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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

SIAMO DAVVERO FIGLI DELLE STELLE

È noto che non si può cavare sangue da una rapa, ma adesso sappiamo che da una stella invece si può. Più precisamente, dalla esplosione di una stella. Il nostro sangue è rosso perché contiene ferro, essenziale per il trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti. Sappiamo anche che si tratta degli stessi atomi di ferro che formano una spada o una pentola. Una splendida osservazione del satellite europeo Integral, costruito con forte partecipazione italiana, ci mostra adesso che il ferro nasce in cielo. Lo abbiamo visto apparire nel cuore di una supernova, la gigantesca esplosione con la quale una stella può concludere la sua vita. Che gli elementi dei quali siamo fatti noi, dal carbonio dei tessuti al calcio delle ossa, siano prodotti nelle stelle, lo sappiamo da quando abbiamo capito la fusione termonucleare, per esempio quella che avviene tutti i giorni nel Sole. All’interno del Sole, i nuclei più leggeri, partendo dall’idrogeno, si fondono a formare quelli un po’ più pesanti, tipo elio, carbonio, azoto e così via. La fusione regala anche tantissima energia, quella, per intenderci, che sappiamo utilizzare in una bomba (all’idrogeno, appunto), e che vorremmo sfruttare in una centrale termonucleare, ma non siamo ancora capaci. È l’energia che tiene acceso il Sole e che ci permette di vivere, giorno dopo giorno.
Fin qui tutto chiaro: noi, polvere di stelle, abbiamo il calcio nelle ossa perché l’ha fatto una stella come il Sole, e così via. Ma le cose si complicano considerando elementi più pesanti, come appunto il ferro, o addirittura l’oro o l’uranio, che pure esistono in natura. Infatti, proprio a partire dal ferro, la formazione degli elementi non produce più energia, ma ne richiede: per costruire il ferro e gli altri elementi pesanti bisogna fornire al materiale stellare una grande quantità di energia, ben di più di quanta ne produca un Sole qualunque.
La sera del 21 gennaio scorso, un astronomo inglese stava mostrando ai suoi studenti l’immagine, appena presa, di una galassia particolarmente spettacolare, M82. Come la nostra, anche M82 contiene centinaia di miliardi di stelle che sono invisibili una per una, ma formano un chiarore lattiginoso (da cui il nome galassia).
L’astronomo notò immediatamente che, invece, nella parte esterna della galassia, una "stella" era ben visibile, un puntino luminoso che non c’era in altre immagini dello stesso oggetto. Non poteva che essere una stella temporaneamente molto più luminosa della altre, cioè una supernova, la gigantesca esplosione che emette un picco di luce pari a miliardi di volte quella del Sole. Un’esplosione che per qualche settimana rende la stella, o meglio quello che di lei resta, visibile attraverso mezzo universo. Si capì che si trattava proprio di una esplosione con abbastanza energia da creare il ferro. La supernova in M82 diventava il candidato ideale per cercare la prova della creazione degli elementi che il Sole non sa fare.
Era la grande chance della astronomia gamma, con il telescopio Integral, messo in orbita dall’Europa più di dieci anni fa proprio per carpire i segreti del processo di formazione degli elementi. Il suo rivelatore centrale, in parte costruito in Italia, analizza i raggi gamma. Quelli che vengono da una supernova dovrebbero avere la firma inequivocabile, e ben distinta, di ciascuno degli elementi appena nati, se ci sono davvero. In questo caso, per di più, la supernova era abbastanza "vicina", solo a una decina di milioni di anni luce, alla portata del telescopio.
Subito puntato su M82, ecco apparire nel rivelatore di Integral la firma del ferro, cioè quei raggi gamma con la energia che solo il ferro può emettere. Grande emozione: per la prima volta nella storia della astronomia, cioè nella storia dell’uomo, assistiamo in diretta alla creazione dell’elemento che fa rosso il nostro sangue e con il quale siamo così familiari. E il cerchio della natura si chiude: se è il ferro che porta l’ossigeno al mio cervello, è solo grazie a lui che posso capire come è nato.