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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

VERDINI: DIPINTO COME LUCIGNOLO PERCHÉ STIAMO CAMBIANDO IL PAESE

È tutta colpa di Giuliano Ferrara, dice oggi Denis Verdini. Sarebbe andata così: lo scanzonato Giuliano prese a dire a tavola e in società che Denis era banchiere, fiorentino, spadoliniano, appassionato di Risorgimento e dunque massone. È che la gente non capisce le celie: la voce arrivò sino a Francesco Cossiga che mai si sarebbe lasciato scappare l’occasione. Da qualche parte Verdini ha ancora il carteggio: ma veramente io non sono massone, scriveva, e Cossiga rispondeva che in ogni caso non ci sarebbe nulla di male. Oggi girano piuttosto gli eterni verbali sgusciati fuori chissà come, le mezze frasi, le insinuazioni all’irresistibile sapore di zolfo, naturalmente i soliti beninformati, e qualche non prudentissima cena con Flavio Carboni. Verdini ha sulla scrivania, e lo mostra a chi arriva, un ritaglio del
Fatto - cioè di un giornale dichiaratamente nemico - in cui Stefano Bisi, maestro del Grande Oriente d’Italia, dice che Verdini massone «è una leggenda». Una leggenda perfetta per il ritratto ormai collettivo dell’uomo nero. Paola Taverna, del Movimento cinque stelle, gli strinse la mano, e poi scrisse su Facebook che al ricordo del contatto si sentiva «uno schifo». La versione di Verdini è che la Taverna all’indomani si è scusata, «ma lei capirà, è un uomo di mondo». E lui: «Fa niente, se me lo avessero chiesto avrei detto che mi sono innamorato di te e volevo portarti fuori a cena...». «Per carità, non mi rovini...».
A tavola, con gli amici, Verdini fa l’elenco, e ci scherza sopra un po’ amaramente: sto sulle scatole al Pd perché sono l’uomo di Silvio Berlusconi, soprattutto sto sulle scatole alla minoranza di Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema perché il patto del Nazareno non lo vogliono, poi sto sulle scatole a F.lli d’Italia perché faccio la riforma con la sinistra, sto sulle scatole a Ncd perché facendo le riforme con Matteo Renzi gli tolgo un po’ di terreno, sto sulle scatole a Scelta civica e tutto quel mondo lì perché ora non sarà mai il mondo dei padri costituenti, sto sulle scatole ai grillini perché sono brutto e cattivo, sto sulle scatole in Forza Italia a chi non vuole il patto perché faccio il patto e a chi vuole il patto perché il patto non vorrebbero che lo facessi io, e poi sto antipatico a sinistra perché non sono di sinistra e a destra perché non sono di destra... E però non è tutta una burla. Verdini, raccontano, dice di avere le spalle larghe perché gli tocca di averle, ma se dovesse gridare tutta la rabbia per quello che gli sta capitando griderebbe da qui alla fine dei giorni. Ogni mattina apre il giornale e c’è qualcuno che si prende la briga di esprimere un’opinione a proposito di Verdini. Ieri è stato il giorno di Diego Della Valle che ha impegnato la definizione di «gaglioffo». Verdini c’è rimasto male, dicono i suoi, perché non conosce Della Valle, l’avrà visto due volte o tre alla partita delle Fiorentina, giusto una stretta di mano.
Adesso gli viene il dubbio - ma si rende conto del rischio di metterla giù troppo dura - che gliene piova in capo una al giorno perché col patto del Nazareno, dice, si cambia la politica, si cambiano i rapporti fra destra e sinistra, si cambia la Repubblica e insomma si cambia l’Italia; poi, con meno enfasi, dice che forse paga il ruolo di attendente di Berlusconi, l’uomo che doveva morire (politicamente) e invece tanto malaccio non sta. Paga perché - berlusconiano e fiorentino - è il giunto indispensabile dell’intesa scandalosa. Paga, insiste, per tutte le inchieste in cui è rimasto impigliato (bancarotta, P3, truffa nei fondi dell’editoria...), e ammette che sarebbe molto semplicistico sostenere che le procure lo tartassano a causa della sua vicinanza a Berlusconi, e però magari «sono più attenzionato» - spiega agli amici - magari i pubblici ministeri sono psicologicamente meno preparati ad accogliere le mie spiegazioni, e le inchieste rimangono aperte a lungo anche quando le si potrebbe chiudere alla svelta. Gli si augura che le cose stiano davvero così, e di uscirne con un’assoluzione via l’altra. Nell’attesa Verdini la prende da buon filosofo: ho imparato a conoscere il mondo, i giornali, gli amici veri e gli amici finti. Mi scoccia solo, dice, che da bimbo ero additato a esempio dagli altri genitori, ora sono diventato Lucignolo.
Mattia Feltri, La Stampa 29/9/2014