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 2014  settembre 30 Martedì calendario

PIANO SUL TFR IN BUSTA PAGA PRESTITI BANCARI ALLE IMPRESE MA SARANNO ESCLUSI GLI STATALI

ROMA.
Il Tfr in busta paga, a partire da gennaio. Il governo ci lavora dalla scorsa estate, anche se al ministero dell’Economia «non se ne è mai discusso» e «non esiste un piano», dicono in coro viceministri e sottosegretari. Ma ieri il premier Renzi l’ha ufficializzato, alla direzione del Pd. Aggiungendo subito che occorrerà «un protocollo tra Abi, Confindustria e governo» che consenta di «attingere» agli strumenti messi a disposizione dalla Banca centrale europea per compensare le piccole e medie imprese della inevitabile sottrazione di liquidità, «soprattutto quelle sotto i dieci dipendenti».
Ad optare per più denari subito, anziché (rivalutati) poi, alla fine del percorso professionale, saranno per ora i lavoratori privati.
Esclusi gli statali, dunque. Ma anche con buona probabilità coloro che hanno scelto di depositare il Tfr nei fondi pensione, anziché lasciarlo in azienda (per non mettere a rischio il processo di accumulo di pensioni integrative). L’ipotesi allo studio dei tecnici prevede un anticipo del 50% della liquidazione che si matura in un anno. A spanne, chi guadagna 2 mila euro netti al mese, ne riceverà 80. La misura parte come annuale, ma potrebbe essere estesa al triennio. Molti i problemi aperti. Il primo è fiscale. Il Tfr ad oggi gode di un trattamento privilegiato, la tassazione separata. Se finisce in busta paga, si cumulerà con la parte restante del reddito, contribuendo ad alzare l’aliquota marginale Irpef? Si pagheranno cioè più tasse? Al momento nulla si sa. L’ostacolo è però aggirabile con la ritenuta alla fonte, ad esempio. Oppure considerando quell’anticipo come acconto sul Tfr finale, dunque tassato allo stesso modo (agevolato).
Poi c’è la questione della sostenibilità finanziaria dei bilanci dell’Inps e delle piccole e medie imprese. Le aziende con più di 50 dipendenti girano il Tfr “inoptato” (quello che i lavoratori decidono di lasciare nell’impresa) a un fondo del Tesoro gestito dall’Inps.
Mentre quelle sotto i 50 dipendenti, lo trattengono in cassa. Cosa succede se i lavoratori decidono di chiedere l’anticipo in busta paga? Un “buco” in entrambi i bilanci: quello dell’Inps, pubblico (da ripianare con un intervento di copertura dello Stato)e quello delle pmi (di qui la necessità di un “protocollo” con le banche per usare i denari della Bce). Non a caso ieri sera, dopo l’annuncio di Renzi, Rete imprese bollava l’operazione come «impensabile» per l’impossibilità delle piccole aziende di «sostenere ulteriori sforzi finanziari» e di «indebitarsi per alimentare i consumi dei propri dipendenti». Su 22-23 miliardi di flusso annuo di Tfr, 11 miliardi restano in azienda, 6 finiscono nel fondo di tesoreria, 5 e mezzo ai fondi pensioni. Con l’ipotesi del 50% del Tfr in busta paga, otto miliardi e mezzo potrebbero finire dunque negli stipendi. Quasi l’ammontare del bonus da 80 euro. «Io sono perché si alzi il salario dei lavoratori», dice non a caso Renzi. E tutto fa brodo, anche il “salario differito”, per uno «scatto ulteriore del potere di acquisto».
Valentina Conte, la Repubblica 30/9/2014