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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

DELLA VALLE FACCIA SOLO L’IMPRENDITORE


L’imprenditore che scende in campo è stato una cruciale figura di successo della Seconda Repubblica. Ora che questa è in agonia, è non è detto che stia sorgendo l’alba della Terza, la tentazione ricorrente dell’imprenditore che si «butta» in politica offre solo la sensazione del déjà vu.
E nemmeno, con ogni probabilità, baciata dal successo.
Si è già visto, con Berlusconi nella stanza dei bottoni, quanto sia stato frustrante immaginare che lo Stato potesse essere gestito come un docile consiglio d’amministrazione. Ma almeno Berlusconi aveva una potenza straordinaria nella costruzione del consenso, un fiuto per la dimensione «popolare» che è uno degli ingredienti indispensabili nelle moderne democrazie elettorali in cui l’immagine e i simboli contano in misura decisiva. Adesso imprenditori e banchieri affollano la scena con ambizioni di leadership politica. Ma la leadership politica ha una sua grammatica. Il consenso è diverso dalla cooptazione. Il successo imprenditoriale non è necessariamente la patente che crea un leader obbligato a misurarsi nelle campagne elettorali, convincere, sedurre, rappresentare interessi, parlare al cuore e alle teste dei cittadini. Ma mentre è virtù civica partecipare alla discussione pubblica, criticare, pungolare i pubblici poteri, denunciare ciò che non va, proporre soluzioni, offrire una sponda di elaborazione culturale, giocare un ruolo nell’opinione pubblica, persino assumere responsabilità di governo (di una metropoli, come la Moratti, o di una Regione, come Soru), l’idea «imprenditoriale» di sostituirsi alla politica si è logorata nel tempo. Luca Cordero di Montezemolo, che pure ha a lungo accarezzato la voglia di «scendere in campo»,
lo ha capito tempestivamente. Corrado Passera invece no. E di Diego Della Valle i retroscena raccontano, non smentiti, una tentazione politica impellente e appassionata. Robert Musil ha narrato nell’ Uomo senza qualità
le velleità politiche del magnate dell’industria Arnheim nella costruzione di una maestosa «Azione Parallela». Finì male: facile profezia.