogna.
Non si sa che cosa succederà in Catalogna il 9 novembre. Il CiU, il partito di Mas, attacca Madrid e spiegano che il ricorso all’Alta Corte avrà «conseguenze gravi». I duri della sinistra indipendentista chiedono di andare comunque alla urne. Molte imprese temono che lo scontro possa causare danni alla ripresa economica. Ma, sia che la Catalogna vada a votare, magari in un referendum informale senza alcun valore legale, sia che venga impedita ogni forma di consultazione, Rajoy e Mas dovranno tornare a trattare. Nemmeno la sentenza della Corte Costituzionale potrà infatti dare una risposta definitiva allo scontro in atto.
«In questo momento la priorità è difendere la Costituzione. Mi aspetto che in Catalogna la legge spagnola venga rispettata. Poi si può parlare di riforme e si può discutere delle richieste che vengono dalle regioni autonome», ha detto ieri Rajoy ricordando che «c’è ancora tempo per raddrizzare la rotta». «Siamo aperti a trattare ma non possiamo cadere nell’immobilismo vestito di presunta legalità», aveva dichiarato, due giorni prima, Mas lasciando aperto un piccolo spiraglio al negoziato.
Un punto d’incontro potrebbe essere trovato nella proposta del partito socialista per la riforma della Costituzione. Il nuovo segretario del Psoe, Pedro Sanchez, ieri nel condannare «lo strappo alla legalità» provocato dalla convocazione della consultazione popolare sulla sovranità della Catalogna ha chiesto a Rajoy e Mas di abbandonare «una crociata che non si risolverà né con trincee né con monologhi» e di tornare a confrontarsi sul piano politico. «La miglior difesa della Costituzione è il suo rinnovamento», ha ribadito Sanchez.
Luca Veronese, Il Sole 24 Ore 30/9/2014