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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

RITRATTO A LUCI ROSSE DELL’ARCIVESCOVO WESOLOWSKI

Lo conoscevo col nome di Giuseppe, ma non sapevo che fosse un sacerdote. Un giorno ero in spiaggia, facevo il bagno e lui mi chiamò, chiese il mio nome. Mi diede 100 pesos, mi fece salire su una Suzuki grigioverde con la corona del rosario appesa allo specchietto retrovisore, mi chiese di masturbarmi. Lo feci e lui iniziò a riprendermi col cellulare. Poi mi diede molti altri pesos… 500, 1.000» (testimonianza di un tredicenne molestato da Jozef Wesolowski, l’arcivescovo polacco di 66 anni arrestato per volontà di papa Francesco dalla gendarmeria vaticana per pedofilia) [1].

«Giuseppe veniva in spiaggia e si intratteneva con quattro o cinque bambini. Ci portava in una casa vuota vicino a Boca Chica. Era una casa in affitto, aveva solo letti e basta. Univa tutti noi e ci faceva masturbare contemporaneamente. Restavamo lì più o meno due ore. E lui ci riprendeva sempre con il cellulare. Ha incontrato diverse volte anche un mio amico di 15 anni. Con lui andava un po’ oltre, gli piaceva, lo baciava in bocca. Gli dava 1.500 pesos» [1].

La doppia vita di Wesolowski, Nunzio apostolico a Santo Domingo dal 2008 al 2013: alle cinque di pomeriggio lasciava il bel palazzo della nunziatura in avenida Maxímo Gómez, usciva a bordo del suo Suzuki e raggiungeva in fretta il lungomare Malecón di Santo Domingo. Tornielli: «Era una faccia conosciuta tra i lustrascarpe del lungomare. Pantaloni della tuta neri e cappello da baseball calato sulla calvizie, passava nel tardo pomeriggio e si portava un ragazzino in luoghi appartati, sugli scogli o vicino a un monumento dedicato a un eroe cattolico. I ragazzi lo chiamavano “l’italiano”, per via del suo accento. Solo quando è stato rimosso dall’incarico e la sua foto è apparsa sui giornali i piccoli hanno appreso la sua vera identità» [2].

Francis Aquino Aneury, oggi diciassettenne, che fu molestato da Wesolowski quando aveva 14 anni: «Mi ha sedotto con il denaro. Mi sentivo in colpa. Sapevo che non era una cosa da fare ma avevo bisogno di soldi» [3].

Aquino e «l’italiano» si appartavano su una panchina «e l’uomo guardava il ragazzino masturbarsi, lo toccava o si toccava. Altre volte andavano sugli scogli della spiaggia sottostante. Aquino, originario di Haiti, aveva lasciato la scuola dopo le medie e guadagnava un dollaro e cinquanta al giorno facendo il lustrascarpe sul lungomare. Racconta che ricevette più di 10 dollari al primo incontro, nel 2010, per lustrare le scarpe e farsi guardare mentre nuotava nudo. L’uomo tornò spesso nelle settimane seguenti e pretendeva sempre di più, offrendo al ragazzo dai 25 fino ai 135 dollari, scarpe da ginnastica e un orologio, in cambio di prestazioni sessuali. Gli incontri si ripeterono nell’arco di tre anni» [3].

Tra le vittime di Wesolowski, un diciassettenne che soffriva di epilessia: l’arcivescovo gli dava farmaci in cambio di prestazioni sessuali [3].

«I piccoli lustrascarpe parlano dell’“italiano” con un misto di vergogna e rabbia. Darwin Quervedo, 14 anni, racconta che quando aveva 11 anni l’uomo gli diede più di 25 dollari perché si masturbasse in spiaggia davanti a lui. Dice che ebbe paura e non lo fece più. Wesolowski [...] sceglieva con cura le sue vittime, dicono i lustrascarpe: “Io non gli interessavo”, racconta Robin Quello Cintrón, 23 anni. “Ero troppo grande, a lui piacevano i più piccoli. Io li mettevo in guardia, ma i soldi erano una tentazione troppo forte”» [3].

Lo scorso anno alle orecchie della giornalista tv Nuria Piera, direttore generale dell’emittente dominicana Cnd, «arrivò la voce che il nunzio apostolico passava molti pomeriggi a bere birra sul lungomare e si accompagnava a ragazzini. Piera inviò una troupe. Wesolowski, accorgendosi della presenza dei giornalisti, li raggiunse, batté la mano sul cofano della loro auto e chiese come mai lo stessero seguendo. Dopo, racconta Piera, non si fece più vedere sul lungomare. A detta della polizia Wesolowski diede allora incarico a un giovane diacono dominicano di procurargli i ragazzini. Il diacono, Francisco Javier Occi Reyes, fu arrestato dalla polizia nel 2013 con l’accusa di adescamento di minori e messo in carcere. Nessuno si offri di pagargli la cauzione e il giovane il 2 luglio inviò una lettera accorata a Wesolowski, da consegnare a mano al suo ufficio: “Abbiamo offeso Dio e la Chiesa”, diceva la lettera, “abusando sessualmente di bambini e adolescenti per quattro soldi”» [3].

Jozef Wesolowski è il religioso più alto in grado mai indagato in Vaticano per abusi sessuali. Vescovo dal 2000, ricopre l’incarico di Nunzio apostolico in vari Stati e nel 2008 arriva a Santo Domingo. Nel 2013, quando è avviata l’inchiesta, è già in Vaticano, richiamato da Papa Francesco. Parte il processo canonico: nel giugno scorso viene ridotto allo stato laicale (spogliato degli abiti talari soggiorna a Roma prima alla Casa del clero di via della Scrofa, poi nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura dove i monaci benedettini gli riservano una cella). Martedì 23 settembre l’arresto: ammanettato in pieno Vaticano, viene rinchiuso in una camera del Collegio dei Conferenzieri, all’ultimo piano del Palazzo del Tribunale, proprio di fronte a Santa Marta, dove sta il Papa. La stanza – piccola, nuda – viene considerata domicilio, e l’arresto definito quindi «domiciliare». Non lo mettono in cella solo perché è da tempo malato [4].

Nei prossimi giorni Wesolowski sarà interrogato ed è possibile che si decida poi di processarlo con rito direttissimo, come prevedono i trattati internazionali in materia di violenza sui minori [5].

«Ora l’indagine prosegue per scoprire altri complici. Personaggi che avrebbero aiutato l’alto prelato a procacciarsi i minori e che potrebbero aver partecipato agli incontri. Nel capo di imputazione si parla di “reati commessi in concorso con persone ancora ignote” e gli atti dell’inchiesta fanno comprendere come i promotori di indagine del Vaticano abbiano già trovato alcuni elementi per arrivare alla loro identificazione» [5].
«Sono decine i minori che Wesolowski avrebbe adescato, ma nel fascicolo processuale vengono indicati soltanto i nomi di tre bambini e delle loro madri. Testimoni d’accusa che hanno deciso di denunciare la violenza che il religioso avrebbe esercitato nei loro confronti» [5].

L’ex vicedirettore dell’Osservatore Romano Gianfranco Svidercoschi racconta che dopo l’arrivo a Roma Wesolowski «diceva che se non fosse stato per la fede avrebbe pensato al suicidio. Che era prostrato perché nessuno in Vaticano gli dava occasione di parlare. Si voleva in qualche modo spiegare, pur sapendo bene che le prove contro di lui non erano roba da poco. Anzi. Se le accuse sono vere, Wesolowski si è macchiato di un crimine terribile [...] ma stupisce che la giustizia vaticana lo abbia tenuto a Roma tutto quel tempo senza permettergli di raccontare la propria versione» [6].

Nel computer della Nunziatura di Santo Domingo, Wesolowski custodiva oltre centomila file con foto e filmini pornografici: immagini scaricate da Internet e fotografie in cui si vedono ragazzini tra i tredici e i diciassette anni ripresi nudi, mentre hanno rapporti sessuali tra loro e con adulti. Parte del materiale Wesolowski lo aveva salvato nel computer portatile che usava soprattutto quando era in viaggio. Nei file, divisi per genere, si vedono anche decine di bambine protagoniste di prestazioni erotiche, ma la predilezione era per i maschi [5].

«Era malato di sesso. Mi diceva che preferiva i ragazzini tra i 14 e i 16 anni, se erano bianchi meglio ancora» (il diacono Francisco Javier Occi Reyes, arrestato nel 2013 perché adescava minori per Wesolowski) [7].

(a cura di Roberta Mercuri)

Note: [1] Alessia Grossi, Valeria Pacelli, Gisella Ruccia, ilfattoquotidiano.it 25/9; [2] Andrea Tornielli, La Stampa 25/9; Laurie Goodstein, The New York Times 23/9; [3] Laurie Goodstein, The New York Times 23/9; [4] Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 26/9; Paolo Rodari, la Repubblica 27/9; [5] Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 26/9; [6] Paolo Rodari, la Repubblica 27/9; [7] Univsion.com, ottobre 2013.