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 2014  settembre 20 Sabato calendario

INDISPENDABILE, IL DIZIONARIO DI MARCHIONNE

«Nessuno è indispensabile», così Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysier, ha licenziato dalla Ferrari Luca Cordero di Montezemolo. Il linguaggio è notoriamente un’arma cruciale, Marchionne lo padroneggia bene anche in inglese, sebbene ogni tanto scivoli per eccesso di fiducia o di arroganza. È capitato con la magistratura, con la Firenze di Renzi, con il famoso piano Fabbrica Italia, per il quale ha ammesso di aver fatto degli errori ma solo di comunicazione (auto assolvendosi e così sia). E nemmeno è oro tutto ciò che luccica: l’efficacia di quel termine «insostituibile» va tarato su un lunghissimo braccio di ferro avuto con Montezemolo, nonostante Fiat fosse proprietaria al 90% delle Ferrari.
Il manager è un uomo colto, laureato anche in filosofia, ed è uso scriversi i discorsi che tiene in pubblico - pochi salotti buoni, benché li disdegni, il meeting di Cl, l’Ambrosetti di Cernobbio, l’Unione industriale di Torino e un paio di conferenze all’anno a New York e Detroit. Agli esordi, Marchionne ha cominciato con Mark Twain, parafrasando per il salvataggio della Fiat il celebre «l’annuncio della mia morte è stato prematuro». In privato, Marchionne è stato seccamente letterale e non letterario, dicendo sostanzialmente una sola cosa ai manager che in dieci anni si è messo a fianco e/o ha cacciato: si viaggia a una sola velocità, la mia che è poi quella della luce.
Uno dei primi a farne le spese è stato fattuale presidente della Rai, Luigi Gubitosi, fulminato subito quale capo della finanza. Nel febbraio del 2005, chi scrive è stato testimone di cosa significasse la versione letterale. Al Balocco, il centro prove della Fiat vicino Torino, un gruppo di giornalisti viene invitato dal capo di Fiat Auto, l’austriaco Herbert Demel. Con l’obbligo di non scriverne per un determinato periodo, ci viene presentato un nuovo modello e raccontato alcuni piani per il futuro. La mattina dopo, un comunicato della Fiat annunciava che Demel era stato licenziato; il manager - evidentemente ignaro della scure in arrivo - era stato convocato da Marchionne il pomeriggio stesso dopo avere detto ciao alla stampa.
In quel mese di nove anni fa saltava dalla Maserati anche l’inglese Martin Leach, benché assunto a fatica nel gruppo per un contenzioso con l’ex datore di lavoro Ford. Ed è durato sempre un solo anno Andrea Formica, amministratore delegato di Fiat, altro manager di esperienza (ex presidente Ford Italia ed ex numero tre di Toyota Europe). Senza contare, secondo quanto scrive Marco Cobianchi nel suo recente libro American dream, le 150 persone tra dirigenti e ingegneri messi alla porta nella prima fase di comando.
Ma succede spesso anche altrove e Marchionne ha ragione quando dice che «nessuno è indispensabile». Il problema nasce se si guarda all’aspetto formale: Montezemolo è stato lasciato a piedi con l’accusa di non far vincere da sei anni la Ferrari in Formula 1. Ma a rigor di logica, quanto è indispensabile Marchionne che in dieci anni non ha mai portato a termine i suoi piani industriali?