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 2014  settembre 30 Martedì calendario

ERRARE È UMANO (MA NON SUI GIORNALI)

Direbbe Totò mostrando il petto: «Mi vuoi ammazza’? Tie’, ammazzami». Un mio articolo, uscito venerdì scorso, conteneva un errore ortografico imperdonabile: «un’altro» con l’apostrofo. Non so come sia potuto capitare, ma è successo. Per di più, quasi per nemesi o perché un diavoletto ci ha messo la coda, quell’erroraccio si trovava in un articolo che parlava della lingua italiana, degli svarioni grammaticali veri o presunti, degli strafalcioni di grandi scrittori come Dante, Boccaccio, Leopardi. Per cui qualche lettore benevolo o malevolo ha pensato che in un accesso di megalomania avessi messo volutamente l’apostrofo, ma posso assicurare che non c’era nulla di intenzionale: è sfuggito e basta. Sono arrivate molte mail a me, al caporedattore Cultura, al direttore, a Sergio Romano, in cui si deprecava giustamente l’inciampo. Ho ricevuto anche un sms da un collega in pensione che non sento mai, ma che per l’occasione ha voluto farsi vivo: «capisco la tolleranza per chi scrive vadi, ma che tu scriva un altro con l’apostrofo mi pare troppo». Così, ho deciso di dedicare al fattaccio il «Piccolo fratello» di questa settimana, non per fustigarmi ma per scusarmi e anche per aggiungere qualche considerazione confortante che si può ricavare dall’apostrofo incongruo.
1. A oltre cent’anni dalla sua nascita, la gloriosa terza pagina (è quella dov’è apparso lo sciagurato apostrofo) per nostra fortuna non ha perso il suo smalto: ha lettori numerosi e attentissimi fino alla spietatezza, i quali non si lasciano sfuggire nulla e non ammettono sviste; 2. Il sottotitolo dei messaggi era: nel web si faccia quel che si vuole, ma sul giornale la lingua italiana è sacra: scherza coi fanti ma lascia stare i santi; 3. I giornali sono mediamente scritti bene, come sostiene il linguista Luca Serianni in Leggere scrivere argomentare: se non fosse così, vista la sensibilità dimostrata dai lettori per un apostrofo, ci troveremmo sommersi di mail di rimprovero, il che per fortuna non accade. Dunque, 4., ha ragione un altro linguista, Giuseppe Antonelli, nel saggio intitolato ironicamente Comunque anche Leopardi diceva parolacce, quando dice: «Nonostante tutte le cose che si leggono e si sentono, nonostante i fantasmi dell’itangliano e dell’ essemmessiano, nonostante il paventato avvento del facilese o all’opposto del difficilese, la nostra lingua gode oggi di ottima salute. Anzi, per certi versi non è mai stata così in forma». Detto ciò, caro lettore: «Mi vuoi ammazza’? Tie’, ammazzami».