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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

COSÌ ABBIAMO CAPITO MEGLIO L’UNIVERSO

Sessant’anni fa a Nord-Ovest del Lago di Ginevra c’erano solo prati. Molti ci sono ancora, ma sotto l’erba, a 100 metri di profondità, in una galleria circolare lunga 27 chilometri, corre l’acceleratore di particelle più grande del mondo. Una parte dei prati ha lasciato il posto a laboratori, uffici, un piccolo museo interattivo, una foresteria, un ristorante. È il Cern.
L’idea di un centro europeo per la fisica delle particelle (all’epoca si diceva nucleare, poi si è entrati dentro il nucleo e più tardi nelle particelle del nucleo, fino a scovare i quark) fu di Edoardo Amaldi e subito la condivise il fisico francese Pierre Auger. Amaldi, allievo di Fermi, del quale aveva tenuto viva la scuola in Italia, pensava europeo.
Con un anticipo di decenni, Amaldi aveva capito che la fisica avrebbe assunto dimensioni economiche insostenibili per un solo Paese. Per lo stesso motivo, sempre con Auger, il fisico italiano fu anche l’ispiratore di un ente spaziale europeo, quello che oggi è l’Esa.
Dovremmo ricordarci del Cern tutte le volte che battiamo sul computer «www»: la navigazione ipertestuale su Internet è nata lì a opera di Tim Berners-Lee per facilitare la comunicazione tra scienziati. Il Cern ha regalato il web al mondo nella consapevolezza che si trattava di un bene comune, tra l’altro già pagato dai cittadini dei Paesi membri.
Ma questo è solo un effetto collaterale. La sostanza è che il Cern ha contribuito in modo determinante alla comprensione dell’universo. Con l’esperimento che nel 1983 portò alla scoperta delle particelle W e Z, Carlo Rubbia, Nobel nel 1984, ha unificato due delle quattro forze fondamentali della natura, l’interazione elettromagnetica e l’interazione debole. La cattura del bosone di Higgs annunciata il 4 luglio 2012 ha chiarito la nostra stessa esistenza: senza il campo di Higgs le altre particelle non avrebbero massa, il cosmo non sarebbe quello che è. Ancora: al Cern con il plasma di quark, si riproducono le condizioni esistenti nell’universo un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, si fanno esperimenti sull’antimateria, si sondano le particelle più enigmatiche, i neutrini. Nel 2015, quando il collider LHC, Large Hadron Collider, riprenderà a lavorare dopo più di un anno di lavori dedicati al suo potenziamento, nascerà forse una nuova fisica che ci introdurrà nei segreti della materia oscura.
L’Italia è tra i tra i maggiori contribuenti del Cern, al quarto posto con il 12 per cento del budget dopo Germania, Francia e Regno Unito, ma va detto che gli investimenti sono sempre rientrati in Italia sotto forma di commesse per tecnologie di punta, a loro volta trainanti per lo sviluppo della nostra industria. E tutto ciò al costo un caffè all’anno per ciascun italiano.
Fisici e ingegneri meno famosi di Rubbia ma altrettanto importanti sono stati protagonisti di questa avventura scientifica: da Emilio Picasso e Giorgio Brianti fino a Fabiola Gianotti e Guido Tonelli per la parte sperimentale; per la parte teorica da Sergio Fubini a Luciano Maiani e Gabriele Veneziano, quest’ultimo pioniere della teoria delle stringhe.
La fisica delle particelle è conoscenza pura, ma ha ricadute pratiche. Georges Charpack, un premio Nobel del Cern, ha ideato una tecnologia ora usata nella diagnosi medica, i magneti superconduttori sono applicati nella risonanza magnetica, molti tumori vengono combattuti con l’adroterapia, cioè con acceleratori di particelle pesanti. Dunque da quei prati tra Francia e Svizzera ci arrivano conoscenza dell’universo, applicazioni mediche e web.
Oggi il Cern riunisce molte migliaia di fisici, non solo europei ma di tutto il mondo. Siamo oltre il sogno europeo di Amaldi. Ma una osservazione va fatta: se c’è un’Europa che funziona, è quella della scienza, con il Cern (fisica), l’Esa (spazio), l’Embl (biologia e genetica). Una lezione per i politici.
Piero Bianucci, La Stampa 29/9/2014