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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

IL REGNO UNITO NON SARÀ MAI PIÙ QUELLO DI PRIMA

Il vecchio Marx, studiando al British Museum la crisi del Capitale che attese a lungo invano, dettò una delle sue frasi più belle, «Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria». Si sono dissolti stanotte nell’aria il Regno Unito antico di tre secoli, la Gran Bretagna della fiera bandiera Union Jack, i miti dell’impero, la regina Vittoria, il coraggio di Churchill e dei ragazzini piloti della Royal Air Force contro Hitler, la swinging London e i Beatles, il profumo anglosassone di tè al bergamotto e whisky di torba affumicata?
Perché il lungo addio scozzese, se davvero verrà, magari rilanciato da una risicata vittoria dei No unionisti, affonda un Regno e un sogno. Si poteva forse essere «British», inglesi, senza Impero, ma senza Regno? Lo storico scozzese Niall Ferguson ricorda ai connazionali che la loro patria ancestrale non è solo l’illuminismo di Smith e Hume, l’intelligente scetticismo «scozzese» che fonda la filosofia moderna europea. «Prima - scrive Ferguson - eravamo l’Afghanistan occidentale… talebani protestanti», guerre di clan che lasciano i re sul campo come pupazzi «James I assassinato, James II morto all’assedio di Roxburgh, James III caduto alla battaglia di Flodden nel 1513, James IV morto dopo la sconfitta a Solvay Moss, Mary Queen of Scots giustiziata…».
Nessuno pensa che la secessione, o una vittoria stretta del No, riportino il sangue in strada, anche se qualche scazzottata c’è stata, con il Sì a denunciare «il giornalismo schierato della televisione Bbc» e il No a lamentare gli «atteggiamenti da teppisti di certi militanti nazionalisti». Si teme la lacerazione del tessuto sociale, dialogo smarrito tra polemiche e slogan, tweet e blog saturi di violenze verbali.
La nottata di ieri è stata la più lunga nella vita politica del timido David Cameron, forse ultimo premier britannico. È stato lui a imporre l’aut aut agli scozzesi, sulla scheda solo Sì-No all’indipendenza, senza la terza via di una maggiore autonomia stile Sud Tirolo. Sperava che il buon senso isolasse gli uomini del premier locale Alex Salmond, sottovalutava l’odio radicato per i tagli al welfare della signora Thatcher e l’angoscia che la fine dell’industria classica innesca tra operai e ceto medio.
Quel che sembrava «solido», la Gran Bretagna secolare, rischia di dissolversi nell’aria. Una vittoria del Sì confermerebbe che l’Europa delle Nazioni nata tra il XVIII e il XIX secolo si scolla, strappata dall’Unione sovrannazionale, l’immigrazione, la globalizzazione e adesso l’amore per le patrie locali. Una vittoria striminzita del No sarebbe l’invito per il riottoso Salmond alla nuova crociata, stavolta meno sorridente e più populista. Solo un buon successo del No permetterebbe a Cameron riforme di autonomia che inducano gli scozzesi alla serenità. L’eroe sarebbe allora Gordon Brown, ex premier laburista scozzese che, destinato al Museo delle Cere della Politica ha battuto ogni piazza, ogni pub, ogni talk show e blog per spiegare che il meglio della storia scozzese è fiorito nei 307 anni di unione con Londra, non ai tempi foschi dell’Afghanistan sulle Highlands.
Brown sarà anche un comiziante all’antica, laburista di quelli che si presentavano con i volantini all’uscita delle fabbriche per bere una pinta con i picchetti in sciopero, ma ha ragione su questo. Hume e Smith, la stagione scettica dei tomi illuministi, i grandi romanzi scozzesi di Scott e Stevenson sono «inglesi», fioriti nella gigantesca fucina dell’Impero, la cui tribuna globale permetteva di capire il mondo da un osservatorio perfetto. Perché mai se no, il tedesco ramingo Karl Marx avrebbe scelto la tolleranza bonaria di Londra per predicare il verbo anticapitalista?
Appreso il risultato, stamane, non crediate «sia finita». È appena cominciata. Se la Scozia è Nazione (auguri!), comincia un doloroso, aspro, accidentato percorso per creare una moneta, dividere il debito con Londra, evitare la fuga dei capitali e del lavoro, iscriversi in Europa, alla Nato, all’Onu. Salmond la fa facile, come ingollare una cucchiaiata di tiepido porridge. Sbaglia: nessuno farà sconti a Edimburgo, via i sommergibili atomici Nato dal Clyde e benvenuto l’ex agente spia Snodwen, davvero l’America applaudirà?
Se il No prevalesse, la Gran Bretagna dovrebbe riflettere e i suoi leader trovare uno slancio perduto nel tran-tran di Westminster: cosa vuol dire oggi essere «britannico», aspettare il prossimo pargolo a Buckingham Palace, parlare inglese con un accento peculiare, vantare un seggio all’Onu da grandi decaduti del mondo anglosassone? Serve ancora fare gli stizziti in Europa, anziché usare l’intelligenza di Smith e Hume e smuovere la lentezza teutonica, la frivolezza francese, la confusione italiana? Se la Scozia non ha più bisogno di Gran Bretagna, almeno secondo tanti suoi elettori, quanto bisogno di Gran Bretagna ha invece, adesso, l’Europa!
Gianni Riotta, La Stampa 19/9/2014