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 2014  settembre 30 Martedì calendario

DEFICIT PIÙ ALTO PER FINANZIARE LA MANOVRA UN NUOVO TAGLIO DELL’IRAP DA 2 MILIARDI


IL PROVVEDIMENTO
ROMA Il governo è pronto a tagliare di nuovo il costo del lavoro. Come già accaduto ad aprile, con il decreto sul bonus da 80 euro, la riduzione degli oneri a carico delle imprese avverrà attraverso una riduzione dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, il balzello più inviso alle imprese. Dopo i 2,3 miliardi del primo intervento, il governo è pronto a mettere sul piatto altri 2 miliardi di euro. Ma non è ancora detto che la modalità dello sconto sia la stessa utilizzata la prima volta. In quel caso si era deciso di agire direttamente sulle aliquote Irap abbattendole del 10 per cento. Quella standard era così passata dal 3,9% al 3,5%. Un ulteriore taglio del 10 per cento farebbe scendere il prelievo al 3,15 per cento. Tuttavia avanza un’altra ipotesi, più gradita alle imprese: quella di rendere deducibile dalla base imponibile Irap il costo del lavoro. Azzerarlo del tutto avrebbe costi al momento proibitivi. Si tratterebbe infatti da un’operazione di almeno 5 miliardi. Ma i due miliardi potrebbero essere un primo segnale concreto. Il taglio lineare delle aliquote è meno gradito dal mondo imprenditoriale perché avvantaggerebbe soprattutto le banche, che pagano un’aliquota più alta come Irap e dunque avrebbero un beneficio maggiore. Depurare l’Irap del costo del lavoro, invece, andrebbe soprattutto incontro alle esigenze del mondo industriale. Per sciogliere il nodo c’è ancora qualche giorno di tempo, anche perché per presentare la manovra il governo ha tempo fino al 15 ottobre.
LE CIFRE IN GIOCO
La legge di stabilità, comunque, inizia ad essere più chiara nelle sue cifre. L’elenco delle misure per la crescita l’ha presentato ieri Matteo Renzi direttamente durante la direzione del Partito democratico. Il bonus da 80 euro sarà confermato per un costo complessivo di 7 miliardi. Oltre ai 2 miliardi per il cuneo fiscale, ci sarà un altro miliardo e mezzo per i nuovi ammortizzatori sociali, un miliardo per allentare il patto di stabilità interno dei Comuni, e un altro miliardo per la scuola. Il totale delle misure per la crescita, insomma, è di 12,5 miliardi di euro. Soldi ai quali devono essere aggiunti 4 miliardi di spese indifferibili come le missioni internazionali e i 3 miliardi necessari a scongiurare il taglio lineare delle agevolazioni fiscali previsto dal governo Letta. La somma dà 19,5 miliardi, molto vicina ai 20 miliardi da sempre indicati da Renzi come obiettivo della manovra.
Oggi intanto, ci sarà un consiglio dei ministri durante il quale verranno approvate la nota di aggiornamento del Def e il decreto legislativo sulla riforma del catasto. Il primo passaggio è importante in vista della legge di stabilità. I numeri erano ancora in fase di limatura fino a ieri in tarda serata. Il Pil dovrebbe essere indicato in arretramento dello 0,3% per quest’anno e in leggera ripresa (+0,5%) il prossimo anno. Il deficit sarebbe fissato al 2,8 per cento quest’anno. Il prossimo anno il deficit tendenziale sarebbe al 2,3%, ma il governo lo lascerà salire fino 2,9%, recuperando così 10 miliardi per la manovra del 2015. In questo modo basterà recuperare dai tagli di spesa solo altri 10 miliardi. Il debito, anche grazie alla revisione Istat con il conteggio delle attività illegali, sarebbe indicato ben sotto il 130 per cento del Pil. Sempre ieri, durante il convegno interparlamentare organizzato dalla presidenza italiana, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che il fiscal compact va rivisto, o almeno reinterpretato. Vanno eliminati gli intenti «punitivi» nei confronti dei Paesi in difficoltà e va anzi concesso maggiore margine di manovra a chi si trova davanti a circostanze eccezionali. Secondo Padoan l’Europa si trova in una situazione di «semi stagnazione» e inflazione «decisamente troppo bassa». In questo contesto, «tutte le manovre sono più difficili». Per tornare alla crescita, per il ministro, «non ci sono scorciatoie» ma il quadro macro economico «va reso meno stringente».