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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

LE INUTILI DIATRIBE SUL RIENTRO DEI CAPITALI

L’esigenza di fare in fretta è richiamata dal presidente del Consiglio agli organi costituzionali e burocratici. In particolare nell’ultimo periodo, con provvedimenti approvati il 2 luglio dalla Commissione finanze della Camera, l’attenzione è stata concentrata sull’emersione dei capitali dall’estero, nonché, su impulso dell’onorevole Causi (Pd), al potenziamento e alla innovazione del reato di autoriciclaggio collegato al rientro dei capitali.
Sono passati quasi tre mesi e le cose sono rimaste al medesimo punto. Il ritardo, secondo le voci correnti a Montecitorio, sarebbe dovuto all’ostilità di Forza Italia. In effetti non è così, infatti il presidente del Senato Grasso ha richiesto, anche con una lettera alla Presidenza della Camera, che venisse investita della materia la Commissione Giustizia del Senato, per quanto riguarda quest’ultimo tema, nell’ambito della riforma generale del settore Giustizia (tema complesso, la cui soluzione sembra essere più lontana). Insomma una delle diatribe che rallentano i lavori del Parlamento e vengono talvolta a torto addebitati al “patto del Nazareno”.
Veniamo allo stato delle cose. Secondo la Banca d’Italia i capitali non dichiarati detenuti all’estero dagli italiani oscillano fra 124 e 194 miliardi. Una parte di questi soldi sono stati ripuliti dagli scudi fiscali di Berlusconi e Tremonti, coperti dall’anonimato. La notizia è che questi capitali stanno per essere scoperchiati, non più protetti dal segreto bancario. Il 27 settembre a Parigi 62 paesi, fra cui Svizzera, San Marino e Lussemburgo, hanno firmato un accordo che li impegna ad allinearsi ai nuovi standard Ocse sulla trasparenza dei flussi finanziari. In poche parole: in questi Paesi il segreto bancario sta per finire. Ne sanno qualcosa i correntisti italiani di banche svizzere che hanno ricevuto una lettera in cui sono invitati a dichiarare che le somme depositate sono fiscalmente “pulite”. E sono poi avvisati che, in assenza di tale dichiarazione, il loro conto verrà chiuso.
Proviamo a metterci nella testa di questi italiani, che si stima siano circa 200 mila. Delle due l’una: o “emergere” e dichiarare il possesso delle attività, spesso sottratte al fisco fin dall’origine ma talvolta esportate legalmente e che quindi devono al fisco italiano le sole imposte sui guadagni ottenuti nel tempo (interessi, dividendi, ecc.), oppure spostare i capitali in Paesi con il segreto bancario. Paesi più esotici della Svizzera, ma più rischiosi.
Ocse e G20, mentre hanno costruito le condizioni politiche per i nuovi standard internazionali di trasparenza finanziaria, si sono anche posti il problema di come favorire una transizione ordinata al nuovo regime. E hanno proposto ai governi una misura per favorire l’emersione. Si chiama voluntary disclosure , diremmo in italiano dichiarazione spontanea. Senza anonimato, con il pagamento delle imposte dovute, ma con sconti su sanzioni, interessi ed eventuali risvolti penali. Qui parliamo dei reati in campo tributario: è ovvio che l’Ocse non propone sconti a chi ha costituito i capitali sommersi con altri reati, ad esempio di criminalità organizzata. A contrappeso, vanno inaspriti controlli e sanzioni, anche penali, sulle azioni che tendono a mantenere nascosti i capitali sommersi.
L’Italia ha interesse a favorire l’emersione dei capitali nascosti. Ne deriverebbero entrate fiscali immediate — si parla di 15 miliardi ma anche se fossero 5-6 sarebbero manna dal cielo per le pubbliche finanze — e risorse per il patrimonio delle imprese. Purtroppo non è chiaro se i nostri governanti abbiano consapevolezza della scala delle priorità sugli interessi nazionali. L’incrocio fra rientro dei capitali e autoriciclaggio ha creato un corto circuito nella politica italiana, che dimostra lo scarso funzionamento delle istituzioni. In molti hanno parlato dell’autoriciclaggio senza metterlo in connessione con il rientro dei capitali, non accorgendosi che i due temi sono legati.
Conviene anche concludere con la Svizzera un accordo bilaterale — in fase di negoziazione — che consenta la “riemersione” delle somme depositate da residenti italiani nelle banche di quel Paese. Si è espresso anche il presidente Napolitano durante la sua visita ufficiale a Berna il 20 maggio scorso. C’è un interesse anche da parte della Svizzera, così come di altri Paesi, che possono preferire l’opzione di uscire dalla black list — la lista di Paesi che non riconoscono l’interscambio informativo — per non perdere la clientela italiana. Come dicevamo, il governo Renzi ha messo la velocità al centro della sua azione. Speriamo che se ne ricordi quando si tratterà di dare priorità a questo provvedimento, che porta risorse e propone una sorta di “anno zero” nei rapporti fra Stato e cittadini.
Mario Pirani, la Repubblica 29/9/2014