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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

DELLA VALLE HA PRONTO IL SUO PREMIER: VISCO

Sta lì, assiso, e osserva l’effetto che fa. Il sasso che rotola o, meglio, la scarpa Tod’s che irrompe in politica. Diego Della Valle non vuole costituire partiti, assemblare movimenti o scaldare un gruppo di saggi per le riforme: scardinare il governo di Matteo Renzi, questa la prerogativa. È convinto che sia un valido portavoce per far sentire lo scontento di un pezzo di Parlamento, di un agglomerato di imprenditori, finanzieri, investitori e di semplici cittadini delusi dal fiorentino. E questi preliminari, consumati con le invettive televisive e le indiscrezioni sui giornali, sono il metodo per decifrare le reazioni.
Il nome per sostituire Renzi ce l’ha, e lo utilizza per interrogare i suoi (eventuali) sostenitori: Ignazio Visco, numero uno di Bankitalia, una figura tecnica, evocato giorni fa, guarda caso, proprio dal Corriere della Sera di cui il signor Tod’s è azionista. Questo di Della Valle non è il piano per il ritorno a una tecnocrazia già fallita e mai rimpianta, Mario Monti è un senatore esule, ormai: no, il signor Tod’s vuole dimostrare che le alleanze si possono fare anche senza quelli che considera “i Pacciani della politica” e che oltre Renzi non c’è il deserto: “Non è Matteo l’ultima speranza”. Non ci sono scadenze precise e gerarchie definite, ma Della Valle lavora sottotraccia per allestire un esecutivo ombra per poi conquistare la luce (e il consenso?): il governatore Visco; e anche l’ex ministro omonimo Vincenzo Visco; il deputato Alberto Bombassei (Scelta Civica), socio con Luca Cordero di Montezemolo in Italo e la sempre più nutrita truppa di oppositori al renzismo.
Al rientro da Parigi, dopo aver scagliato l’offensiva, Della Valle finge una frenata, pura tattica: “Nelle prossime ore vi farò conoscere in pubblico le mie intenzioni. Ma un fatto è evidente: l’Italia non può continuare – dice ai suoi interlocutori più fidati – con le Boschi e i Verdini e un uomo solo al comando che vuole aumentare il suo potere e se ne frega di un paese sfasciato”. Il marchigiano sta per compilare una lista di governo per proporre l’alternativa a Renzi. A chi? Ai partiti, agli elettori, a chiunque possa cacciare l’ex amico Matteo da palazzo Chigi: “Il mio tempo massimo sono uno o due mesi”, ripete. E Renzi ha ammesso di conoscere l’attivismo di Diego; ora sono più chiare le ambizioni o le velleità.
La politica ha sempre affascinato Della Valle, l’impegno diretto non l’ha mai convinto: neanche l’associazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo l’ha coinvolto, all’epoca. Ci sono tre episodi che hanno allontanato il signor Tod’s da Renzi: la scelta di arruolare Federica Guidi al ministero per lo Sviluppo Economico (e i provvedimenti sfavorevoli a Italo); il trasferimento di Mauro Moretti (ex Ferrovie, odiato da Ntv) a Fin-meccanica e la conseguente promozione di Michele Elia ai vertice dei treni di Stato. In contemporanea, Renzi ha smesso di ascoltare i consigli di Della Valle e s’è gettato in braccio a Denis Verdini, tra gli emissari meno presentabili di Silvio Berlusconi. Con l’ex Cavaliere sempre più debole, una sinistra pronta a implodere, un centro inesistente e le fugaci apparizioni di Corrado Passera, Della Valle pensa di poter rappresentare un blocco, un estratto di Italia tra uomini in giacca e cravatta e anime smarrite in Parlamento.
C’è una caratteristica che unisce ancora Matteo e Diego: la vanità. Al signor Tod’s piace pontificare in televisione, scoprire ammiratori, fare “ammuina”, confusione. In queste battaglie tra sistemi non più comunicanti e non più intersecati, i sentimenti di orgoglio (o di vendetta) prevalgono. Un esempio: non sopporta la plateale sintonia tra Sergio Marchionne e il presidente del Consiglio.