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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO —

La lettera, sigillata con la ceralacca e firmata dal Papa, è partita il 3 settembre. Contiene l’invito al presidente cinese Xi Jinping a visitare il Vaticano per «parlare di pace in un mondo multipolare». La rivelazione arriva da Buenos Aires, perché sono argentini i due emissari ai quali Francesco ha affidato il messaggio personale per il leader di Pechino. La notizia ha cominciato a correre sul web e si è diffusa sui blog dei cattolici cinesi. L’iniziativa è maturata in una riunione a Santa Marta, la foresteria vaticana dove vive il Papa, a cui hanno partecipato la sera del 3 settembre con Bergoglio il cardinale Piero Parolin, segretario di Stato, monsignor Dominique Mamberti, incaricato per i rapporti con gli Stati e i due argentini, Ricardo Romano, del Partido Justicialista e José Lujan. «Io sono un clinico, ho già detto che voglio andare in Cina, ma sui temi dell’Asia il chirurgo è Parolin», avrebbe detto il pontefice nella discussione secondo Romano. Tre giorni dopo i due argentini hanno consegnato a mano la lettera a un diplomatico di fiducia di Xi Jinping.
In un discorso rivolto ai vescovi radunati in un seminario sull’evangelizzazione e diffuso ieri il Papa ha scritto: «Come vorrei che i vescovi cinesi ordinati negli anni recenti fossero presenti oggi. In fondo al cuore però auspico che non sia lontano quel giorno». Tornando dal viaggio in Corea del Sud, mentre volava nei cieli di Pechino, Francesco aveva detto di essere «pronto ad andare in Cina, anche domani!». Ora scrive personalmente a Xi Jinping per chiedergli di venire in Vaticano e insieme «contribuire così alla presa di decisioni in modo multipolare per garantire un superiore grado di governance al servizio di una società planetaria più fraterna e con maggiore equità sociale». Un mondo multipolare non può che piacere alla dirigenza cinese, che cerca di proporsi come interlocutore globale oltre alla superpotenza americana.
Nessun commento ufficiale finora dalla Santa Sede, silenzio sulla stampa controllata dal partito comunista a Pechino. Ma dopo la missione di Bergoglio in Corea i giornali di qui avevano osservato che il Papa «è gesuita e latinoamericano, due qualità che potrebbero aiutare a migliorare i rapporti tra Vaticano e Repubblica popolare». Rapporti che sul fronte diplomatico sono stati rotti nel ‘51 e che vedono una Chiesa patriottica cinese che agisce indipendentemente da quella di Roma, ordinando vescovi senza il suo consenso e costringendo i cattolici fedeli alla Santa Sede alla clandestinità.
Abbiamo chiesto un giudizio a Ren Yanli, studioso del cattolicesimo in Cina ed ex membro del principale think tank governativo. «Non sono un teologo, perché un teologo è dentro la Chiesa e io ne sono fuori», premette il professore. Poi ricorda: «Già cinquant’anni fa, ai tempi di Paolo VI, fu spedito un invito a Mao Zedong e Zhou Enlai per un incontro sulla pace mondiale. Allora la lettera viaggiò per telefax, un modo più diretto non si poteva immaginare a quei tempi. Ma non arrivò risposta. Ora ci sono nuovi leader a Pechino». Perché quest’apertura è stata svelata così presto? Non avrebbe dovuto rimanere riservata? «Posso fare delle ipotesi: pubblicare notizie come questa rende più difficile la strada per arrivarci; pensiamo ai contatti di Kissinger a Pechino nel ‘71: tutto rimase segreto fino a quando non fu annunciata la visita di Nixon. Ora invece oltre al sito argentino l’indiscrezione è stata ripresa da fonti vaticane, dietro potrebbe esserci una manovra a fini propagandistici. Ma io penso possa esserci qualcuno di buona volontà che vuole spingere l’iniziativa per il dialogo».
A Hong Kong dicono che Pechino, in cambio di rapporti con il Vaticano, chiede che la diocesi cattolica di lì abbandoni il fronte democratico che si batte per il suffragio universale e candidati liberamente scelti dalla gente. «Non si conoscono i dettagli della trattativa, ma per un vero miglioramento è inutile ascoltare supposizioni e parole, bisogna guardare ai fatti. E questi fatti ora riguardano la situazione reale del cattolicesimo in Cina: se si continuano a demolire chiese non si può dire che i rapporti migliorano». Insomma, un viaggio di Xi in Vaticano sarebbe possibile? «I rapporti Cina-Vaticano, tra conflitti e miglioramenti, non sono mai stati evidenti, non è come guardare una pianta che cresce. È questione di idee: se le idee cambiano ci si può incontrare anche domani; se non cambiano, anche mai».
Guido Santevecchi