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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

MAGIA DEL CINEMA, 100 ANNI DI COLORE


Muto e in bianco e nero, il cinema nacque così. O almeno così si dice. Muto di certo (il sonoro irruppe solo nel 1927 con The Jazz Singer ) ma sul bianco e nero la questione è più complessa. Il cinema nasce a colori. Anzi la pellicola colorata ne precede addirittura la nascita. Tutto quel mondo meraviglioso raccolto sotto il nome di «pre-cinema», dalla lanterna magica al kinetoscopio, già sente l’esigenza del colore. Applicato in modo diretto su lastre, fotografie, pellicole. Un sistema artigianale perfetto per le invenzioni spericolate di Georges Méliès, grande illusionista dello schermo, le cui fantastiche avventure richiedevano tinte capaci di evocare mondi perduti, fatati. Pennellate a mano eseguite da donne che, con pazienza certosina, coloravano ogni fotogramma.
Effetti suggestivi quanto artificiosi. I colori della realtà, della vita, restavano lontani. «Il sogno di ricreare sullo schermo effetti naturali è stato inseguito fin dagli inizi», ricorda Paolo Cherchi Usai, fondatore delle Giornate del Muto di Pordenone che, dal 4 all’11 ottobre, dedicano una rassegna agli albori del Technicolor. Nato negli Usa nel 1915 e ormai prossimo ai cent’anni.
Tanti e tutti i deludenti i tentativi che l’hanno preceduto nel primo decennio del Novecento. Dai francesi Mélachronoscope e Gaumontcolor al britannico Kinemacolor, che consisteva nel proiettare un film in bianco e nero attraverso filtri rossi e verdi. Negli stessi anni a sperimentare un nuovo procedimento che interveniva sulla pellicola, sono Herbert e Natalie Kalmus, pionieri di un Technicolor in bicromia ma già capace di suggestioni più realistiche. «Ma anche molto costose — avverte Cherchi Usai —. Le riprese richiedevano un enorme dispiego di luci sul set, l’uso manuale di una grossa cinepresa e l’invio quotidiano nei laboratori di Boston del materiale girato». Andati perduti i lungometraggi degli esordi, il primo film girato con questa tecnica e arrivato fino a noi è The Toll of the Sea , un mediometraggio ispirato alla storia di Madama Butterfly . «Debuttò trionfalmente nel 1922 a Manhattan ed ebbe una distribuzione ampia pur se rallentata dalla limitata produzione. I costi di una copia in Technicolor superavano otto volte quelli del bianco e nero».
Vedremo il film a Pordenone insieme con altri due lungometraggi spettacolari, caposaldi di un colore «in progress»: Ben Hur del ‘25 e The Black Pirate del ‘26. «Il primo girato anche in Italia, dove la troupe sbarcò con un grosso quantitativo di negativo pancromatico trasportato in nave dentro contenitori per il gelato. Ma nonostante il sole, anche in esterno fu necessario l’uso della luce artificiale. Grandi riflettori di stagnola oltre i normali d’argento. Risultato: gli attori si scottavano sul serio». Nel mare davanti a Livorno le riprese della battaglia navale, a Roma la parata militare. Due anni di lavorazione, 4 milioni di dollari di budget. Nonostante il successo, il guadagno finale, dopo la riedizione sonora del ’31, fu di soli 81 mila dollari.
Se il divo di Ben Hur fu il fascinoso Ramon Novarro, quello di The Black Pirate fu l’acrobatico Douglas Fairbanks. Entusiasta di The Toll of the Sea , decise che la sua nuova performance sarebbe stata un film di pirati a colori «perché il colore è il carattere peculiare della pirateria». Per oltre due anni, con il regista Albert Parker lavorò su tonalità e sfumature. Verdi e marroni nelle nuance più morbide. Solo due i tocchi brillanti: un pappagallo verde e il lampo rosso di un’esplosione. Ogni scena fu prima realizzata all’acquerello usando i colori riproducibili con il Technicolor; per i cieli furono usati fondali dipinti. «Fu il coronamento di tanti anni di sforzi e progressi. Per la prima volta il colore non era mera decorazione ma elemento cardine del racconto».
Il salto di qualità definitivo nel ’32, con la tricromia. A darne saggio un cartoon Disney, le Silly Symphonies . Ma è nel 1939 che il Technicolor ha la sua definitiva affermazione con due film, Via col vento e Il mago di Oz , che ne sanciscono il successo affascinando le platee con i loro colori saturi e realistici. Il Technicolor ebbe così la sua apoteosi planetaria e Hollywood dette il via alla sua epoca d’oro.