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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

KHODORKOVSKIJ

[Intervista] –
Nove mesi dopo essere uscito di prigione, l’ex patron del gigante petrolifero Yukos, Mikhail Khodorkovskij, che era in carcere dal 2003, è tornato clamorosamente sulla scena politica. Ha creato un movimento d’opposizione, Russia aperta, e annunciato di volersi candidare alla presidenza. “Perché il regime attuale — spiega — condurrà inevitabilmente alla crisi”. In quest’intervista, l’ex oligarca racconta le sue ambizioni e la sua idea di potere. “Non bisogna concentrarlo, ma ridistribuirlo”, afferma. “Governare in modo efficace significa decentralizzare, a livello federale e regionale”. Aggiunge: “Bisogna rafforzare lo Stato. Attualmente non adempie alle sue funzioni. E si sperperano risorse”. E di Putin dice: “Anche se con me si è accanito, per me è un avversario politico. Se tornasse a percorrere la via europea allo sviluppo, cosa difficile a sessant’anni, potremmo lavorare insieme. Perché no?”
“Datemi due anni e cambierò la Russia
Servono riforme e assistenza sociale”
Nove mesi dopo essere uscito di prigione, dopo dieci anni di detenzione, Michail Khodorkovskij torna clamorosamente sulla scena pubblica.
Ha annunciato di voler diventare un “presidente di crisi” per la Russia. Cosa intendeva?
«Se il Paese potesse decidere in piena tranquillità, non entrerei in concorrenza. Ma il regime attuale condurrà inevitabilmente alla crisi, e la soluzione può avvenire in due modi. Il primo è l’avvento al potere di un uomo fortemente autoritario, come Vladimir Putin o peggio. Temo che non ne usciremmo vivi. La Russia può sopravvivere a Putin, ma altri vent’anni di ritardo non sarebbero sopportabili. La seconda alternativa consisterà nelle riforme istituzionali, un modello più equilibrato con diversi centri di potere: il presidente, il Parlamento, un sistema giudiziario indipendente, la società civile, l’opposizione. L’uomo che gestirà questa transizione dovrà avere un’esperienza da dirigente, ma dovrà andare contro l’istinto del dirigente: non si tratta di concentrare il potere, ma di ridistribuirlo. I candidati adatti non saranno molti. Se dovessi realizzare un lavoro simile, penso che potrei riuscirci in due anni».
Condivisione del potere in Russia, dove il sistema è drasticamente verticale?
«Il sistema vigente viene visto come duro ma efficace, ma non è così. Bisogna rafforzare lo Stato, non indebolirlo o demolirlo. Attualmente non adempie alle sue funzioni. Non solo perché una parte cospicua delle finanze pubbliche viene saccheggiata, o perché sperperano risorse, ma anche perché il modo in cui viene governato il Paese non è efficace. Il funzionario che deve provvedere all’assistenza sociale non deve permettersi di trattare il suo cliente in maniera offensiva. Non è possibile che i fondi per l’acquisto di attrezzature mediche vengano interamente sottratti. Rubate altrove! Nemmeno Putin, checché se ne dica, vuole che il denaro destinato all’assistenza sanitaria venga rubato. Eppure, così è stato. Come si può parlare di governo efficace? Non serve un accentramento del potere a opera di un tizio un po’ brutale. Quando Putin ha annunciato l’installazione di telecamere di sorveglianza nei cantieri per la ricostruzione dopo l’ondata di incendi, i manager si sono fatti grasse risate. Governare in modo efficace significa decentralizzare, a livello federale e regionale. È la stessa via seguita dall’Europa, tra l’altro».
Alla fine del 1999, Boris Eltsin ha trasmesso il potere a Putin. È immaginabile che il successore di Putin non venga scelto da lui?
«Se fosse designato da Putin e non si rivoltasse contro di lui, tutti si aspetterebbero di vedergli fare la fine di Medvedev. Per diventare un soggetto autonomo dovrebbe ‘massacrare’ Putin, che lo capisce benissimo. O non designerà nessuno, o designerà una personalità debole. O Putin resterà al potere fino alla morte, o il suo successore non ci resterà a lungo. E più a lungo resterà Putin, più si aggraverà la crisi che oggi è mascherata dallo show militare».
Potrebbe essere lei il successore designato da Putin?
«Dubito che Vladimir Vladimirovic possa decidere di fare una cosa del genere. Ma sarebbe giusto offrire la garanzia di una vita tranquilla a Putin e ai personaggi politici di alto livello che dovessero comprendere e cambiare atteggiamento di fronte alla situazione nel Paese».
Come successe nel 1999 con la “famiglia” di Boris Eltsin, che fu protetta?
«È improbabile. Questa gente ha saccheggiato troppo le risorse del Paese, a differenza della “famiglia” di Eltsin che era meno numerosa. Nessuno li lascerà nudi e affamati; nessuno li getterà in prigione se rinunceranno al potere tranquillamente. Ma se vi si aggrapperanno fino all’ultimo respiro...».
E i soldi che hanno saccheggiato?
«Per questo dico che non resteranno nudi e affamati: bisognerà trovare un compromesso. Lo caldeggio con convinzione, il sangue costa molto più caro. Il regime ha già oltrepassato il punto di non ritorno. La sua esistenza già costa sangue ai russi. Seppelliamo compatrioti morti in una guerra che non è la nostra. È inevitabile, il sangue scorrerà ancora di più. È la logica di sviluppo di un regime del genere».
Ha annunciato la creazione di un movimento, Russia aperta. È diretto contro Putin?
«No. Putin è il rappresentante di un sistema che vogliamo cambiare. Putin non è il problema, è la sua manifestazione. Se tornasse a percorrere la via europea allo sviluppo, cesserebbe di essere un problema. Non credo a questa ipotesi, ma a volte i miracoli avvengono... Non ho un approccio emotivo nei suoi confronti. È rimasto nei limiti accettabili evitando di colpire la mia famiglia. Solo con me si è comportato come se fosse una faccenda personale, ma per me è un avversario politico. Se cambiasse opinione, cosa difficile a sessant’anni, potremmo lavorare insieme: perché no?».
Spesso raffigura Putin come una persona emotiva.
«Lo è diventato. In passato sapeva tenere le emozioni sotto controllo e agiva in modo pragmatico. In Russia crediamo nei grandi cicli politici: quando la società si è stancata di un uomo e il suo indice di popolarità scende, come successe per Breznev, decide di dare una svecchiata. Putin non aveva molte alternative: una era solleticare gli umori sciovinisti della nazione».
(© Le Monde. Traduzione di Fabio Galimberti)
Piotr Smolar, la Repubblica 29/9/2014