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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

GABBIADINI, L’ANTIDIVO

Gabbiadini e il suo calcio bohemienne. Manolo fuori dagli schemi e lontano dalla ribalta: essere, non apparire. L’uomo che rifugge dalla popolarità e dai riflettori, persino nella notte del derby che regala ai blucerchiati la vittoria numero trentanove della sua storia contro i cugini. Ho fatto la mia parte, ora lasciatemi tornare nella mia dimensione. Un esempio: sul suo profilo twitter (che usa pochissimo), ha scelto una sua immagine quasi malinconica, seduto su una panchina della passeggiata di Nervi, da solo, d’inverno, col cielo grigio e il mare che schiuma.

Il solito canovaccio È successo pure ieri sera. Scontri, mezze risse, calcioni, mischie. E lui sempre ai margini della contesa, perché non è un tipo da battaglie. Non in questo senso, almeno. Poi, all’improvviso, è uscito Manolo con il fioretto. De Silvestri è andato giù travolto da De Maio, il nuovo (vecchio) capitano Palombo ha fintato il tiro, lasciato invece proprio a Gabbiadini. Una rasoiata dalla fascia destra verso l’angolino più lontano della porta di Perin. Un tiro di quelli che piacciono a lui, più intelligenza e precisione, che potenza, ma alla fine comunque letale. Ha colpito ed è tornato nelle retrovie, dopo la seconda prodezza stagionale. «Ora, però – racconta lui – non dite che il merito del successo è mio, quello va diviso con tutto il gruppo, società compresa». L’elogio della politica dei piccoli passi. «Noi stiamo giocando partita per partita, senza guardare troppo lontano, però c’è da parte di tutti la consapevolezza delle nostre qualità. Andiamo avanti così, e poi alla fine vedremo dove siamo riusciti ad arrivare». Mai porsi dei limiti, soprattutto se in panchina hai un’iradiddio come Mihajlovic. Poi, sulla sua particolare esultanza: «Nulla di speciale, né di studiato, ma stavo attraversando un momento non facile, perché ad inizio stagione non mi sentivo benissimo, dunque la gioia ora è davvero grande».

I figli di Sinisa È vero, però, che la Samp – non per caso – si sta rivelando letale soprattutto su calcio piazzato. Mihajlovic è stato uno dei più grandi su punizione e in allenamento le sessioni supplementari sui calci da fermo col mister sono all’ordine del giorno e coinvolgono tutti: «È un dato di fatto, per ora. Poi, chissà, fra un mese invece accadrà il contrario e andremo sempre a segno su azione. Qui i meriti sono divisi fra tutti, ma di sicuro la carica del presidente e del mister è stata eccezionale».

Io me la godo Su questo terzo posto, fa il punto pure un soddisfattissimo Mihajlovic: «Ci fa piacere questa posizione di classifica, anche perché lo ritengo un piazzamento meritato. Siamo gli unici con Juve e Roma imbattuti dopo cinque giornate, ma il successo nel derby vale poco, se domenica non battiamo l’Atalanta. Complimenti alle tifoserie per lo spettacolo e con i giocatori per il derby “maschio” giocato». Ala fine, un consiglio a Manolo: «È stato bravo, ma può migliorare». Primo comandamento. Accontentarsi, mai.