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 2014  settembre 30 Martedì calendario

BASTA MORALISMO: COSÌ RINASCE DYLAN DOG


Roberto Recchioni, quarant’anni, è la rockstar del fumetto italiano. Un autore talentuoso e versatile, capace di passare da un lavoro «brutto, sporco e cattivo» come Asso a un gioiellino oscuro come Garrett (edizioni Cosmo). Cosa che non gli ha impedito di firmare storie per icone come Tex e Diabolik e Dylan Dog. Da qualche tempo - per volontà del creatore del personaggio Tiziano Sclavi - è il curatore della collana Bonelli dedicata all’«indagatore dell’incubo», che da pochi giorni ha iniziato un nuovo corso. In edicola trovate il volume a colori «Spazio profondo», ambientato nel futuro. «Con questo numero abbiamo fatto capire al lettore che può succedere di tutto», spiega Recchioni. Quali saranno le grandi novità per Dylan? «Iniziamo col pensionamento dell’ispettore Bloch, anche se non uscirà dalla serie. Avevamo serie perplessità sul suo ruolo, che col tempo è diventato quello di mero strumento narrativo per semplificare vita a Dylan e agli sceneggiatori. Diventerà un amico che Dylan andrà a trovare spesso e il suo ruolo sarà più dinamico. Poi arriverà un nuovo arcinemico, John Ghost. In sostanza è il contraltare etico e morale di Dylan. Questo personaggio affronta le nuove problematiche del mondo, dal rapporto con la tecnologia allo sfruttamento del lavoro. Nei mesi successivi arriverà poi il nuovo ispettore Carpenter, che considera Dylan sostanzialmente un ciarlatano. Mentre la sua spalla, Rania, sarà più possibilista nei confronti del nostro eroe». Ci sarà pure un telefonino, finora bandito dalla serie. «Non l’avrà Dylan, che continuerà a mantenere la sua diffidenza verso la tecnologia. Sarà Groucho ad avere uno smartphone». Se ho capito bene, quello che ci aspetta è un Dylan Dog meno politicamente corretto. «L’idea è di tornare al Dylan di Tiziano Sclavi, da cui in questi anni si è allontanato ogni volta che diceva alla gente come vivere e che cosa fare. Vogliamo eliminare la vena un po’ moralizzante e bacchettona che Dylan ha assunto. Tornerà alle origini: quelle di un personaggio che sta dalla parte del diverso e soprattutto esercita il dubbio». Com’è nata la sua sintonia con Tiziano Sclavi? «Nei primi tempi in cui ho lavorato a Dylan Dog non l’ho incontrato. Abbiamo iniziato a chiacchierare spesso dopo l’uscita di una mia storia chiamata Mater Morbi. Due anni fa circa ci siamo trovati a riflettere su Dylan Dog, sulle cose che funzionavano e quelle che non andavano. Dopo questa chiacchierata Tiziano ha messo per iscritto i cambiamenti che sentiva di voler fare al personaggio. Da lì la sua richiesta di farmi diventare curatore. Sapevo che si sarebbe trattato di un lavoro massacrante - stiamo parlando di oltre duemila pagine all’anno di storie. E poi Dylan è un personaggio molto delicato. La prima reazione era quella di rifiutare. Ma a Sclavi non si dice di no». Lei si occupa anche della serie Orfani, un’altra rivoluzione in casa Bonelli, la prima tutta a colori. «Orfani non è una rivoluzione, piuttosto un prodotto innovativo. Oltre al colore, ha un linguaggio diverso, si legge in meno tempo rispetto ad altre serie Bonelli. Non ha una morale vera e propria e un solo eroe. È una serie corale in cui tutti hanno torti e ragioni». Lei, in un’intervista, si è definito un «fascista zen». «In realtà la definizione è di John Milius, il mio regista preferito (quello di Un mercoledì da leoni, ndr). La uso nella stessa sua accezione, che è ironica. Io mi ritengo un anarco-individualista. Tra i miei ideali c’è un forte individualismo, che potrebbe essere ricondotto al mondo culturale della destra. Ma io non mi definisco di destra, così come non mi riconosco nel Pd, per dire. Politicamente non sono neutro. Sono schierato ferocemente contro il populismo, la politica dello stomaco che cerca di tirare fuori il peggio dell’Italia». Quali sono i suoi modelli di scrittura? «Variano molto, alla maniera di Sclavi, che è uno dei miei modelli principali. Passano dalla letteratura al cinema ai videogiochi, dove c’è ottima scrittura, come per esempio in The Last Of Us. Quanto al fumetto, mi hanno influenzato tra gli altri Frank Miller, Garth Ennis e Go Nagai». Una delle novità di Dylan Dog consiste nell’arrivo di nuovi autori di un certo peso. «Quando ero ragazzino avevo il terrore che sarei cresciuto in una generazione priva di voci autoriali. Invece oggi ne abbiamo tante: Zerocalcare, Leo Ortolani, Gipi. Quest’ultimo disegnerà la copertina dell’edizione variant di Dylan che presenteremo a Lucca. Ortolani (l’autore di Rat Man, ndr) produrrà una storia breve di Groucho. Ma spero che entrambi possano lavorare anche per la serie regolare. Con loro arriveranno anche tanti altri autori di talento». Anche stranieri? «Per ora no. Finora ho sempre avuto l’impressione che prendessero le cose un po’ sottogamba. È difficile far capire a uno straniero la grande tradizione del fumetto italiano».