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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

I BILANCI DELLE LANDESBANKEN IL SEGRETO DELLA GERMANIA RESISTE ALLA VIGILANZA EUROPEA

Il quattro novembre, con l’inizio della vigilanza unica affidata alla Bce, partirà l’Unione bancaria. E’ una innovazione importante. Lo testimoniano le prime avvisaglie di un attacco speculativo, guidato dalle banche americane contro l’anello debole della catena europea, il nostro paese, che si annunciano come d’abitudine con la comparsa sulla più influente stampa internazionale di una pioggia di articoli che esprimono dubbi sulla capacità italiana di restare nell’Euro, a causa della lentezza nel varare le riforme. È un esempio di quella che Federico Caffè chiamava la strategia del terrorismo economico ed esprime la paura da parte delle banche americane di perdere la pluridecennale egemonia finanziaria internazionale della quale hanno goduto. Un sistema unico di vigilanza, con funzionari comuni e regole comuni per tutti i paesi membri, è una parte importante della soluzione ai problemi che l’Unione monetaria deve affrontare. Nella maggior parte dei paesi membri dell’Euro, infatti, non solo la moneta è costituita in massima parte da depositi bancari, come è vero per tutti i paesi sviluppati, ma il credito avviene in gran parte come rapporto tra banche e imprese o singoli cittadini. Sono, quelli dei paesi dell’Euro, sistemi creditizi ’bank based’, e non ’market based’ come gli Stati Uniti. I confini tra stati all’interno dell’Unione monetaria sono superati dalla mobilità quasi completa dei capitali. Sistemi nazionali di controllo come la vigilanza bancaria danno quindi luogo ad
una assai pericolosa possibilità di arbitraggio tra sistemi di controllo da parte di banchieri e loro clienti. In aggiunta, le banche europee hanno sviluppato specie in anni recenti, prima dello scoppio della crisi, una fitta rete di filiali e di sussidiarie in tutti o quasi i paesi della Unione. Su tutto incombe la unicità della moneta per tutta l’area. Una sola moneta per tutti, male si sposa con una pluralità di controlli nazionali che offre molte possibilità di massimizzare i propri guadagni sgattaiolando tra regole e peculiarità proprie dei sistemi di controllo nazionali. Questi sono solo i più evidenti tra i problemi che il supervisore unico dovrebbe risolvere meglio della pluralità di supervisori nazionali che va a sostituire. Purtroppo, come in tutti i progetti europei, il supervisore unico bancario, per non abortire a mezzo il corso e giungere a vedere la luce, ha dovuto tener conto, nel modo in cui è disegnato e opererà, delle complicate situazioni istituzionali presenti nei paesi più importanti della zona euro, in particolare delle idiosincratiche peculiarità del sistema bancario tedesco. Se ne ha un’immagine chiara quando si vede che il sistema che partirà il quattro novembre si applicherà solo a 120 banche in tutta l’area euro, quelle cosiddette di rilevanza sistemica, che coprono circa l’80% degli affari bancari europei, ma lascerà fuori ben 1697 banche tedesche. Sono in gran parte casse di risparmio, banche popolari e cooperative, banche di rilevanza regionale, con forme societarie assai presenti anche in Italia e che, da noi come in Germania, intrattengono fitte relazioni con la politica locale della quale spesso sono il fulcro. Il problema che sta dietro gran parte delle discussioni relative alla Unione bancaria europea è che la Germania è un colosso dai piedi di argilla. Fortissima dal punto di vista industriale e della finanza pubblica, regina delle esportazioni mondiali, per quanto riguarda il sistema finanziario ha mostrato invece negli ultimi vent’anni una marcata debolezza e inefficienza strutturale. Leggendaria è l’opacità dei bilanci bancari tedeschi, mentre sono rimaste nella storia monetaria di inizio secolo le disavventure delle Landesbanken nella gran parte dei loro tentativi di giocare in grande sui mercati finanziari internazionali, con i proventi dei giganteschi prestiti ottenuti a condizioni di favore nei cinque anni precedenti lo scoppio della crisi, in base all’accordo raggiunto dal governo tedesco con il commissario europeo alla concorrenza, Mario Monti. Quando la bolla finanziaria internazionale esplose, nel 2008, il governo tedesco si trovò ad affrontare la crisi delle stesse Landesbanken, ma anche quella di alcune grandi banche come la HVB, poi ceduta all’Unicredit e la Commerzbank, storica grossbank che ancor oggi presenta criticità tanto spiccate che sia Mediobanca che Goldman Sachs l’hanno indicata come probabilmente destinata ad essere nel gruppo di quelle, tra le 120 di cui si è detto, che falliranno l’asset quality review condotta dal nuovo supervisore unico europeo in questi mesi, della quale conosceremo i risultati il prossimo 26 ottobre. Da notare che la Commerzbank è ora di proprietà della Deutsche Bank, una delle maggiori banche internazionali che deve, per essere competitiva con le sue concorrenti internazionali, mantenere un tasso di leverage assai elevato. Le autorità tedesche sono pienamente consapevoli del profondo coinvolgimento della classe politica nella vita delle banche regionali, sanno anche che milioni di risparmiatori tedeschi affidano tutti i loro peculi a strumenti di risparmio bancario semplici, come i depositi vincolati. Hanno conoscenza della non adeguata soluzione data a numerosi problematici affidamenti bancari, come quelli alla costruzione di nuove navi nei cantieri tedeschi, che si basano su valori delle stesse navi ormai assai superiori a quelli che un settore dominato dalla capacità in eccesso crescente a livello mondiale fa considerare realistici. Devono quindi contemperare tutte queste debolezze intrinseche al loro sistema alla richiesta di trasparenza e di conoscenza che viene dalla introduzione di un sistema unico di supervisione bancaria per la zona euro. Dall’inizio di questo ambizioso e indispensabile progetto, le autorità tedesche sono state dunque totalmente mobilitate per ritardare e ridurre di portata il nuovo apparato di controllo, introducendo speciose differenziazioni come quelle tra banche grandi e piccole, ricordando agli altri paesi della Ume la peculiarità del proprio sistema costituzionale federale, che notoriamente rivendica il controllo ultimo su tutte le questioni che coinvolgono il famoso ’principio di democrazia’, pilastro della costituzione tedesca, più importante perfino di quello del bilancio in pareggio, di recente introdotto con legge costituzionale ed esteso col ’fiscal compact’ del marzo 2012 a tutta l’Europa. La costruzione del sistema unico di supervisione della zona euro è stata quindi una corsa a ostacoli, la gran parte dei quali sono stati eretti, a scopo smaccatamente protezionistico, dai negoziatori tedeschi, spesso ai massimi livelli e nelle sedi più importanti della discussione tra paesi dell’Euro. Naturalmente, all’ombra larga dei tedeschi si sono riparati anche negoziatori di paesi meno potenti, come Italia e Austria, che avevano alcuni problemi comuni con la Germania. Ma i ritardi e le ritirate su obiettivi assai meno ambiziosi sono stato frutto della concentrazione tedesca sulla assoluta necessità di lasciare alla propria politica nazionale la scelta dei tempi delle soluzioni ai grandi problemi delle banche tedesche. Un acuto osservatore come Martin Hellwig, famoso economista monetario tedesco, ha rilevato che il 4 novembre avremo una Unione bancaria europea, ma, parafrasando un giornale americano di tanto tempo fa ha intitolato il suo scritto: ’Si, Virginia, una Unione bancaria europea c’è, ma forse non sarà capace di far avverare i tuoi desideri’.
Marcello De Cecco, Affari&Finanza – la Repubblica 29/9/2014